La lobby rosa
Sì già immagino le obiezioni: mancava solo questa. Però. Tra le varie consorterie che affliggono lo stivale, gruppuscoli di pressione, caimani finanziari, lestofanti gelatinosi eccetera, quello che servirebbe è un po’ di sano spirito di corpo al femminile. Inutile fare affidamento sulla politica, che è quella che è anche perché ci sono poche donne, defilate oppure semplicemente depilate, a volte basta quello per agguantare un posto. Partiamo dal basso, dai rapporti umani più prossimi, dalle donne con cui abbiamo a che fare ogni giorno, di persona oppure a distanza: la cassiera, l’autista di autobus, l’insegnante di danza, la dentista, l’impiegata di banca, la musicista, la scrittrice, la commercialista, la ristoratrice, la venditrice di rose, la tassista.
Allora ammesso che in una giornata tipo dobbiate avere a che fare con circa una decina di persone sconosciute o comunque non vincolanti nella vostra vita, quante volte vi affidate consapevolmente a una donna per sostenere il suo ruolo e la sua professionalità? Quante volte davanti a una scelta che dovete basare solo su un nome o un volto - a parità di prestazioni e ruolo - trasformate quella scelta in un impegno di genere e in un atto politico privilegiando senza ripensamenti una donna? A volte la scelta è obbligata (esistono professioni a netta presenza femminile e non sono le più pagate, ahimé), in altri casi la presenza femminile è scarsa e timida, ma in ogni caso vale la pena di lanciare il messaggio: qui si fa cordata, ci si sostiene a vicenda, o così o si rimane nelle retrovie. Quelle silenziose, dove succede poco e si raccolgono i feriti.
E’ un esercizio che solo con il tempo diventa naturale: fino a quel momento, conviene invece sforzarsi di fare scelte controcorrente, di individuare e premiare l’elemento femminile, di riconoscerne il valore, di costruirsi un pantheon di modelli femminili da additare alle future generazioni (di bambine, e di bambini), di non lesinare sostegno e comprensione a ogni donna che tra mille sforzi cerca di realizzare il suo progetto di parità e indipendenza. E sì, anche di fare gruppo sul lavoro (passando sopra alle antipatie personali e concentrando gli sforzi sul nemico comune: la scarsa flessibilità e tutela del lavoro femminile), di usare la propria posizione per aiutare e inserire le nuove leve, di sperimentare quello che all’estero si chiama women mentoring (date un’occhiata qui)
Con un occhio a un futuro remoto in cui la questione di genere non si porrà più perché superflua, assorbita da un pari accesso alle posizioni che contano, e uno al futuro più prossimo delle elezioni regionali: hai già scelto quale donna vuoi sostenere con il tuo voto? Vale la pena ricordare che in Campania è possibile esprimere una doppia preferenza di candidati solo ed esclusivamente se uno dei due è una donna. Vediamo di approfittarne.
Anche l'uomo si profuma. Ma come?
Un tempo c’era quello per l’uomo che non doveva chiedere mai. Poi sono arrivati tutti gli altri. Ma agli uomini è rimasta la poca voglia di chiedere, il che porta a dilemmi irrisolti e a errori fatali. Tipo: ma questo è un profumo o un deodorante? Spesso un occhio al prezzo aiuta, ma negli altri casi viene in aiuto la pubblicità: le pubblicità dei deodoranti di solito mostrano adolescenti maschi circondati da bellissime fanciulle sexy e sorridenti. In realtà sorridono perché felici di trovare un 18enne avvicinabile: a certe età, un deodorante è tutto quello che si può chiedere a un uomo in fatto di igiene personale.
Uomini che state leggendo, se siete in dubbio, spruzzatelo: se fa fss, è un profumo. Se fa fsssssssss, è un deodorante. Non usate mai il profumo per deodorarvi le ascelle: non ha questo potere ed è in genere dolciastro, quindi a metà giornata emanerete un afrore poco piacevole. Potete farvene un’idea spruzzando il vostro profumo preferito su un cane bagnato.
1. L’uomo come una volta. Vedi pubblicità di Dolce e Gabbana. Un uomo adagiato su una barchetta, inquadrato dal basso ventre, con indosso un costumino bianco: non ha niente da nascondere, e tutto da mettere in mostra, compresi i pettorali da nuotatore. Intorno a lui, lo scenario da sogno della grotta azzurra, perché si sa, Italians do it better. Come ti aspetti che sia il profumo: fresco e persistente.
2. Il testimonial. Nessun uomo sarà mai portato a pensare che indossando un profumo le donne vedranno in lui il famoso attore di Hollywood. Per quello ha bisogno almeno di una macchina di lusso. Ma il profumo con testimonial bypassa il problema per raggiungere il suo vero target d’acquisto, le donne. Le quali, si sa, hanno più fantasia, e possono riuscire, nelle giuste condizioni di luce, a scambiare il compagno di una vita per il mascelluto a petto nudo che hanno adocchiato su D donna. Certo il profumo deve essere davvero buono, con toni di tabacco e di spezie, anche un po’ da capogiro.
3. Il profumo unisex. Un genere relativamente nuovo, ma all’apparenza gradito. Spesso comprato dall’uomo senza nemmeno sapere che è unisex (ha sentito un profumo agrumato e fresco, il flacone sembrava una bottiglia di Gatorade e tanto gli è bastato), o comprato dalla donna perché piace anche a lei. Lui lo indosserà senza problemi se lo porta anche la sua compagna, scambiando la cosa per il desiderio di lei di “annusarne” la presenza anche quando non c’è, ma smetterà quando scoprirà che anche la sua collega in ufficio lo usa.
4. Il profumo-totem. Questo non ha bisogno di un testimonial, belloccio o famoso che sia. Basta la presenza di una bottiglia-feticcio che da sola diventa promessa di successo. Perché il trucco riesca la bottiglia deve somigliare a: un simbolo fallico; una macchina; un pugnale; un cambio; e quindi in ultima analisi sempre a un simbolo fallico. Grande, fuori misura, da tenere con due mani. Il rischio è che il profumo sia all’altezza: pesante, umorale, difficile da portare e ingombrante.
5. L’alternativo. Qui siamo in un territorio di confine che di solito ospita uomini dalla sessualità incerta, metrosexual, artistoidi e studenti del Dams. Il profumo in questione può avere boccette ironiche (Moschino, J.P. Gautier), essenze di solito usate per i profumi femminili (rosa, fiori d’arancio), campagne pubblicitarie insolite e senza uomini appena usciti dalla doccia. Chi lo porta, incredibilmente, lo sceglie per il motivo meno scontato: perché in genere è un buon profumo.
Femminile plurale
E’ nelle grandi tragedie che si vede lo spirito di una nazione, vero? Vero. Ma qui in Italia siamo da tempo fermi all’avanspettacolo, quindi guardiamo altrove. Guardiamo ad Haiti, che già come paese se la passava molto molto male, ma mancava da un po’ di tempo all’attenzione mediatica, quindi è come se non fosse successo nulla fino ad ora. Il terremoto allora era necessario perché la questione diventasse degna di nota, almeno per scuotere l’opinione pubblica e strappare precisi impegni politici internazionali? Forse, anche se è sconfortante pensarlo. E come sta rispondendo il nostro paese all’emergenza?
Riprendo un estratto da una notizia apparsa sul sito dell'Adnkronos: “Intanto i ministri degli Esteri dell'Ue riuniti a Bruxelles per il Consiglio Affari Esteri hanno dato il via libera all'invio di almeno 300 uomini della gendarmeria europea, cui appartengono sei stati membri con polizie a statuto militare (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Olanda e Romania). Alla missione parteciperà un battaglione di Carabinieri di circa 120-150 uomini“.
Beh, polemiche di Bertolaso a parte, almeno qualcosa si muove. Anzi qualcuno. Uomini, tanti, motivati e in missione. Però aspetta. Solo uomini? Guardo sui siti stranieri: in inglese si parla genericamente di “troops” o di “people”, mai di uomini. E che ormai le donne possano, anche in Italia, entrare in tutti i corpi militari e civili è conquista recente ma per fortuna non messa in discussione. E allora? Allora, come al solito, se dico “chirurgo” tu pensi a un tizio pelato e non a una con il reggiseno (a meno che non ci pensi comunque, ma quello è un tuo problema), se in un’attività umanitaria di qualsiasi tipo sono impegnati 3 uomini e 100 donne si parlerà genericamente di volontari, l’ultima trasmissione farlocca mi invita a eleggere Il Più Grande Italiano di tutti i tempi (e la tentazione allora è di votare Mina, per vedere l’effetto che fa).
Mi si dirà che la lingua italiana è fatta così, che non vorremo arrivare agli eccessi di politically correct americano, che insomma i problemi sono altri. Va bene, forse i problemi sono altri. Ma questo del linguaggio, e della sua inclinazione di genere, ci tocca nel profondo, e incide direttamente sull’inconscio. Per cui ci porta a escludere dal nostro orizzonte ipotetico tutta l’altra metà del cielo, con ricadute nelle nostre scelte, in quello che riteniamo probabile, e quindi nelle pari opportunità che diamo a noi stessi prima che agli altri. “Le parole sono importanti”, diceva una celebre battuta di Nanni Moretti. Forse sarebbe il caso di ricordarsi che sono importanti anche le loro desinenze.
New Italian Mamme
Secondo gli ultimi dati Istat, in Italia le donne nella fascia 15-64 anni che non lavorano sono 9 milioni 685 mila, con un aumento tendenziale dell'1,7 % rispetto all'anno scorso. Ricordo che il nostro paese ha una delle percentuali più basse in Europa di occupazione femminile (meno del 50%, fanalino di coda che ci giochiamo con Malta) e un divario di stipendio uomo-donna pari al 4,4% (qui stiamo messi meglio rispetto alla media).
Se 12 segni vi sembran troppi
La sciamana vien di notte
Oggi, 6 gennaio, Epifania, ma nella vulgata popolare è la Festa della Befana. Aspettatevi, come donne, i “simpaticissimi” auguri del mattacchione di turno per la “vostra” festa. Certo, perché Befana è sinonimo di donna brutta, vecchia e rancorosa, una zitellaccia insomma, e con poco gusto nel vestire. Babbo Natale è quel simpatico gigione che sappiamo, Gesù Bambino c'ha contatti in alto loco, mentre la Befana arriva da buona ultima, con la nomea di quella che porta via tutte le feste e per di più distribuisce carbone, qualche dolcetto stantio, frutta secca e soldi di cioccolato fuori corso.
Ultima forse nel calendario, ma non certo per anzianità: il Babbo Natale as we know it è un micidiale prodotto del marketing di fine Ottocento; Gesù Bambino a occhio e croce avrà 2009 anni, ma la Befana non è altro che l'ultima incarnazione di una figura mitica che percorre tutta la storia della cultura indoeuropea e oltre: la sciamana. Già già. Qualche indizio si evince dal fatto che vola sulla sua scopa, nella notte: attributo da strega, no? Strega che, a sua volta, non è altro che la definizione “cristiana” di figure molto più benefiche – e quindi pericolose per l'autorità costituita: conoscitrici delle piante e delle loro proprietà, curandere, ostetriche, guaritrici, all'occorrenza capaci di andare in trance (magari con l'aiuto di qualche sostanza psicotropa naturale) e fornire profezie e responsi. Figure quindi a metà tra il medico e il religioso, che godevano di grande stima e potere (ne sopravvivono ancora, di queste guaritrici, nelle campagne, ma sono rare, ben nascoste e all'occorrenza ammantate di fervore cristiano, anche se affondano le loro radici in una cultura pagana, animista, matriarcale, pre-storica). Seguendo un cammino tortuoso che passa per la greco-romana Ecate, la Baba Jaga russa, le varie streghe delle favole nel folklore nordico, la Befana prosegue il suo volo notturno attraversando imperterrita razionalismo, positivismo e post-modernismo. La vecchina è sempre qui tra noi, ovunque un bambino si ricordi di lasciarle un mandarino e un bicchiere di vino. Agli adulti, che hanno bisogno di contestualizzazioni e riferimenti colti, consiglio la lettura di un classico sul tema, Il Dio delle Streghe dell'antropologa Margareth Murray. Da regalare, magari, anche all'amico faceto di cui sopra.
I regali non hanno sesso
Molto meglio regali “unisex”, o addirittura invertire: il meccano per lei e la cucina con fornetto per lui. “E se poi mi diventa omosessuale?” (lui, ovviamente, eh?). A parte il fatto che non si “diventa” omosessuali, ma lo si è o no, non è che fare il cuoco comporti un rischio maggiore. Il mondo è pieno di chef eterosessuali, per eventuali dubbi rivolgersi a Vissani. E lei? Lei sarà finalmente libera di eccellere nelle scienze e nella matematica (per qualche strano motivo, le bambine vanno fortissime in queste materie alle elementari, poi ripiegano sulle materie umanistiche alle soglie della pubertà: qualcosa vorrà pur dire).
In effetti, la reazione ai giochi “di genere” è già iniziata, precisamente in Inghilterra, dove è nata la campagna Pink stinks (il rosa puzza, cioè fa schifo): combatte la “cultura del rosa”, in cui tutto quello che riguarda le bambine è appunto pastelloso, zuccherato, lezioso e ben poco utile per farsi strada nella vita (a meno che la strada sia percorsa in tacco dodici e mattarello).
Per rendevi conto di quanto i giochi per bambini siano sessisti, date un'occhiata ai tanti cataloghi natalizi che vi rifilano nelle buche delle lettere. Qualcuno l'ha già fatto per voi: in Svezia, gli studenti di una scuola media hanno denunciato il catalogo natalizio di Toys R Us all'equivalente nordico del Garante della pubblicità. La motivazione? Le bambine erano raffigurate in ruoli passivi, con vestiti da principessine, trucchi, bambolotti; i maschietti invece con costumi da super-eroi o bancali del fai da te. Ruoli stereotipati, poco elastici, stantii, ma difficili da evitare senza un po' di attenzione e consapevolezza.
Ancora in dubbio? Un regalo adatto a tutti, genitori in primis, è il libro Extraterrestre alla pari di Bianca Pitzorno, scritto nel 1979, quando di stereotipi di genere si parlava davvero, e in modo intelligente. E' la storia di Mo, extraterrestre che viene da un pianeta in cui l'identità sessuale si scopre solo con la maggiore età. Fino ad allora, macchinine telecomandate e bebé fai la nanna per tutti/e, com'è giusto che sia.
Per le Madonne
Donna, abortirai con dolore
Oggi, nel pomeriggio, il cda dell'Aifa si riunisce per una nuova delibera sulla ru486, dopo le “richieste” del ministro del Welfare Sacconi.
L'interminabile dibattito sulla pillola abortiva (sì, è in uso da 20 anni nella maggior parte dei paesi europei; no, contravviene la 194; ok, allora somministriamola solo in ospedale; no, il parlamento deve vederci chiaro (!); comunque renderà l'aborto meno doloroso; però in questo modo lo si banalizza) nasconde due altrimenti evidentissime verità:
1) il corpo della donna è ancora terreno di conquista e di scontro di una ideologia pseudocattolica, per cui la contraccezione e il controllo delle nascite sono iatture inenarrabili, mentre per esempio la pedofilia e l'affiliazione mafiosa consentono soavi distinguo;
2) le donne che potranno effettivamente farne uso sono pochine, dato che in Italia può essere somministrata fino alla settima settimana di gravidanza, e in media una donna non si accorge di essere incinta fino almeno alla quarta.
Quindi di cosa parliamo, quando parliamo di ru486? Di scelta, essenzialmente: scelta tra considerare una gravidanza indesiderata come una questione da gestire in modo quanto più possibile indolore – non tanto fisicamente quanto psicologicamente – o vederla come una macchia che va sopportata oppure risolta nel modo più colpevole, passando attraverso colloqui e canali a volte poco benevoli, e obiezioni sospette. Il tutto per tutelare il diritto all'esistenza di un organismo di dimensioni microscopiche – 10 mm, un abbozzo di coda e l'aspetto di un capodoglio – negando quello all'autodeterminazione di un organismo molto più complesso e articolato che corrisponde al nome di femmina umana.
La deriva del diritto alla contraccezione e alla maternità consapevole nel nostro paese continua da decenni, con la sensazione che anche battaglie archiviate siano a rischio, e una violenza inaudita nel lessico e nella semantica di chi condanna l'aborto (assassine, uccisione, barbarie, genocidio). La sensazione prevalente è quella di un assedio, in cui le donne, in evidente mancanza di ossigeno, devono trattenere il fiato e sperare in soccorsi dall'esterno. Quali? Forse l'Unione europea, che ogni tanto ci tira le orecchie per ricordarci che esistono cose come le pari opportunità, le differenze di genere, la laicità e la possibilità di rifiutare cure palliative.
Oppure organizzazioni corsare come Women on waves (www.womenonwaves.org), associazione olandese nata per offrire alle donne la possibilità di interrompere una gravidanza anche in quei paesi, come il Portogallo e l'Irlanda, che lo rendevano/rendono quasi impossibile. Come fanno? Operano in acque internazionali, e quindi battono bandiera – e leggi – dei Paesi Bassi. Da noi potrebbero arrivare da sud, sotto Lampedusa, ma dovrebbero vedersela con il traffico dei respingimenti di extracomunitari sui barconi. Tanto quelli sono embrioni fin troppo sviluppati: 100 in più o in meno, cosa vuoi che sia, e poi comunque non sono mica figli nostri.