In Fabula suite Lugano, il pianista norvegese prova a suonare le onomatopee. E crea un misto di barocco, folclore nordico e classica contemporanea
di Dario De Marco
C’era una volta l’avanguardia. C’era la voglia di sperimentare, di trovare nuove soluzioni, di uscire dagli schemi: sia nelle arti belle che in quelle meno, come la politica. C’era la capacità - e la possibilità - di sognare utopie, e qualche volta (ma solo nelle arti belle, non in politica) di realizzarle.
Poi vennero gli anni ’80. In politica, ci fu il ripiegamento nel privato, il riflusso. Nelle arti, soprattutto in musica, fece da pendant il ripiegamento nel banale, il reflusso: in altre parole - e con decenza parlando - una roba da vomitare. La giusta reazione agli eccessi dei decenni precedenti, si disse. Ma si era detto così anche del Buce e compagnia festante.
E oggi? Di riflusso, e di reflusso, non si parla più. Cosa vuol dire, che è tutto passato? Che siamo tornati a respirare aria pura? Ma quando mai. Il fatto è che la chiazza di vomito si è estesa, e ha ricoperto il mondo, quindi non percepiamo più la differenza. Sicché poi quando qualcosa ha l’ardire di elevarsi dalla mota, eccoci qua, percossi e attoniti, come davanti al Christian Wallumrød ensemble.
Christian Wallumrød è un allampanato quarantenne norvegese, che suona il piano e altri strumenti a tastiera. È leader di varie formazioni, con le quali propone un jazz molto spinto verso la ricerca. Da qualche anno guida un sestetto dalla curiosa composizione: tromba, violino, violoncello, arpa barocca e percussioni. Dopo The zoo is far (2007), ecco qui Fabula Suite Lugano.
Si sottolinea come, con questo ensemble, Wallumrød abbia abbandonato l’improvvisazione in favore della scrittura. Intanto vorremmo proprio vedere che cosa c’è scritto, su quegli spartiti: saranno cose tipo “sussurra”, “ronza”, “scricchiola”, “fai il verso del caribù in calore”. Perché i pezzi di questo disco, molti e molto brevi, sono distillati impalpabili di suoni, onomatopee musicali che allitterano fin dai titoli: Pling, Blop, Solemn Mosquitoes.
Poi ogni tanto si aprono squarci di lirismo puro: la citazione di Scarlatti Sonata, o l’entusiasmante Jumpa, giustamente riproposta due volte. Ma in generale sono pezzi astratti, che eppure emanano un fascino forte: da un lato hanno la rarefazione tipica dello stile Ecm, dall’altro non indulgono alla mistica della consolazione, anzi, tengono l’ascoltatore in tensione continua.
Niente più jazz per Christian, allora. E quindi, che genere è? I soliti beninformati parlano di un misto di barocco, folklore nordico e classica contemporanea. Chissà. Fatto sta che è bellissimo vedere, nelle plastiche foto del booklet, il batterista che strofina il piatto con un archetto di violino, come è bellissimo sentire un gruppo che tenta di stupire a ogni passo, e ci riesce. Sta’ a vedere, che è tornata l’avanguardia.
Tags: arpa, avanguardia, Christian Wallumrod Ensemble, Dario De Marco, ecm, Fabula suite Lugano, jazz, musica, sperimentazione, The zoo is far,
Christian Wallumrød, Ensemble, Fabula Suite Lugano, ECM 2009, 65 m, Euro 17.90
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