Artisti multimediali, in questa prima personale in un museo pubblico (il Mambo di Bologna), propongono video, fotografie, installazioni sonore e visive. Un ragionamento sullo spazio geografico nella realtà contemporanea, domande interessanti che però troppo spesso restano senza risposta
di Mirko Nottoli
Una cosa va detta, gli allestimenti del Mambo sono proprio belli. Non sarà un’osservazione molto scientifica ma è quello che si pensa ogni volta che si varca l’ingresso. Per la mostra di Zimmerfrei, Campo | largo, ci accoglie una gigantesca rete di nylon che pende dal soffitto per tutta la lunghezza della grande sala e che, illuminata da alcuni fari che cambiano intensità e colore, dal bianco al violetto, crea dei suggestivi giochi d’ombra alle pareti. Qual è il significato? Non lo sappiamo ma fa effetto e comunque un significato lo si trova.  
Decine di spettatori hanno ripreso la stessa esibizione, i filmati amatoriali sono stati montati, il gruppo ha regalato il sonoro ufficiale: è Live in Praha. Esperimento intrigante, ma il risultato com'è?
di Simone Dotto
Il primo punto d’interesse di questa recensione è che, in un certo senso, non si sa bene che cosa si sta recensendo. Come molti suoi omologhi in rete, anche questo “coso” se ne va a spasso senza editore né autore - o, perlomeno, non uno soltanto. Per comodità lo chiameremo Live in Praha ma non è che ci sia un vero e proprio titolo ufficiale. Ciò che però più di tutto rende il nostro un oggetto non identificato è la mancanza di una forma materiale, un supporto fisico che ci aiuti a metterlo in questo o in quel cas
...e poi se la pulisce sulla camicia di Clinton. L'ex presidente americano, in missione nell'isola distrutta dal terremoto con il collega, è protagonista di un gesto ridicolo. Riguardando il video ci chiediamo: è mania igienista o vero razzismo? Ma soprattutto ci consoliamo, pensando che oggi questo è il peggio che può combinare
di Roberto Alajmo
La poliedrica artista giapponese in mostra al Pac di Milano è famosa per i pallini. Che utilizza in tutte le declinazioni possibili
di Silvia Conti
L’avevamo lasciata alla Galleria civica di Modena, portata in Italia per la sua prima antologica dai curatori Angela Vettese e Milovan Farronato. Era il 2007. Due anni dopo, l’artista giapponese Yayoi Kusama è di nuovo in Italia con I want to live forever, una monografica allestita al Pac di Milano, ed è un ritorno molto gradito. Curata da Akira Tatehata e realizzata in collaborazione con la Gagosian Gallery, la mostra inizia già all’esterno del Padiglione d’arte contemporanea: qui la Kusama ha collocato due coloratissime sculture floreali decorate