Tuona per qualche ora l’allarme sul web. È giallo e la fantasia corre alla ricerca di indizi, di tracce sulla Carta e il Territorio e, a chi ha...
di Gioia Gottini
New Italian Mamme
Secondo gli ultimi dati Istat, in Italia le donne nella fascia 15-64 anni che non lavorano sono 9 milioni 685 mila, con un aumento tendenziale dell'1,7 % rispetto all'anno scorso. Ricordo che il nostro paese ha una delle percentuali più basse in Europa di occupazione femminile (meno del 50%, fanalino di coda che ci giochiamo con Malta) e un divario di stipendio uomo-donna pari al 4,4% (qui stiamo messi meglio rispetto alla media).
Perché il lavoro femminile in Italia stenta a decollare, e questo anche prima della crisi, che ha penalizzato ovviamente ancora di più le fasce deboli, come precari e donne? Perché una donna subisce varie discriminazioni nel corso della sua carriera lavorativa. Anche se in media le donne si laureano più in fretta e con risultati più brillanti degli uomini, spesso le discipline scelte sono meno concorrenziali. Poi c'è il fattore-figli: le donne in età fertile sono viste dal potenziale datore di lavoro come mine vaganti, pronte a farsi ingravidare proprio prima del bilancio trimestrale. Quelle che nonostante tutto perseverano nell'errore e un figlio lo fanno, si trovano risucchiate nel vortice di maternità obbligatoria, maternità facoltativa, part-time (non sempre possibile), asili nido fantasma. E non sono poche quelle che dopo un figlio non ritornano al lavoro (1 su 5): conti alla mano, l'asilo privato e/o la baby sitter costano più del loro stipendio.
In questo quadro abbastanza fosco e che denota la miopia e scarsa flessibilità del mercato del lavoro in Italia, si fanno strada nuove mamme, agguerrite ma lucide, per cui la maternità coincide con una rivoluzione non solo personale, ma anche lavorativa. Che si legge così: già che sono a casa, unisco l'utile al dilettevole, apro un blog o rispolvero una vecchia passione/hobby/capacità artistica e ne faccio un lavoro. Per la serie mostra e dimostra, ecco qui alcuni casi emblematici tutti italiani. Wonderland, nick name dell’autrice del blog Ma che davvero, che abbandonata una carriera di tutto rispetto per fare la mamma inaspettata, è in procinto di pubblicare un libro sulla sua “vita con polpetta”. Silvia e Paola di Quarantasettimane che sono diventate imprenditrici proprio creando una linea ad hoc di abbigliamento pro maman. E ancora tanti tantissimi blog di mamme che si sono scoperte cuoche attente e raffinate proprio alle prese con le prime pappine: Comida de mama, oppure Il cucchiaino di Alice. Morale? Forse il web è davvero un nuovo mondo di parità e possibilità: world wide women.
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Inserito da Gioia Gottini - 22 gennaio, 2010 - 19:44
Commenti
e pensare di coinvolgere un
e pensare di coinvolgere un po' di più gli uomini? magari vedere la maternità come un questione non solo di donne ci aiuterebbe a intravvedere alcune (parziali) soluzioni. Dieci anni fa una mia collega belga aveva fatto un'osservazione che continuo a ritenere molto stimolante: quando nasce un figlio, i costi per il suo accudimento per così dire "esterno" (asilo, baby sitter, vicine, ecc.) sono calcolati solo sullo stipendio (o compenso) della madre, mai sul totale del reddito che proviene da entrambi i genitori, come se, (che novità!), il figlio fosse solo un "problema" della madre, e non della coppia. meditiamo, gente, meditiamo....e grazie per questa opportunità di confronto!
Concordo con il concetto di
Concordo con il concetto di "dato culturale", e ritengo che si tratti anche di miopia politica se le madri si trovano a barcamenarsi con tali difficoltà nella scelte da fare per il loro futuro e per la crescita dei figli. Ma per fortuna il mondo è fatto anche di lungimiranza. Dopo 2 gravidanze (vissute nella stessa azienda facendomi in 4 e rientrando quando le figlie avevano 4 e 6 mesi), i ponti sono crollati: niente part-time, niente orario continuato, vale a dire........ Ora ho trovato un datore di lavoro che è quasi al terzo figlio, favorevole all'allattamento, disponibile al part-time che mi ha detto: mi interessano i risultati non l'ora in cui arrivi o vai via. Sogno o son desta?
Ciao, grazie della citazione.
Ciao, grazie della citazione. Io il lavoro più che lasciato l'ho perso... vittima di quei co.co.pro. in loop che sono spesso l'unica soluzione di impiego per neolaureati. Il resto l'hai detto tu :) Purtroppo per quanta attenzione si dedichi al tema le cose sembrano non cambiare mai. E' difficile rientrare nel mondo del lavoro dopo la maternità senza penalizzare qualcosa. Appare un conflitto insanabile, specie in alcuni settori in cui la totale devozione alla propria scrivania sembra andare a braccetto con l'idea di produttività, spesso invece è il contrario.
Mi piace l'idea delle world
Mi piace l'idea delle world wide women. Mi chiedo però se la maternità sia il problema centrale del difficile inserimento nel mondo del lavoro da parte delle donne. C'è anche un dato culturale, oltre che strettamente pratico, che ci lega a un ruolo "antico". Sono figlia di una donna senza paracadute, che ha lavorato per anni proprio per pagare una signora che si prendeva cura di me e di mia nonna. Lo ha fatto per 8 anni di fila: il suo stipendio era quello della sua sostituta. Ma differentemente da me, è stato il lavoro fisso che glielo ha permesso. Pur avendone un grande desiderio, non ha mollato il lavoro per crescere me perché sapeva che stava maturando la sua pensione. Una prospettiva da non scartare e quindi motivo forte per decidere di tener duro qualche anno, tanto poi i figli crescono e diventano indipendenti. E oggi? I servizi non ci sono - ma nemmeno nell'era del baby boom -, il lavoro si è fatto precario e le donne si trovano sempre davanti allo stesso dilemma: faccio un figlio o no? Forse dovremmo dare più voce al nostro coraggio, alle scelte di forza che facciamo quotidianamente e imparare ad affrontare pienamente ciò che ci è dato da vivere. Con responsabilità, ma anche a prescindere dalla precarietà dell'oggi.
Mi piace l'idea delle world
Mi piace l'idea delle world wide women. Mi chiedo però se la maternità sia il problema centrale del difficile inserimento nel mondo del lavoro da parte delle donne. C'è anche un dato culturale, oltre che strettamente pratico, che ci lega a un ruolo "antico". Sono figlia di una donna senza paracadute, che ha lavorato per anni proprio per pagare una signora che si prendeva cura di me e di mia nonna. Lo ha fatto per 8 anni di fila: il suo stipendio era quello della sua sostituta. Ma differentemente da me, è stato il lavoro fisso che glielo ha permesso. Pur avendone un grande desiderio, non ha mollato il lavoro per crescere me perché sapeva che stava maturando la sua pensione. Una prospettiva da non scartare e quindi motivo forte per decidere di tener duro qualche anno, tanto poi i figli crescono e diventano indipendenti. E oggi? I servizi non ci sono - ma nemmeno nell'era del baby boom -, il lavoro si è fatto precario e le donne si trovano sempre davanti allo stesso dilemma: faccio un figlio o no? Forse dovremmo dare più voce al nostro coraggio, alle scelte di forza che facciamo quotidianamente e imparare ad affrontare pienamente ciò che ci è dato da vivere. Con responsabilità, ma anche a prescindere dalla precarietà dell'oggi.
WorldWideWomen... è il claim
WorldWideWomen... è il claim del nuovo al femminile che trovo di rara eleganza e forza comunicativa, che ben sintetizza l'articolo.
Complimenti.
matteo
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