Nella Milano dei tardi 70, che dal terrorismo sta passando alla bella vita, Bravo fa il protettore per una clientela di lusso. Appunti di un venditore di donne è la sesta fatica letteraria dell'ex-comico: meno thriller e più noir, ma sempre troppo prolisso e costruito
di Gianpaolo Mazza
Dopo il successo del romanzo d’esordio Io uccido Faletti deve essersi convinto di essere un autore unico e originale; per questo ha cercato di curare la sua immagine, scegliendo con cura le comparsate televisive e mediatiche, per assicurare tutti che lui ora è uno “scrittore vero” e che le altre cose che fa le fa tanto per occupare il tempo. Anche a volergli riconoscere una discreta confidenza con la penna, però, il suo ultimo romanzo è una delusione.
Già Io uccido si leggeva con difficoltà per la reiterazione del meccanismo e per una caratterizzazione “famigliare” dei personaggi, conosciuti in molti altri libri. Questa volta invece niente thriller, poco noir e tante informazioni culturali e sociali sull'Italia degli anni Ottanta: nonostante ciò, la trama fa fatica a stare in piedi.
Il tutto sembra ben confezionato, ma i tasselli che compongono l'intricato puzzle della sesta opera di Faletti combaciano in maniera così perfetta da sfiorare il paradosso. Tutto verosimile, per carità, ma la carne al fuoco è troppa e le coincidenze al limite del credibile. La ricerca del virtuosismo letterario, del colpo di scena o della sequenza mozzafiato diventa, in alcune circostanze, ossessiva e troppo costruita.
L’ambientazione di per sé non sarebbe poi tanto male (la Milano fine anni ’70 sconvolta da scontri sociali e che si prepara a diventare “da bere”), ma Faletti non riesce neanche lontanamente a ricreare le atmosfere che hanno reso celebre il maestro del noir Giorgio Scerbanenco. A rendere il libro non più che mediocre, poi, ci si mettono anche i continui, irritanti luoghi comuni e le metafore filosofiche presenti praticamente in una riga sì e nell'altra pure, dove a narrare la storia in sé basterebbero non più di 100 pagine.
Ma le vere delusioni nascono dal colpo di scena che svelerà la vera identità del personaggio principale, questo tizio chiamato da tutti Bravo (che quanto a personalità e credibilità, fa acqua da tutte le parti) e poi dal doppio finale, che niente aggiunge a tutto il resto: una soluzione simile a tante altre già viste nei film americani di genere. Come questi, Appunti di un venditore di donne è frutto di un'operazione ben congegnata e costruita, ma priva di anima.
Tags: Appunti di un venditore di donne, Bravo, Gianpaolo Mazza, Giorgio Faletti, Giorgio Scerbanenco, Io uccido, Milano da bere, noir, recensione,
Giorgio Faletti, Appunti di un venditore di donne, BC Dalai, 384 p, 20 euro

Commenti
Invia nuovo commento