Da William Friedkin, autore de L'esorcista, ma soprattutto di Vivere e Morire a Los Angeles, un'opera che torna ad indagare sul confine tra bene e male nelle maglie di una famiglia allargata e di un'America disastrata. Killer Joe è molti generi (e molti film) in uno solo, tra citazioni cinemafile e verità del racconto
di Marinella Doriguzzi Bozzo
Dimentichiamo L'esorcista (1973), film epocale che ha costituito per il grande e diseguale, William Friedkin una sorta di appiccicoso sudario ante litteram. Puntiamo viceversa la memoria su di un altro suo titolo, ossia il notevolissimo Vivere e morire a Los Angeles (1985) in cui si affacciavano i temi del doppio e dell'impercettibile confine che separa il crimine dalla legalità, qui portati alle loro estreme conseguenze: entrambe le pellicole sono infatti un incrocio tra il noir e il poliziesco con venature socio-esistenziali, e tutte e due hanno un'origine eminentemente lettera
L'amore fatale fra diva sciantosa e rispettivo gorilla con passato burrascoso alle spalle. Nella sua opera da regista, William Bonahan (già sceneggiatore per Scorsese) cede alle tentazioni da cinefilo e passa in rassegna Viale del tramonto, Notting Hill, Sogni e delitti...manca giusto un po' di inventiva
di Marinella Doriguzzi Bozzo
Secondo voi, che cosa fanno nella stessa pellicola Colin Farrel e Keyra Knightley? La risposta è ovvia, ma non siamo dalle parti di Notting Hill (1999) in cui un giovane nessuno entrava nelle grazie della grande attrice assediata dalla sua stessa popolarità e braccata dai fotografi. L’accoppiata di ruoli è la stessa, ma qui passa un'ora prima che lei dica a lui, con una smorfietta Chanel ”Che cosa saresti disposto a fare per me?” e che lui, con un’aria da caciocavallo, risponda “Tutto”. Perchè là l'amore era centrale e da c
Nella Milano dei tardi 70, che dal terrorismo sta passando alla bella vita, Bravo fa il protettore per una clientela di lusso. Appunti di un venditore di donne è la sesta fatica letteraria dell'ex-comico: meno thriller e più noir, ma sempre troppo prolisso e costruito
di Gianpaolo Mazza
Il regista britannico Michael Winterbottom si dà al noir e porta sul grande schermo The killer inside me, romanzo di Jim Thompson del 1952. Attraverso la figura di Lou Ford, giovane sceriffo dal grilletto facile, ci instilla un dubbio più inquietante delle scene di atroce violenza
di Andrea B. Previtera
A metà di Arancia Meccanica (il libro, non il film), il capodrugo Alexander DeLarge si domanda e ci domanda: perché tutti si interrogano sempre sulle ragioni del male, ma danno per scontato il bene? Perché il male dovrebbe necessariamente originare da una qualche causa scatenante? Ed ecco insinuarsi, sottile, un’inquietudine che non ha niente a che vedere con i pestaggi a sangue, gli abusi sessuali, le molteplici espressioni di ferocia del protagonista. Questa è una recensione di The Killer Inside Me (il film, non il libro), tuttavia basteranno poc
Continua la "maledizione di Toni Servillo", così bravo da far girare tutti i film sul suo personaggio: il malavitoso meridionale, che in questo caso si trasferisce in Germania per sfuggire al passato. Tante conferme e una sorpresa: la regia di Claudio Cupellini, perfettamente a suo agio nel genere noir
di Andrea B. Previtera
Già, sembra proprio uno di quei patti con una zingara capricciosa: “Toni, avrai finalmente successo, un grande successo, ma sarai condannato ad interpretare sempre personaggi un po’ sconfitti dalla vita e un po’ malavitosi”. E così ecco un’altra ottima interpretazione di Servillo per Una vita tranquilla, di Claudio Cupellini. Ed ecco, anche, un’altra recensione che si apre con un paragrafo sull’attore protagonista; il sospetto da parte del lettore è lecito: dlin dlin, campanello di moderato allarme – questo film &egrav
Felice Cimatti è un professore studioso di zoosemiotica. Ambientato in un laboratorio dove si conducono esperimenti segreti sugli scimpanzé, il suo esordio narrativo è un noir etologico che pone una questione inquietante: esiste una specie animale in grado di commettere il male?
di Dario De Marco
Noir etologico. Bella definizione, di quelle che a noi critici fighetti piace inventare, per poi guardarci allo specchio tutti soddisfatti: peccato che si trovi già sulla quarta di copertina del libro. Noir etologico, definizione azzeccata, visto che negli snodi cruciali i protagonisti sono sempre animali: dalle api che con il loro linguaggio fatto di 8 aiutano a scovare il cadavere, allo scimpanzé che nell'agnizione finale ricostruisce la dinamica del fatto di sangue, fino alla bestia più crudele di tutte, la cui natura non è ora il caso di svelare. I
In Vendicami l'ex rockstar Johnny Hallyday nei panni di un transfuga della mafia di Hong Kong che torna dall'Europa per rendere giustizia ai familiari uccisi. Il maestro del noir asiatico firma un lavoro onirico, che punta ai sensi più che alla ragione
di Marinella Doriguzzi Bozzo
L'inizio ti inchioda: un posto non ancora precisato del mondo, una cucina dove bollono pentole animistiche e sornione, il vapore che rende traslucida una vetrata grigia di pioggia da cui una madre benevola spia l'arrivo del marito e dei due figli, anatroccolati in impermeabilini gialli. Poi gli uomini scuri, gli spari, la donna che resiste e protegge, i bambini che hanno visto e vengono sacrificati. E Johnny Hallyday che s'avanza nero dall'Europa, espiando per sempre nel volto irriconoscibile la rockstar ossigenata che lo vide giovane. E fa una promessa, che è al tempo stesso di obbedie