Discusso e un po' penalizzato al Festival di Cannes per via delle esternazioni antisemite del suo regista, Melancholia immagina uno scenario fantascientifico e apocalittico. Come le due sorelle protagoniste reagiscono all'avvicinamento di un pianeta che incrocerà la traiettoria della terra, distruggendola
di Marinella Doriguzzi Bozzo
La possente e struggente musica del Tristano e Isotta di Wagner non irrompe nella sala, ma sembra fermare le immagini sullo schermo in una sorta di minacciosa attesa, mentre dall’alto piovono le sagome distorte in cenere di uccelli, simili a foglie. Questo è il prologo del film che, almeno inizialmente, sembra proporsi le vette immaginifiche de Tree of life di Terrence Malick (vedi recensione) mentre è invece in grado di semplificarne lo spirito, senza cadere negli abissi di goffaggine di una pellicola che veniva premiata da quello stesso Festival di Cannes che nel contempo
Il premio Nobel francese scrive un libro breve e terribile, che ricorda il filone post-apocalittico anche se parla del passato. Il posto delle balene è un racconto illustrato che si ispira a un evento vero: un massacro di cetacei in una baia della California
di Giulia Stok
Se si volesse trovare un’anima gemella a Il posto delle balene, ultimo racconto del premio Nobel Le Clézio, sarebbe La strada di Cormac Mc Carthy. Non importa se uno è lungo 500 pagine e l’altro 60 (illustrazioni comprese) non importa se uno è ambientato nel futuro e l’altro nel passato, se in uno le vittime sono gli uomini e nell’altro i cetacei. Entrambi sono post apocalittici, in entrambi si respira l’angoscia della morte del mondo, la nostalgia per un tempo finito, il rimorso per essere arrivati a tanto. Le Clézio racconta un
Ogni mondo cerca di prevedere la propria morte attraverso la cultura e lo spirito dei (suoi) tempi. Lo spiega bene Andrea Tagliapietra nel suo saggio, che insegue l'argomento analizzando opere d'arte, testi e film e muovendosi con grande agilità tra cultura alta e pop
di Nicola Arrigoni
C’è un bel libro che sa intrecciare cultura alta e cultura pop, che sa condurre un discorso sulla fine con un grande rigore argomentativo, ma anche una capacità di leggere con creativa intelligenza il cupio dissolvi non solo nelle elaborazioni filosofiche ma anche nei film come Metropolis, Il settimo sigillo o 2001 Odissea nello spazio. A occuparsene è Andrea Tagliapietra in Icone della fine. "Che si tratti della fine individuale che chiamiamo morte o di quella fine collettiva che nella tradizione occidentale si è intesa vuoi nei termini simbolici