Come molti dei suoi illustri colleghi, da Jonathan Franzen a David Foster Wallace, Rick si è dato una missione letteraria, quella di descrivere al mondo gli Stati Uniti di oggi. Lo fa anche nel suo ultimo libro, Le quattro dita della morte, che da un canovaccio di fantascienza da serie b tira fuori un grandguignol apocalittico
di Giuseppe De Marco
È una cosa che lui non ammetterebbe mai, visto che è un tipo decisamente intellettuale, ma la verità è che Rick Moody appartiene a quel manipolo di scrittori che al momento hanno saldamente in mano il timone della letteratura americana. O almeno di quel filone, che in realtà ormai è quasi mainstream, che si potrebbe definire post-moderno (o post-post-moderno) se questo genere di etichette avesse ancora un senso. Si tratta di ragazzotti (beh, insomma, ormai intorno ai cinquanta) del calibro di Jeffrey Eugenides o Jonathan Franzen, oltre al perenn
L'unico modo per estorcere le confessioni ad uno scrittore, a volte, è mettergli davanti un altro scrittore. Nel '96, il 34enne autore di Infinite Jest viene intervistato da David Lipsky, sul tema "se stesso e altre sciocchezze". A tre anni dal suicidio del primo David, il confronto è un libro: Come diventare se stessi
di Alessandra Minervini
Gli scrittori tendono ad avere due grandi argomenti in rotazione interna costante, una playlist molto breve. La loro carriera e i mali che li affliggono. C'è un famoso aneddoto sulla festa in cui James Joyce incontrò Marcel Proust. Uno si aspetterebbe chissà quali discussioni da pesi massimi della letteratura. Joyce disse: "Ho gli occhi ridotti malissimo" E Proust: "Il mio povero stomaco, non so che fare! Anzi, devo andarmene subito". Joyce lo superò: "Io seguirei il tuo esempio, se solo trovassi qualcuno che mi tiene sottobraccio". &nb
Il protagonista di Vita e morte di un giovane impostore scritta da me, il suo migliore amico, raccoglie le pagine inedite di uno scrittore morto prematuramente. Il trentacinquenne napoletano ci fa riscoprire il piacere della letteratura postmoderna e mette la parola fine alla moda del neo-neorealismo
di Matteo Di Gesù
Il festival senese Voci delle Fonti propone in anteprima nazionale lo spettacolo di Giuliano Lenzi tratto dai racconti di David Foster Wallace
di Sergio Buttiglieri
Mi accorgo sempre più che i festival sono i momenti più fertili per scoprire la potenza del nuovo teatro, fondamentali occasioni per vivere in anteprima i lavori drammaturgici che poi magari gireranno in autunno nei teatri meno ingessati, quelli meno asserviti alle logiche di scambio. In più, durante i festival gli spettacoli in nuce vivono di una luce speciale proprio per i luoghi non canonici dove vengono messi in scena. E questo è proprio il periodo d’oro dei festival: ricordiamo quello di Drodesera, negli spazi da archeologia industriale
Nei racconti di Judy Budnitz il fantastico prende poco alla volta il sopravvento sul reale
di Dario De Marco