Basta dirlo con un fiore?
I fatti: Silvio Berlusconi racconta una delle sue più stupide barzellette (ma non ne siamo certi, in genere potrebbero essere ancora più stupide) e, per una volta, viene ripreso da una videocamera. Il filmato fa il giro di Youtube a distanza di tempo e scoppia un putiferio. Perché la barzelletta si conclude con una parola simile a “orchidea” per assonanza, ma che in realtà, all’orecchio cattolico, è la peggior bestemmia che si possa pronunciare. Quella rivolta direttamente a Dio.
Una bestemmia "insopportabile", come scrive subito il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, mentre l’Osservatore Romano cita un appello "tristemente attuale" del presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, che proprio la settimana prima ha dichiarato: "Il linguaggio in uso nella scena pubblica deve essere confacente a civiltà ed educazione. Fa malinconia l’illusione di risultare spiritosi o più ’incisivi’, quando a patire le conseguenze è tutto un costume generale".
A placare gli animi ci pensa monsignor Rino Fisichella, già rettore dell’Università Lateranense e neo presidente del Pontificio Consiglio per la Rievangelizzazione dell’Occidente, che fa ricorso alla logica e dice: "Bisogna sempre in questi momenti saper contestualizzare le cose". Vale a dire che una bestemmia può essere considerata tale o meno a seconda del contesto in cui viene pronunciata. Dunque, se è calata in un contesto blasfemo che denoti una certa intenzionalità è bestemmia, altrimenti, se pronunciata in un contesto scherzoso, porgendola magari insieme a dei fiori (le rose e le margherite della barzelletta) non lo è.
Ed è qui che la logica del prelato si incarta, perché se la bestemmia non è la parola in sé, il “contesto” è Berlusconi stesso ed è proprio questo contesto che la rende bestemmia. La vera bestemmia è un capo di governo che bestemmia.
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