Il centocinquantenario dall'Unità d'Italia ha spinto i protagonisti della narrazione teatrale a rinnovarsi: cerchiamo di capire cosa cambia e cosa resta attraverso un parallelo fra gli spettacoli di due grandi affabulatori. Ascanio Celestini, con il suo Pro-patria. Senza processi, senza prigioni e Fabrizio Saccomanno, impegnato in Iancu. Un paese vuol dire
di Igor Vazzaz
Croce e delizia della nostra contemporaneità scenica, il teatro di narrazione sembra attraversare un momento di profondo ripensamento, con i suoi principali alfieri impegnati in ricerche espressive a rigenerare una forma per ovviare a un momento di stasi. Il centocinquantesimo anniversario dell’Unità italiana non poteva che rappresentare un notevole stimolo per i teatranti tutti, e in particolare per coloro che da anni si cimentano nell’arte del racconto: abbiamo così assistito a una serie di allestimenti caratterizzati da tentativi d’evoluzione stilistic
Le storie di Io cammino in fila indiana non sono figlie dell'Ascanio personaggio televisivo o dell'uomo di teatro. Ambiscono invece a tutto il valore letterario della pagina scritta. Parabole contemporanee che esplorano il buio della società attuale, ma solo per fare intravedere la luce alla fine del tunnel
di Dario De Marco
La recensione negativa non esiste più, e questo si sapeva. Ma non esiste più neanche la recensione positiva: sono state sostituite dalla recensione preventiva. Sui giornali non si dà il giudizio su un libro che è appena uscito, ma si prende un libro che deve ancora uscire e si fa: la segnalazione, l'anticipazione, la pubblicazione di un estratto o della prefazione, l'intervista alla Altan (“Dica quel che cazzo le pare”), la polemica a priori. Insomma, nel migliore dei casi chiacchiere a vacante, nel peggiore puro marketing. Questo soprattutto quando l'au
Anticipato da discussioni, polemiche, dimissioni presentate e poi ritirate, approda alla Biennale L'arte non è cosa nostra, la mostra curata dal famoso critico. Le opere di più di duemila artisti "raccomandati" da nomi noti della cultura vengono esposte nel Padiglione Italia. Più che un'esposizione, un'esibizione: imbarazzante ma da vedere.
di Chiara Di Stefano
Durante i tre giorni di apertura della Biennale alla stampa sono tornata più volte nel Padiglione Italia e ne ho constatato l’evoluzione dell’allestimento, dall’1 al 3 giugno quando ha trovato la sua forma definitiva. La sensazione che si è manifestata, fin dal primo giorno, è stata di caos. Non parlo del caos ordinato che avvolgeva gli altri padiglioni in rifinitura, mi riferisco a quel caos che ci troviamo di fronte la mattina dei saldi di fine stagione, di capi sparsi ovunque nell’attesa che il pubblico si avventi su di loro. L'appar
Il film, presentato a Venezia e da oggi in sala, è tutto dentro la testa di Nicola, ospite di un istituto di malattia mentale dove vive fin da piccolo assieme ai suoi fantasmi. La "colonna sonora" è quella cantilena incessante di pensieri e di parole che rende i monologhi di Ascanio Celestini toccanti ed efficaci, al teatro come al cinema.
di Marinella Doriguzzi Bozzo
Più che "ambiziosa", è davvero difficile l'operazione di Ascanio Celestini di prestare anche al cinema i suoi monologhi teatrali e televisivi mantenendo intatto non solo il suo personaggio, ma anche la scansione musicale dei suoi spartiti teatrali. Anche nel film l'attore si porta dietro l'inevitabile Pancotti Maurizio, protagonista dei monologhi e suo primo antagonista infantile tra alienità ed integrazione. Un pretesto di radicamento della lotta di classe in un mondo che dagli anni '60 continua a cambiare. Grazie all'ambientazione in un
Proprio in questi giorni è alla mostra del cinema di Venezia con il film La pecora nera, applauditissimo. Ma quella del cineasta non è che la sua ultima incarnazione: scrittore, cantautore, documentarista e uomo di teatro, ci racconta quel fascino per la cultura orale che lega insieme tutto il suo lavoro
di Sergio Buttiglieri