Elio Capitani e Ferdinando Bruni riportano in scena l'irriverente testo di Alan Bennett, History Boys: la spassosa preparazione di alcuni studenti liceali per il test d'ingresso alle Università di Oxford e Cambridge. Una pièce che i registi hanno saputo riportare in vita magistralmente
di Nicola Arrigoni
The history Boys di Alan Bennett è una pièce esilarante sulla scuola, sulla sessualità, sulla necessità di entrare a far parte dell’élite del sapere e sui rischio di omologarsi al supermarket della cultura - un rischio che l’istituzione scolastica irride con superbia. Elio De Capitani e Ferdinando Bruni – che firmano la regia – hanno dato vita ad uno spettacolo che è un corpo in ebollizione, che vive di un’energia data dal cast di giovani e meno giovani, luogo deputato a criticare con affetto la scuola e i suoi abit
Un college isolato dal resto del mondo crescono dei ragazzini clonati, destinati fin dalla nascita a fornire "pezzi di ricambio" ai loro coetanei. Lo sceneggiatore di The Millionaire Mark Romanek traduce per il grande schermo il romanzo dello scrittore giapponese: ma il risultato è fin troppo fedele all'originale
di Marinella Doriguzzi Bozzo
Da If (1968) a Another country (1984), tanto per citare i primi titoli che ci vengono in mente, l’Inghilterra è di diritto la patria dei collegi cinematografici. Qui siamo nell'imponente residenza di Hailsham: i ragazzi, colti nell’età magica tra le ultime levigatezze dell’infanzia e l’affacciarsi dell’adolescenza, sono tutti belli e curatissimi. Serpeggiano le affinità elettive, che poi diverrano turbamenti e amori, con l’ancoraggio indissolubile delle prime esperienze complici a unire asimmetricamente Kathy, Tommy e Ruth. Ma la