Luca Ronconi firma il secondo capitolo di un'eptalogia tutta dedicata a Rafael Spregelburd, autore figlio dell'Argentina della crisi di inizio millennio. Tra scenografie "sghembe" e unioni che crollano, l'interpretazione degli attori è meritevole, anche se fin troppo imbrigliata in schemi registici risaputi
di Sergio Buttiglieri
L'ultima prova di Luca Ronconi, seconda tappa dell'Eptalogia sull’autore argentino Rafael Spregelburd, rappresenta per il regista un altro magnifico pretesto per "uccidere" la realtà nel modo che diverte sommamente noi, devoti delle sue maratone. Panico è uno spettacolo interpretato con grande trasporto da una serie di attori sopraffini, "trattenuti" nel delizioso manierismo ronconiano. Un testo che serve a decifrare il mondo e annientarne le illusioni. Ogni cosa, sembrano dirci all’unisono Ronconi e Spregelburd, ci illude nel momento stesso
In questo allestimento de La Modestia il regista porta il teatro di Rafael Spregelburd ai massimi termini di indefinitezza. Non c'è capo e non c'è coda nei dialoghi e nelle dinamiche che legano questi quattro (doppi) personaggi, in continuo movimento da un ruolo all'altro, ma mai del tutto "risolti"
di Sergio Buttiglieri
Ripensando al calmo vortice frammentato dei dialoghi di queste quattro coppie uscite dalla mente di Rafael Spregelburd, giovane argentino classe 1970 che continua a sorprenderci, La Modestia diventa una splendida metafora delle nostre esistenze di “frontiera”, intese come luoghi dove le persone negoziano con l’altro da sé. La Modestia, terzo tassello dell’iperbolico progetto Eptalogia ispirato dal famoso quadro "interattivo" di Hieronymus Bosch I sette peccati capitali è la controparte della Superbia. Tutto è possibil
Il regista mette in scena La compagnia degli uomini di Edward Bond, cupo dramma sui rapporti famigliari e sociali. Con un cast di grandi attori e, per una volta, senza complicati allestimenti
di Sergio Buttiglieri
Vi siete mai trovati di fronte a chi non crede in voi? A chi è sicuro che non abbiate i numeri per prendere il suo posto? E’ un po’ quello che in questo spettacolo ronconiano capita al Leonard interpretato da Mario Foschi - sorta di Amleto mascherato - di fronte al padre adottivo Oldfield, un capitalista d’antan (“Maltrattare la servitù è segno di debolezza di carattere. E io non posso permettermi di maltrattare il mio Direttivo”), ben restituitoci dal vitale Gianrico Tedeschi. Oldfield è un imprenditore della vecchia
Sogno di una notte di mezz'estate/2: la commedia di Shakespeare è ora in tournée con due nuovi allestimenti, nati da diverse traduzioni. Qui Massimiliano Civica gioca a contrapporre linguaggi e registri interpretativi
di Sergio Buttiglieri
Nel 2008 fu Massimiliano Civica a vincere il premio Ubu per la miglior regia dell’anno con un indimenticabile, asciutto quanto denso, Mercante di Venezia, benché Ronconi avesse diretto lo stesso spettacolo. Quest’anno il giovane regista, fra le menti più fertili e interessanti del nuovo teatro italiano, ha portato in scena Un sogno della notte nell'estate, ennesima intelligente rilettura di un altro celeberrimo lavoro di Shakespeare. Rilettura che, frutto di una specifica nuova traduzione, ci mostra fin dal titolo un' inedita interpretazione di quella commedia
In mostra alle Scuderie del Quirinale l'arte figurativa dal II secolo a.C. alla fine dell'impero: tra contaminazioni globali e peculiarità locali
di Marco D'Egidio
Il problema intrinseco delle mostre, specialmente di quelle archeologiche, è la sottrazione di un’opera al contesto per il quale è stata pensata. Estremizzando il discorso, per godere al meglio della pittura romana avremmo dovuto vivere a Pompei qualche anno prima dell’eruzione del Vesuvio, quando ogni affresco era sull’intera sua parete, al suo posto. Certe mostre sono un male necessario: custodiscono e proteggono l’opera, la ricongiungono alle sue simili e la valorizzano nella sua individualità. Lo scotto da pagare è non poterla ammirare ne