Tuona per qualche ora l’allarme sul web. È giallo e la fantasia corre alla ricerca di indizi, di tracce sulla Carta e il Territorio e, a chi ha...
di Gian Luca Favetto
Io e Noi
Se lo guardo, vedo Stanlio e Ollio. Se lo penso, non ho dubbi: è Stanlio e Ollio. Il pronome io. Una coppia comica, non un solitario pieno di sé. Lo sopporto - e mi sopporto - non prendendolo sul serio. In verità, scritto con questi caratteri, non rende l’idea. Ma se lo immagini, se lo pronunci in testa, quella “i” in genere maiuscola (dunque “I”) e quella “o”: sono o non sono lo Smilzo e il Grassone a braccetto, Cric e Croc, Laurel&Hardy in una sintesi esemplare?
È questo il punto di vista che mi rende simpatico l’io. Punto di vista che mi è tornato in mente, quando ho letto il contributo di Anto a ciò che ho scritto il mese scorso sotto il titolo “Il vero ambientalismo”. Citava la nostra società come la società dell’io dove ormai è scomparso il noi. Difficile contraddirla.
Uno dice io quando si pensa uomo solo al comando. E quasi sempre uno pensa di esserlo o aspira a esserlo o trova ingiusto che gli altri non lo ritengano tale. Più difficile il noi, vissuto come negazione dell’io, con quella perentoria “n” iniziale. E invece: certo che è una negazione, la “n” di noi, ma non di io, bensì di oi; dunque, del contrario di io. Una negazione seguita da un contrario può fare un’affermazione: il non oi è un sì io. Il noi diventa il miglior luogo dove possa crescere e dare frutti l’io. Lo suggerisce la lingua, l’italiano, che è il luogo dove abito, che è le mie radici ben più di un pezzo di terra.
Io diffido di chi dice spesso io io io, di chi getta questo raglio d’asino avanti a tutto. Diffido di chi si accomoda in questo pronome e con l’io comincia ogni discorso. Non è un caso che l’abbia scritto troppo, io, in queste righe. Diffido di me.
Io diffido di chi dice spesso io io io, di chi getta questo raglio d’asino avanti a tutto. Diffido di chi si accomoda in questo pronome e con l’io comincia ogni discorso. Non è un caso che l’abbia scritto troppo, io, in queste righe. Diffido di me.
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Inserito da Gian Luca Favetto - 18 dicembre, 2009 - 18:46
Commenti
arrivo solo ora, ancora
arrivo solo ora, ancora dolorante e con le stampelle, ma arrivo.
a me il discorso io/noi piace vederlo così: siamo in un'orchestra, ognuno di noi è responsabile di uno strumento. se studiamo il nostro strumento, se ci applichiamo per conoscerne le caratteristiche, le difficoltà e i punti di forza e nel contempo cerchiamo di rispettare il tempo e la melodia della nostra partitura, mantenendo vivo in noi il senso del gioco musicale, allora potremo interagire con gli altri strumenti per creare una sinfonia come si deve.
ciò per dire cosa? che se non ci conosciamo come io, se non sappiamo da dove vengono le nostre pulsioni, in cosa assomigliamo ai nostri simili, in cosa i nostri desideri possono ledere la libertà altrui, non ci consociamo come noi. o, come hai scritto qui sopra, "Il noi diventa il miglior luogo dove possa crescere e dare frutti l’io.". viva Beethoven.
Sì, Grazia, hai ragione,
Sì, Grazia, hai ragione, ancora di più perché quel "noi" potrebbe diventare la nuova scappatoia per non riconoscere le proprie mancanze. Una nuova scusa per non lavorare su noi stessi e per riunirci in un noi, grande, titolato, documentato e ricco di valori che possa farci credere all'illusione di poter diminuire il senso di vuoto e piccolezza che viviamo ogni giorno. Sì, una bella favola che si scontrerà e si romperà in mille suoni diversi nella durezza della vita, fino al momento ineluttabile della morte.
È indubbiamente importante
È indubbiamente importante parlare di un noi piuttosto di un io. Ma quando tanti io credono in una linea comune, giusta o sbagliata poco conta, quel noi non potrebbe essere definito come un io allargato? Mi domando questo perché quando le persone accettano senza riflettere sui contenuti, senza fare proprio il pensiero, percependo in superficialità ciò che accade e basandosi su stereotipi e pregiudizi allargati che diventano buon senso, senso comune, piacere di essere che però non è un essere, ma solo un pensare di essere. Cosa posso pensare di quel noi? Mi viene in mente una storia di Findhorn (comunità New Age in Scozia) dove decisero, con un bel noi complessivo, di raddoppiare i prezzi dei corsi. Tutti erano d'accordo all'assemblea, tuttavia un io si sollevo dicendo che era un errore. Nessuno lo badò. Quando i nuovi prezzi furono di dominio pubblico ci fu il crollo quasi totale delle iscrizioni. Solo una storia, nulla di più. Solo per capire meglio cosa è l'io e il noi. Simboli e strumenti che una volontà, forse poco legata all'io e al noi, che se in equilibrio può dare meglio quel senso di buon senso che tanto ci manca. Visto il periodo... Buon Natale a voi tutti.
mi hai spiazzato, mr trame !
mi hai spiazzato, mr trame ! come posso replicare a cio' che hai scritto ? meglio sorvolare.... per il momento.
fuori nevica, fa non poco freddo (si, banale ma vero, la Vita è fatta anche di questo), mi domando se sta nevicando anche nel posto in cui ti trovi in questo momento... mi sento piuttosto triste, sola, anche se in mezzo ad altra gente; una strana sensazione di vuoto, mancanza di qualcosa che dia un vero senso alla mia Vita, una direzione da seguire... forse - spero - la troverò nel corso del tempo.
vuoi un piccolo commento a ciò che hai pubblicato? credo che tutto abbia un significato diverso se si ragiona, se si agisce "al plurale": ci si confronta, si migliora, ci si arricchisce del sapere e l'esperienza dell'altro, ma è anche vero che a volte si è costretti del contrario a causa della solitudine, senza presunzioni.
r.
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