L'unico modo per estorcere le confessioni ad uno scrittore, a volte, è mettergli davanti un altro scrittore. Nel '96, il 34enne autore di Infinite Jest viene intervistato da David Lipsky, sul tema "se stesso e altre sciocchezze". A tre anni dal suicidio del primo David, il confronto è un libro: Come diventare se stessi
di Alessandra Minervini
Gli scrittori tendono ad avere due grandi argomenti in rotazione interna costante, una playlist molto breve. La loro carriera e i mali che li affliggono. C'è un famoso aneddoto sulla festa in cui James Joyce incontrò Marcel Proust. Uno si aspetterebbe chissà quali discussioni da pesi massimi della letteratura. Joyce disse: "Ho gli occhi ridotti malissimo" E Proust: "Il mio povero stomaco, non so che fare! Anzi, devo andarmene subito". Joyce lo superò: "Io seguirei il tuo esempio, se solo trovassi qualcuno che mi tiene sottobraccio".
Gli scrittori sono spesso esseri umani tediosi. Il loro silenzio, in odore di autismo, si interrompe solo quando parlano di se stessi o dei loro libri. Che poi è la stessa cosa. Non fa eccezione David Foster Wallace in Come diventare se stessi dove si racconta non raccontando nulla. Perciò, se siete di quei lettori che cercano una morale, un finale, una risposta allora resterete delusi, arrovellandovi nell'unica domanda che questo libro non suscita: chi era veramente David Foster Wallace. Vi do questa notizia. Era uno scrittore. Tutto qui.
Come diventare se stessi di David Lipsky (foto sotto), pubblicato da Minimum fax in occasione (anche) del terzo anniversario dalla morte del compianto genio, riporta quelli che l'autore definisce i “cinque giorni più insonni che abbia mai passato con qualcuno” ovvero gli ultimi giorni del tour promozionale di Infinite jest. Lipsky, scrittore e fine giornalista, aveva avuto l'incarico di intervistare Wallace dalla rivista Rolling Stone. Era il 1996, anno di grazia per Wallace e il suo Infinte Jest da tutti salutato come un capolavoro inarrivabile. Un romanzo che ha dato vita a una nuova epica (ed epoca) letteraria.
Chi ha letto, chi leggerà e chi non ha alcuna intenzione di leggere i romanzi e i saggi e i racconti di Wallace, legga pure Come diventare se stessi. Non è un compendio delle sue opere. Non è un testamento. Non è una profezia. Non è una confessione strappalacrime. Non è una biografia. Come diventare se stessi non racconta i dolori del giovane Wallace, li lascia in nuce. (Lipsky non è tipo che chiede a Wallace: ma quindi perché sei depresso? E questo è già un ottimo motivo per leggere il libro).
Tecnicamente è un'intervista, riportata in modo originale, a gettito. Allargando un po' gli orizzonti, Come diventare se stessi è una forma di abluzione narrativa. Un battesimo del fuoco per due ragazzi (all'epoca dell'intervista Wallace aveva 34 anni e Lipsky 30) che discutono di tutto: da Harry ti presento Sally a David Lynch, dal tennis a Batman, da Jurassic Park a David Letterman, da Alanis Morissette al Nardil. E di amore, e di sesso; e della solitudine e di quanto sia sopravvalutata da chi non ce l'ha. La narrazione è parecchio autorefenziale: una parola molto brutta che se si tratta dell'autore de La scopa del sistema non contiene un giudizio negativo. Anzi.
E' pur vero che Wallace quando non parla della sua vita dice come vorrebbe che fosse (la sua vita) oppure di come pensa che gli altri vorrebbero che (la sua vita) fosse. Cioè è vero che alla fine parla sempre di se stesso. Ma come. Perfino quando racconta dei suoi cani, delle loro deiezioni, uno vorrebbe chiedergli il bis. Dillo ancora. Come fai a vedere queste cose. Da dove vengono, le tue visioni. E appare sulla pagina del libro il volto di Wallace che sembra perdersi in un labirinto che lui stesso ha costruito. Una specie di imbarazzo compulsivo sostentato dagli alambicchi della ragione.
Nelle prime pagine si avverte una certa titubanza. Lipsky, come si deduce nell'introduzione, un po' di ansia da prestazione ce l'aveva, di fronte a una persona che “aveva il dono della caffeina: era di una vivacità affascinante, intensa, travolgente”. Poi il discorso decolla, diventa appassionante. Wallace si scioglie davanti al suo intervistatore e dichiara apertamente che il suo terrore è apparire diverso da quello che è: “Tu non sei mica una persona cattiva, ma questa roba mi fa veramente male, mi rende insicuro. Più visibilità ottengo come persona, più questa mi danneggia come scrittore. Ma a questa intervista ho detto sì, per poter dire no senza sentirmi in colpa a un altro paio di cose che sono molto più nocive. Ecco cosa ci guadagno. E, dopo questa, non credo che ne farò tante altre di cose del genere”.
Subito dopo, in poche ore, sei all'ultima pagina del libro. A quel punto Wallace diventa uno di quegli amici che vorresti chiamare la sera quando non dormi per sentirti vigliaccamente meglio perché lui ti direbbe cose che ti rendono ancora più insonne, ma meno solo.
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David Lipsky, Come diventare se stessi, Minimum Fax 2011, p 440, 18,50 euro
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