Dopo ben sette anni di faticosa gestazione, esce oggi nelle sale La fisica dell'acqua di Felice Farina, con l'attrice comica e Claudio Amendola
di Andrea B. Previtera
Amleto incontra il Tornatore di Una pura formalità: si incontrano, si scontrano, ed ecco piovere quest’acqua - la cui fisica attraversa lo schermo tra il sogno e la memoria, il thriller intrafamiliare e qualche spettro edipico.
Non sia confuso però il lettore dalla nostra apertura: la regia è di Felice Farina, che qualche figlio degli anni Ottanta ricorderà forse per l’atipica miniserie tv Felipe ha gli occhi azzurri. Rimandano tuttavia alla gemma tornatoriana gli ondeggiamenti onirici della pellicola, liquidi nell’estetica nello scorrere degli eventi, e all’opera shakespeariana tutto l’impianto narrativo.
C’è il piccolo Alessandro, c’è sua madre (Paola Cortellesi), manca il padre – la cui morte in un punto distante e indefinito nel tempo determina il moto di buona parte dell’acqua del titolo. C’è lo zio Claudio (Amendola), personaggio dai contorni poco delineati ed invasore di delicati equilibri, ci sono un commissario dai modi obliqui (Stefano Dionisi) e un lago di ricordi da dragare. La fisica dell’acqua cela due storie tormentate: quella immaginaria della trama e quella reale sulla lavorazione del film stesso. Di questa seconda è protagonista un Felice Farina che tenta di portare alla luce la sua produzione per qualcosa come sette anni, tempi manzoniani imposti dalla ricerca di un distributore, da fallimenti societari di varia natura e persino da un fortunato cambio di titolo (Senza freni, originariamente).
Peccato per queste lungaggini perché, superate alcune stonature, quella di Farina è una pellicola interessante e ben realizzata, con l’ulteriore merito del coraggio di affrontare un genere – quello del thriller psicologico – da cui il cinema nostrano sembra essere storicamente avulso. Ma non convince, ad esempio, la coppia Cortellesi – Amendola: brava, brillante, ma troppo intrisa degli umori(smi) delle sue interpretazioni più note la prima; sempre, sempre uguale a se stesso il secondo.
Peculiare, poi, la scelta di porre la narrazione negli occhi e nei ricordi di un bambino di forse dieci anni, modellando in funzione di questo tutto il lessico espositivo, ma anche le riprese stesse, a partire dalle dinamiche di macchina. E Alessandro (Lorenzo Vavassori) si muove - a volte, con la recitazione un po’ fastidiosa dei bambini che interpretano bambini - in uno scenario di colori lividi e ambientazioni sospese tra realtà e visione, osservando un mondo adulto denso di inquietudini ordinarie e non.
Un’opera che perde punti scivolando sul finale – anzi poco prima: qualche scena, una manciata di minuti e soprattutto di spiegazioni in eccedenza avviliscono la raffinata costruzione delle atmosfere precedenti. Ad ogni modo, il frutto di questo parto tanto travagliato merita attenzione e rende giustizia agli sforzi paterni. Auguri dunque a Farina, sperando che le prossime acque – fisica a parte – possano rompersi in tempi più felici.
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La fisica dell'acqua di Felice Farina, Italia, Francia, Svizzera 2009, 76 m
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