L'omaggio di un maestro del cinema italiano a un altro grande collega, amico, compagno di strada. Che strano chiamarsi Federico ripercorre e in parte ricostruisce i luoghi e la carriera di Fellini, dal cui celebre immaginario onirico l'autore di Una giornata particolare si trova quasi sopraffatto...
di Marinella Doriguzzi Bozzo
"Giungono mille cose essenziali. Son ritornelli di ritornelli. Fra i giunchi e la sera tarda, che strano chiamarmi Federico"; così Garcia Lorca nella poesia In altro modo, tradotta da Carlo Bo, che continua ad essere il suo migliore interprete in lingua italiana. E "un altro modo" è appunto quello escogitato da Scola per tentare di ripercorrere la vita e le opere di Federico Fellini nel ventennale della sua morte, a metà fra l'omaggio, il documentario e la ricostruzione per immagini e ambienti, con spezzoni d'epoca e scene affidate ai teatri
La fiction di culto che ha tenuto banco su Sky per tre stagioni approda sul grande schermo. Con lei la scalcagnata troupe guidata da Renè Ferretti, regista di soap opera ora alle prese con la realizzazione di una pellicola "di denuncia". Si ride tanto, ma ci si chiede anche: è un film, o l'ennesima puntata, solo un po' più lunga?
di Igor Vazzaz
Rassegniamoci: sebbene ci si possa vantare, non è detto ancora per quanto, d’essere un popolo di navigatori, santi ed eroi (cui aggiungiamo gli artisti), niente rappresenta noi italiani come la commedia o, nella migliore declinazione del ridicolo, la satira. Non lo affermiamo tanto per darci un tono e citar la prima cantica dantesca, quanto dinanzi a una pellicola che, pur non destinata alla storia, rappresenta in ogni caso un significativo paradigma della nostra attualità. Parliamo di Boris, il film, traslazione dal piccolo al grande schermo di quella che &egr
Lo sceneggiatore di Gabriele Salvatores e Sergio Rubini racconta in un libro tutto il suo amore per il cinema. Dalle sale come insostituibile punto d'incontro fino alle riprese fatte in casa, Fare Scene ritrae sessant'anni di Italia davanti e dietro allo schermo
di Marinella Doriguzzi Bozzo
Nonostante l'ottima prova di Elio Germano, premiato come miglior attore a Cannes, La nostra vita di Daniele Luchetti conferma l'incapacità del cinema italiano di raccontare gli scenari del nuovo proletariato. L'abbiamo visto in anteprima al Festival
di Simone Dotto
Da qualcosa come quindici o vent’anni, il cosiddetto cinema italiano medio si trova dietro il banco degli imputati, sempre con i soliti capi d’accusa. Gli si rimprovera, in breve, una sostanziale incapacità di uscire dalle note cornici narrative, per le quali l’ottanta per cento delle storie ha immancabilmente luogo in un qualche loft della Roma bene. Ogni anno, sui nostri schermi, decine di liberi professionisti della medio-alta borghesia si aggirano in preda a generiche angosce esistenziali, tra non meno generiche ambientazioni di fondo e arredi che sembrano presi di
Dopo ben sette anni di faticosa gestazione, esce oggi nelle sale La fisica dell'acqua di Felice Farina, con l'attrice comica e Claudio Amendola
di Andrea B. Previtera
Amleto incontra il Tornatore di Una pura formalità: si incontrano, si scontrano, ed ecco piovere quest’acqua - la cui fisica attraversa lo schermo tra il sogno e la memoria, il thriller intrafamiliare e qualche spettro edipico. Non sia confuso però il lettore dalla nostra apertura: la regia è di Felice Farina, che qualche figlio degli anni Ottanta ricorderà forse per l’atipica miniserie tv Felipe ha gli occhi azzurri. Rimandano tuttavia alla gemma tornatoriana gli ondeggiamenti onirici della pellicola, liquidi nell’estetica nello scorrere degli ev
Il regista palermitano Luca Guadagnino racconta le passioni che sconvolgono i Recchi, famiglia dell'alta borghesia lombarda. La trama è esile ma il fascino delle immagini e l'eleganza dello stile rubano la scena anche al cast.
di Andrea B. Previtera
Poi mi infilo il cappotto ed esco dalla sala il prima possibile, con addosso un’angoscia indefinita. Un’angoscia che mi ha raggiunto già con i colori delle prime inquadrature e che non ha allentato la morsa nemmeno per uno dei centoventi minuti di proiezione. Perchè qualcosa mi convince a cominciare dalla fine a parlare di questo film di Luca Guadagnino, regista e sceneggiatore di Io sono l’amore. Un film da quattro soli che si fanno tre nel momento stesso in cui le virtù premono oltre il margine dell’eccesso, fortunatamente senza rompere mai l&rsq
Sa di stantio l'ultimo film di Sergio Rubini
di Andrea B. Previtera
C’è un Cinema italiano che odora di finanziamenti Rai e, pur con alcune qualità, buoni attori e tecnici d’eccellenza, non riesce proprio a nasconderlo questo odore un po’ stantio. Che è l’odore dei passaggi tv pomeridiani e della prevedibilità di certi elementi, l’odore di una certa miscela preconfezionata di montaggio, fotografia e recitazione. Ed è anche l’odore de L’uomo nero, la decima regia di Sergio Rubini. Protagonista inevitabile lo stesso Rubini, interprete del padre in una pellicola parzialmente autobiografi
Solo un anno fa, entusiasmati da Gomorra e dal Divo, tutti gridavano al miracolo: "E' risorto!". E ora? E' di nuovo crisi. E non ci salveranno né i cinepanettoni né i soldi pubblici
di Alberto Barbera
No. Non se ne può più, davvero. Dell’altalena di ottimismo e pessimismo che circola nei discorsi sul cinema italiano da vent’anni a questa parte, dico. Il cinema è morto. No, è solo svenuto. Macché, è tornato grande, non appena un paio di registi azzeccano un film nello stesso momento (Garrone e Sorrentino, solo un anno fa). Oppure quando l’affluenza del pubblico fa lievitare i numeri della percentuale riservata al prodotto nostrano, in sale peraltro sempre meno frequentate o, comunque, visitate ormai solo nelle grandi occasioni. E&rs