CULTURA
Ipazia, 16 secoli di bugie
La filosofa di Alessandria d'Egitto fu uccisa nel 415 da un gruppo di fanatici cristiani. E' passata alla storia come una martire della scienza, versione femminile di Galileo. Ma la sua vicenda nasconde un mistero ancora più inquietante
di
Luisa Muraro
(Illustrazione di Elide Gramegna)
Ipazia di Alessandria ha un conto aperto con la nostra civiltà che dobbiamo incominciare a pagare.
Parlo, per chi ancora non conoscesse questo nome, della scienziata e filosofa neoplatonica, maestra nel Museo di Alessandria d’Egitto (non un museo, ma un centro di studi superiori) che, nell’anno 415 dell’era cristiana, venne trucidata da un gruppo organizzato di cristiani fanatici. Il delitto restò impunito perché l’inviato imperiale non fece il suo dovere.
Da parte di chi ha a cuore la tradizione religiosa cristiana, io mi aspetto un preciso contributo. Posto che le fonti non consentono di attribuire al vescovo di Alessandria, il futuro santo e padre della Chiesa Cirillo, alcuna responsabilità diretta nella morte violenta della filosofa, si stabiliscano le innegabili responsabilità indirette, nel contesto di una diffusione del cristianesimo che è piena di luci e ombre.
Da coloro che hanno a cuore le grandi conquiste della modernità (libertà di pensiero, pluralismo, libertà di ricerca, valore delle scienze sperimentali), mi aspetto che smettano di strumentalizzare la figura della filosofa deformandola in quella di una martire della libera scienza. Le fonti storiche non autorizzano questa rappresentazione che si alimenta da una serie di stereotipi, già confutati, sulla storia delle scienze e la cultura cattolica. Non si faccia di Ipazia un anacronistico pendant femminile di Galileo. Lei fu indubbiamente una scienziata di prima grandezza e, come Galileo, si dedicò all’astronomia con avanzate tecniche di osservazione. L’analogia finisce qui. La famosa vicenda del processo di Galileo riguarda il protagonista di una svolta epocale nell’idea di scienza, che non ha nulla a che fare con l’epoca di Ipazia, il cui tempo fu agitato da una somma di problemi che non riguardavano la concezione della scienza, se non molto indirettamente. Detto in breve,
Galileo è il campione e il martire del nuovo che avanza. Ipazia è l’esponente di una tradizione secolare (millenaria, se contiamo l’Egitto) e venne schiacciata dal nuovo avanzante, il cristianesimo, che fu anche rivoluzione sociale, non dimentichiamo.
Il mio contributo al pagamento del debito che abbiamo verso Ipazia, consisterà nell’esporre, in forma di racconto basato sulle fonti storiche, le circostanze che portarono alla sua uccisione.
(sopra, Ipazia in un particolare dell'affresco La scuola di Atene, di Raffaello Sanzio)
Di Ipazia non abbiamo una data di nascita, possiamo immaginare che fu intorno al 370. Trascorse la sua vita ad Alessandria; non risulta che abbia fatto viaggi fuori dalla sua città. Le fonti la ricordano come figlia di Teone, scienziato del Museo; di lui fu allieva, collaboratrice e, in un certo senso, successora. Le fonti dicono che lei lo superò. Della sua opera non si è conservato quasi nulla.
Intorno al 375 nacque ad Alessandria anche Cirillo, che crebbe all’ombra dello zio Teofilo cui succedette sul seggio episcopale nel 412. Come lo zio, era un uomo di grande decisione, al limite della spregiudicatezza. Per favorire la Chiesa, Cirillo cercò l’alleanza del prefetto imperiale Oreste, un battezzato anche lui ma poco propenso a schierarsi con i cristiani.
Scoppiarono incidenti, uno gravissimo nel 415: un gruppo di monaci venuti dal deserto (i cosiddetti parabolani) per servire il vescovo, a che titolo non sappiamo, assaltarono il carro del prefetto e riuscirono a ferirlo con una sassata. Il loro capo fu catturato e duramente punito, Cirillo voleva farne un martire ma i cittadini si opposero, compresi alcuni cristiani. Siamo alla vigilia dell’uccisione di Ipazia.
Bisogna sapere che Oreste era un ammiratore della filosofa e aveva preso l’abitudine di consultarla sui problemi della città. All’epoca Alessandria era una città multietnica, abitata da elleni, egizi, ebrei, costellata da vari edifici religiosi: sinagoghe, templi alle divinità greche ed egizie, chiese cristiane. Il gruppo dominante è costituito dagli elleni (gli abitanti di origine greca), molti dei quali stavano passando al cristianesimo, che era diventato la religione dell’imperatore. Ipazia, che apparteneva a questo gruppo sociale, non era cristiana. Fra i suoi allievi aveva tuttavia dei cristiani, come Sinesio, il futuro vescovo di Cirene, che la chiamava “madre” e “patrona”, e su di lei ha lasciato una preziosa testimonianza scritta.
Le fonti raccontano che un giorno il vescovo Cirillo si trovò a passare nei pressi della casa di Ipazia e notò un assembramento di carri, lettighe e guardie.
“Di chi è quella casa? Che cosa sta succedendo?”
“È la casa della filosofa Ipazia – gli rispose uno del seguito - quelli che vedi, sono i curiali del prefetto, lui deve essere venuto con altri a salutarla e ad ascoltarla”.
Il vescovo, possiamo immaginare, sentì una fitta penosa nell’anima. Per certo il nome di quella donna, famosa in città, non gli era nuovo. Nuovo fu per lui scoprire che il prefetto si degnasse di farle visita, dopo che aveva rifiutato l’offerta fatta da lui, Cirillo, che era un uomo e un vescovo. Le fonti ci autorizzano a immaginare anche il pensiero che seguì a quel penoso, ma così umano! sentimento: “Ad Alessandria le cose andrebbero meglio se io e il prefetto fossimo amici. Io e il prefetto non siamo amici per colpa di Ipazia che si è messa di mezzo e ha attirato Oreste nella sua orbita”.
Questo è l’antefatto. Il fatto è che un giorno del marzo 415 un gruppo di parabolani, guidati da un tale di nome Pietro il lettore, sequestrò Ipazia, la portò in una chiesa e qui, al chiuso, la trucidarono usando strumenti taglienti che non erano coltelli, forse pezzi di vetro o di conchiglia. Poi ne portarono i resti in una località, il Cinarone, forse assegnata alla eliminazione di materie di scarto con il fuoco, e qui li bruciarono.
Da questo insieme di fatti risulta che Ipazia, se siamo alla ricerca di un titolo da dare alla sua morte, fu principalmente una martire politica.
Colpita per colpire il prefetto imperiale, è la prima supposizione, Ma, se allarghiamo lo scenario storico, le circostanze suggeriscono piuttosto che lei fu eliminata perché disturbava, con la sua indipendenza, l’antagonismo fra due poteri, quello imperiale e quello ecclesiastico, che erano anche due uomini, Oreste e Cirillo, e impediva così che i due poteri e i due uomini arrivassero a trovare un compromesso per una conveniente alleanza. A ciò si aggiunga un senso di rivalità del capo della Chiesa alessandrina nei confronti di quella donna che, stando alla testimonianza di Sinesio, aveva l’autorità di una sacerdotessa. La filosofa e il vescovo erano entrambi sprovvisti del potere della forza; l’efficacia della loro azione dipendeva dall’autorità della loro parola e dal credito di cui godevano presso i detentori del potere politico.
Sicuramente contarono anche altre circostanze, fra cui il conflitto tra la cultura del mondo antico declinante e la nuova religione cristiana, purchè abbiamo chiaro che il conflitto non si configurava come un antagonismo e che la vittoria del cristianesimo era ormai evidente.
Contò il fatto che non di un filosofo si trattasse, ma di una filosofa? La domanda va riformulata, considerato che non esistono culture in cui la differenza sessuale sia indifferente. Quanto contò, nella vicenda di Ipazia? E abbiamo noi modo di stabilirlo? Senza addentrarci, consideriamo che la nascente religione cristiana, a differenza di quella grecoromana e di quella egizia, non rendeva pensabile e accettabile una donna con le prerogative di Ipazia, libera di sé, non subordinata a partiti o fazioni, presente e parlante in luoghi pubblici, sapiente, maestra dotata di una parola autorevole per donne e uomini.
Questa considerazione ci porta ai nostri tempi per costatare che il tipo umano femminile incarnato da una Ipazia non ha corso nella nostra cultura, forse perché essa deriva dalla versione cristiana del patriarcato. Il che ci fa capire il perché di certi stereotipi laici o laicisti: questi stereotipi resistono e si ripresentano per non poter ammettere che quello che faceva veramente problema ai cristiani di Alessandria, continua a fare problema anche ai nostri giorni, e non solo ai “cristiani”! Voglio dire che gli stereotipi anticlericali con cui si accosta la figura e la vicenda di Ipazia (Chiesa nemica della scienza, della ragione, delle donne) sono fatti per coprire una certa coda di paglia.
Tags:
Agorà, Alejandro Amenàbar, alessandria, chiesa, cristianesimo, donne, egitto, filosofia, galileo, ipazia, Luisa Muraro, martire, Rachel Weisz, san cirillo, scienza, weekend,
11 Dicembre 2009
Oggetto recensito:
la filosofa ipazia di alessandria
I libri: su Ipazia il libro da leggere è quello di Gemma Beretta,
Ipazia d’Alessandria, Editori Riuniti, Roma 1993, purtroppo esaurito: perché non lo ristampano? Di buona qualità scientifica ma rese difficili dalla densità della scrittura, le pagine di Silvia Ronchey,
Ipazia l’intellettuale in A. Fraschetti (a cura di),
Roma al femminile, Laterza, Roma-Bari 1994.
Il film: in Italia stiamo aspettando il film Agorà di Alejandro Amenàbar, dedicato a Ipazia, che manca di un distributore italiano. Il ritardo sta suscitando sospetti di censura.
(nell'immagine sopra, Rachel Weisz in una scena del film)
Update: il film è finalmente uscito, leggi la recensione
giudizio:
Commenti
Il mio commento all'anonimo,
Il mio commento all'anonimo, non è stato gradito? Gradirei sapere per capire. Grazie. Mario Esposito
ma per carità! non usiamo
ma per carità! non usiamo censurare. si era semplicemente perso in un mare di messaggi spam. ora l'abbiamo recuperato. grazie per la pazienza
non possiamo fare un paragone
non possiamo fare un paragone fra Ipazia e Galileo, in qunto vissero in contesti estremamente diversi : la prima al tramonto di un impero, il secondo nel contesto del rinascimento(europeo), anche se sotto il giogo di una immanenza clericale, non nata a caso, ma preparata nei secoli da personaggi come il vescovo Cirillo; a proposito di tale individuo, mi sembra molto strano che abbia preso tale carica da suo zio Teofilo: come se fossa qualcosa di trasmettibile da parente a parente. La verità è che il cristianesimo (di Paolo) fu qualcosa di estremamente diverso da quello di Gesù e che morì con lui: quello di Paolo fu un precisop disegno di potere religioso che si sostituì al paganesimo che tese a debordare dai suoi confini spirituali per farsi qualcosa che si identificasse con lo stato : per nulla diverso nella sua struttura dall'ebraismo (da cui in cristianesimo di Saulo fu una costola). In tale disegno lo spirito libero di una figura(per giunta femminile) come quello di Ipazia dava fastidio in quanto incitava a pensare, anzicchè ciecamente credere....e credere quelli come Cirillo, i cui eredi sarebbero stati gli espopnenti dell chiesa, un clero oscurantista fondamentalista che tanto male avrebbe fatto nel mondo ed a cui lo stesso Galileo dovette sottometersi, abiurando, almeno in apparenza alle sue teorie.
Invito a leggere senza
Invito a leggere senza isterie laiciste: quelle si che hanno provocato milioni di morti.
Ipazia, la verità e le bugie ideologiche
di Moreno Morani05-02-2011 Ipazia. La vera storia è il titolo del libro di Silvia Ronchey, e la fascetta editoriale porta questa frase di Umberto Eco: «Una bizantinista, che sa lavorare sui documenti, racconta la vera storia di Ipazia – che non è meno affascinante delle leggende». Un programma impegnativo, dunque: ridare i contorni storici a una figura in cui storia e leggenda si mescolano in modo inestricabile.
Perché dell’Ipazia storica sappiamo poco, e tra la penuria di documenti storici e la mole di libri scritti su di lei la sproporzione è schiacciante. Tra l’Ipazia della storia e le sue proiezioni, quasi sempre avvelenate dalla volontà di usarla come simbolo (martire del libero pensiero, dell’intolleranza cristiana, del femminismo, della scienza, e via dicendo), sono le seconde a risultare vincenti. Nei buchi della storia si inserisce facilmente l’ideologia. La Realencyklopädie di Pauly-Wissowa, il monumentale repertorio in diverse decine di volumi che raccoglie tutto ciò che sappiamo del mondo antico, elenca in poche colonne le scarne notizie che ci restano, e nota che già nei testi più antichi si assiste al formarsi del «romanzo di Ipazia, che proliferò in modo lussureggiante».
Chi fu veramente Ipazia? Nessuna fonte risponde in modo soddisfacente alla domanda. Fu un personaggio di primo piano dell’élite culturale alessandrina del V secolo, uccisa durante un tumulto da un gruppo di cristiani fanatici sobillati da un certo Pietro il lettore. Le modalità e le circostanze dell’uccisione non sono ben chiarite dalle fonti antiche, che le espongono in modo incerto e discordante. Il mondo tardo-antico è un crogiolo di tensioni, e Alessandria, importante e agiato centro che ha alle spalle una prestigiosissima tradizione culturale, ma anche una tradizione di disordini e di violenze, è un microcosmo in cui i contrasti anziché attutirsi si dilatano. Vi è un contrasto sempre meno latente tra la Chiesa, naturalmente gelosa delle sue prerogative, e i rappresentanti del potere imperiale. Tra i cristiani vi sono drammatiche lacerazioni interne di eresie e sette.
Ai margini della chiesa vi sono frange di estremisti (laici e monaci), inclini a scendere in piazza e a menare le mani più che a pregare. Il paganesimo vive le sua stagione declinante, le scuole filosofiche pagane esprimono i loro ultimi pensatori. Vi sono gli ebrei (coi quali la tensione è altissima), vi sono gli gnostici, che organizzano parodie di culti cristiani nei giorni stessi delle festività cristiane, e forse vi sono anche i buddhisti. Sono accentuati i contrasti, ma esistono anche momenti di reciproca integrazione. Il pensiero cristiano apprezza e fa propri molti motivi del neoplatonismo, e vi sono persino episodi di sincretismo.
Nel 415, quando Ipazia viene uccisa, vescovo di Alessandria (una sede episcopale che aveva potuto sperimentare dal vivo la crudezza delle lotte con l’arianesimo, nelle quali il potere imperiale era intervenuto pesantemente, favorendo gli ariani e costringendo il vescovo Atanasio a un esilio temporaneo) è Cirillo, uomo energico e di straordinaria dottrina, autore di un numero impressionante di scritti (nessun altro autore della Grecità cristiana scrisse quanto lui), in prima linea nella difesa dell’ortodossia contro l’eresia monofisita, che sosteneva la presenza in Cristo di due nature distinte, umana e divina, e limitava la maternità di Maria alla sola natura umana. Allo zelo dottrinale non sempre corrispose un equilibrio nella guida della diocesi: gli viene rimproverata una serie di atti imprudenti ed eccessivi, e soprattutto il fatto di non avere preso sufficientemente le distanze dalle frange fanatiche.
Da questo a farne il mandante dell’uccisione di Ipazia ne corre. Il libro della Ronchey, arricchito da un apparato critico straordinariamente ampio (pp. 195-292), dà una panoramica delle fonti antiche e delle riletture moderne. Alle lacune della documentazione fatalmente lo storico è portato a sopperire con congetture e ipotesi, sulle quali purtroppo si costruiscono altre ipotesi. Questo vale, ad esempio, per la sopravvalutazione dei meriti filosofici di Ipazia, rispetto ai quali gli antichi sembrano piuttosto scettici («donna versata nella matematica, ma non meritevole del nome di filosofo» dice il pagano Damascio).
Sul suo pensiero non sappiamo nulla di nulla: da dove trae la Ronchey la certezza che Ipazia «cercava la verità, amava il dubbio, detestava la manipolazione» (p. 11)? Se il proposito è quello di ricostruirne la figura «in modo non settario. Di leggere la sua storia in maniera autenticamente laica e libera: per quanto possibile, vera» (p. 12), il risultato non sempre corrisponde all’intento. Un solo esempio. La Storia Ecclesiastica di Socrate Scolastico costituisce una fonte primaria per la ricostruzione degli avvenimenti. Secondo la Ronchey (p. 60) «anche per il cristiano Socrate fu una non piccola infamia questa compiuta da Cirillo e dalla chiesa di Alessandria». Ma il testo non dice così. Precisamente vi si legge: «Questo fatto produsse una non piccola infamia per Cirillo e la chiesa di Alessandria».
Quindi nessuna palese intenzione accusatoria nei confronti del vescovo: semplicemente la segnalazione che l’uccisione di Ipazia dilatò un’immagine negativa della chiesa di Alessandria e del suo vescovo. La Ronchey non ha esitazioni: «Cirillo fu colpevole della morte di Ipazia? Certo» (p. 133). Nemmeno il beneficio del dubbio! Come è poco garantista il pensiero laico, arroccato nelle sue certezze aprioristiche! Soprattutto, si richiederebbe allo storico moderno un minimo di prudenza, quando affronta fatti così delicati e dai contorni così incerti. A quanto pare, il fatto che l’insinuazione della responsabilità (o corresponsabilità) di Cirillo non compaia nelle fonti più antiche e si affacci solo più di un secolo dopo i fatti non sembra rilevante.
Forse le fonti successive si sono rifatte a tradizioni orali, ma nel contesto specifico dire “tradizionale orale” non è molto diverso dal dire “diceria popolare” e magari “calunnia”. La Ronchey ritiene sconcertante (p. 90) che nella voce Cirillo d’Alessandria dell’Enciclopedia Cattolica si legga che «non si può imputare a Cirillo questo assassinio». In realtà anche altri grandi repertori non cattolici arrivano alle stesse conclusioni, a partire dalla citata Pauly-Wissowa, che elenca le fonti e ne presenta con inappuntabile rigore critico il carattere poco attendibile, contraddittorio e incline all’amplificazione, e sottolinea l’inverosimiglianza di alcune affermazioni (p.es. la tesi di Damascio della gelosia di Cirillo per la cultura e il carisma di Ipazia).
E comunque, perché la Ronchey ha una fiducia così granitica delle sue convinzioni, tanto da ritenere che ogni interpretazione non collimante con la sua sia scandalosa? L’enfasi sul fatto che fu «il cattolicesimo ottocentesco a promuovere Cirillo dottore della Chiesa … nel 1882 … da Leone XIII, un papa ossessionato dal nuovo paganesimo rappresentato dalla massoneria» (p. 91) è fuori luogo. Il titolo di dottore della Chiesa fu conferito a Cirillo in grazia della sua dottrina sull’Incarnazione e sulla Maternità di Maria (sostenne la formula “Maria Madre di Dio” contro la formula nestoriana “Maria Madre di Cristo”), e non ha nessun riferimento con la sua attività politica. Per la Ronchey «il monofisita Cirillo sarà fatto santo. Il suo fantasma di eresiarca intoccabile sopravviverà implacabilmente» (p. 35).
Ma da dove ha ricavato l’idea che Cirillo sia monofisita, quando sia la chiesa cattolica (si veda la Catechesi di Benedetto XVI del 3 ottobre 2007) sia le chiese ortodossa, copta, armena hanno riconosciuto in lui un intransigente paladino dell’ortodossia, gli anglicani ne hanno fatto uno dei “Maestri della fede”, e la liturgia siriaca lo saluta come «torre di verità e interprete del Verbo di Dio fatto carne»? Se la Ronchey protesta più volte sulla pretesa della Chiesa di ingerirsi in ambiti che non le competono, a maggior ragione dovrebbe astenersi dall’intervenire su questioni ecclesiali: che autorità ha per stabilire chi è eretico e chi non lo è? La Ronchey parla di una «generale e millenaria omertà della Chiesa di Roma» e lamenta che «nonostante le scuse e le richieste di perdono dispensate un po’ a tutti tra la fine del ventesimo e l’inizio del ventunesimo secolo» (pp. 92-93) non vi sia mai stata una richiesta di perdono per Ipazia e una presa di distanza da Cirillo. Ma di che cosa dovrebbe chiedere perdono la Chiesa di Roma?
Se un gruppo di cristiani fanatici di Alessandria in un contesto di tensione estrema ha ucciso barbaramente una donna, si tratta sicuramente di un crimine deplorevole, ma che responsabilità può avere la Chiesa di Roma? Quanto al vescovo, posto che nessuna prova positiva si ha della sua corresponsabilità, e al massimo gli si possono imputare imprudenze nell’azione temporale, è compito della Chiesa dispensare giudizi su questioni di natura storica che tocca agli studiosi ricostruire e interpretare? Riassumendo, il libro presenta un esame molto ampio del materiale, ma, sotto il manto di una obiettività solo apparente, fornisce in realtà una lettura dei fatti viziata da un atteggiamento di fondo (ribadito con insistenza quasi ad ogni pagina) pregiudizialmente ostile alla realtà ecclesiale. Questo, ovviamente ne fa un libro di parte e ne sminuisce l’affidabilità.
L'anonimo che scrive,
L'anonimo che scrive, dimostra di non essere uno sprovveduto; e allora perché non vantarsi del proprio sapere? E' un prete? Vive sempre nell'ombra? (Mi puzza!) A questo punto è da preferire -e di gran lunga- il giudizio sintetico di Umberto Eco. A proposito "dell'isteria laicista che ha provocato milioni di morti." come scritto dall'anonimo; ha dimendicato (non ignorando!) le barbarie commesse dalla "santa chiesa"? In nome di Dio e nel segno della croce, quanti sono i morti? Ma quelle sono cose da dimenticare... Personalmente credo che: "L'invenzione umana che più ha reso e rende, spendendo soltanto parole, è l'invenzione di Dio." Se esistesse, si sentirebbe umiliato e offeso al solo pensiero che i suoi rappresentanti in terra, paludati (da voltastomaco!) predicano castità, umiltà e povertà (ai fessi!) e vivono con ogni confort, inavvicinabili; difficilmente ne resterebbe uno col fondo schiena tutto intero. Mario Esposito
Ogno cristiano, come ogni
Ogno cristiano, come ogni credente in qualsiasi religione, è una spora del più nefando cancro che ammorbi il genere umano. Ognuno di loro non lo può sapere e, quindi, sente soggettivamente di vivere nella " verità". Jung ha scritto che si crede quando non si sa; se infatti conosco non ho bisogno di credere. E' questo che fanno i poveri di spirito: riempiono con la fede una carenza di sapere. L'uomo libero accetta la propria ignoranza e, tuttalpiù, cerca con la ragione e i propri sentimenti, di superarla. L'uomo credente cerca di superare le proprie paure ( che nascono dall'ignoranza ) con l'alleanza di un essere superiore, indulgente e misericordioso, pronto a proteggerlo e perdonarlo. Con questo partorisce (fuori da se, riconoscendogli vita propria ) dei e demoni, in modo che siano loro, solo loro, i veri tenutari del bene e del male. L'uomo libero si confronta ogni giorno della propria vita con quegli stessi dei e demoni che vivono dentro ognono di noi, accettando il lavoro che ne deriva. Lo fa perchè VUOLE essere il responsabile di se stesso, nella ricerca sempre responsabile di scegliere secondo la propria coscienza. Certo, ammetto che sia una vita più dura, senza un superpadre misericordioso e protettivo; ce n'è poi per tutti i gusti: superzii, superzie, supermadre, senza contare preti e monache, con il gran capo in testa. Ma questa è un'altra storia immonda come i compromessi politici e la ricerca avida del mantenimento del potere. Costi quello che costi. Finisco con lo sfogo di Galilei: " eppur ( qualcosa ) si muove."
Sergio, gran bel commento. Mi
Sergio, gran bel commento. Mi hai aiutato a comprendere meglio me stesso.
Grazie di averlo scritto.
Grazie di averlo scritto.
Decisamente subdolo come
Decisamente subdolo come articolo visto lo sforzo inutile di salvare il cristianesimo dalle sue colpe. Inoltre articolo, che pretende di parlare di fatti storici, omette volutamente la verità come quando nell'articolo viene scritto che "Cirillo voleva farne un martire ma i cittadini si opposerro" facendo passare il messaggio che ciò non avvenne mentre in realtà Cirillo elevò a rango di martire Ammonio cambiandogli il nome in Thaumasios che voleva dire "ammirevole".
Altro che 16 secoli di bugie..qui si continua ancora a mentire in maniera subdola e volgare.
Coda di paglia? Non diciamo
Coda di paglia? Non diciamo sciocchezze per cortesia! La coda di paglia ce l'ha la chiesa! Abbiamo per caso dimenticato le 2 milioni di donne ammazzate nel cinquecento perché ritenute streghe? Questa è una delle tante azioni spregevoli, disumane, irrazionali compiute dalla chiesa. Non si faccia passare l'idea che Ipazia sia morte solo per motivazioni politiche! Era una donna e una filosofa; uno di quegli esseri umani che ha avuto il magnifico dono di avere uno spirito acuto e una mente aperta! la filosofia è sempre stata scomoda alla religione che, d'altra parte, non ha fatto altro che poggiare sulle debolezze umane e intorpidire i pensieri.
Scusate: forse non ho capito
Scusate: forse non ho capito bene la conclusione... Si ventila l'ipotesi che la Chiesa NON sia nemica della scienza, della ragione, delle donne?
Non si può scoprire la verità
Non si può scoprire la verità se si è dentro una credenza religiosa poichè la verità non va adorata ma cercata in se stessi. Ogni religione impedisce all'uomo di scoprire la verità perché l'uomo preferisce essere guidato e comandato dai capi che sceglie perché in essi trova sicurezza e un punto di riferimento perché incapace di autogovernare la propria vita. Ipazia è un grande esempio di libertà e coraggio di cercare la verità da sola ecco perché è stata fatta a pezzi, perché la vita distorta odia tutto ciò che è vivo perché non è più capace di esprimere la vera vita. Ciò che è distorto odia ciò che è vivo, ecco perché i rapporti umani sono così complicati. Alla luce di questo ognuno donna o uomo può scoprire la verità da soli sempre se ha il coraggio di affrontare la propria distorsione.
Non si può scoprire la verità
Non si può scoprire la verità se si è dentro una credenza religiosa poichè la verità non va adorata ma cercata in se stessi. Ogni religione impedisce all'uomo di scoprire la verità perché l'uomo preferisce essere guidato e comandato dai capi che sceglie perché in essi trova sicurezza e un punto di riferimento perché incapace di autogovernare la propria vita. Ipazia è un grande esempio di libertà e coraggio di cercare la verità da sola ecco perché è stata fatta a pezzi, perché la vita distorta odia tutto ciò che è vivo perché non è più capace di esprimere la vera vita. Ciò che è distorto odia ciò che è vivo, ecco perché i rapporti umani sono così complicati. Alla luce di questo ognuno donna o uomo può scoprire la verità da soli sempre se ha il coraggio di affrontare la propria distorsione.
Scusate, ma trovo questa
Scusate, ma trovo questa recensione parecchio discutibile. Prima ci viene scritto in grassetto che "le fonti non non consentono di attribuire al vescovo di Alessandria, il futuro santo e padre della Chiesa Cirillo, alcuna responsabilità diretta nella morte violenta della filosofa", però poi l'umanissima fitta penosa nell'anima del vescovo la possiamo immaginare noi. Ma per favore!
vorrei sapere se esistono
vorrei sapere se esistono testi greci, arabi o bizantini da cui si possano trarre notizie storiche sulle opere di Ipazia. Per quanto attiene alla vicenda della sua morte ad opera o su istigazione di Cirillo, anche quì quali sono le fonti storiche?
Da storico ed archeologo
Da storico ed archeologo avrei molto da ridire sul presente articolo, che manifesta una faziosità di fondo nell'affermare che il cristianesimo sia stata una rivolta sociale. La verità è che il cristianesimo è stata una religione che ha giocato sulle debolezze umane, come è chiaramente riproposto nel film, e che ha preso il potere con i giusti appoggi politici (non dimentichiamo gli editti imperiali che imponevano la distruzione delle biblioteche, dove i testi dimostravano che i cristiani mentivano, non dimentichiamo le ordinanze di Teodosio e successori alla distruzione dei templi, alle innumerevoli condanne a morte protratte dagli imperatori contro questi pagani che continuamente risorgevano nonostante le persecuzioni nei loro confronti!) Ipazia non era una scienziata come intendiamo noi oggi la scienza, ma che lei fosse una pitagorica, che insegnasse nell'accademia di Alessandria, che si basasse sulle intuizioni di Aristarco di Samo ecc. ecc. è tutto vero. Certo nel film si esagera quando la si vuole precurtrice di Keplero, ma che ad Alessandria si sapeva che il mondo era rotondo (in epoca ellenistica Eratostene calcola il meridiano terrestre!) non è un falso storico. Il falso storico l'hanno creato coloro i quali, intenzionalmente, hanno distrutto tutte le biblioteche per imporre la loro visione in maniera incontrastata.
Care tutte \ tutti, vi posso
Care tutte \ tutti, vi posso dare una buona notizia: il film sarà distribuito in Italia da Mikado, con uscita prevista per il 30 aprile prossimo. Per un elementare fair play, vi dico subito che lavoro per Mikado, quindi non aggiungo commenti sul film. Spero andiate a vederlo e sono fiducioso non deluda le vostre aspettative.
Grazie ad Andrea e grazie a
Grazie ad Andrea e grazie a Mikado...io invierò tutti i miei studenti...e farò in modo che il film abbia un gran pubblico...speriamo che l'autrice dell'articolo, vedendo il film, scriva poi qualcosa di meno confuso...
Non avevo dato il giudizio
Non avevo dato il giudizio sull'articolo...sono d'accordo con Giovanni Giannone...un ombrello...sono tornata su questo sito perché volevo vedere se c'era un po' di mobilitazione per far venire il film in Italia
Giovanna Campani
Prim di tutto il film é
Prim di tutto il film é bellissimo ed é una vergogna che non venga proiettato in Italia. Penso anche che un movimento femminista che si rispetti dovrebbe come minimo mobilitarsi per far venire il fil in Italia o organizzare proiezioni private. Il film é molto accurato dal punto di vista storico e non fa assolutamente di Ipazia una martire della scienza...mostra la grande curiosità intellettuale di Ipazia, una donna, nella tradizione ellenica -certo con gli strumenti tecnici dell'epoca. Nel film é chiarissimo che Ipazia é una martire politica, che resiste come rappresentante di una cultura che il cristianesimo sta spazzando via. La questione femminile é uno dei vari elementi di questa realtà complessa. L'articolo é profondamente irritante nel suo "giustificazionismo" dells vicenda storica del cristianesimo. Il film é invece accuratissimo nell'illustrazione dell'epoca storica: che il cristianesimo sia una rivoluzione sociale, il film lo illustra molto bene -non mi pare però che nessuno giustifichi it Terrore di Robespierre o i massacri successivi alla Rivoluzione Russa, che sono state delle rivoluzioni sociali. Il massacro degli Ebrei di Alessandra, ben illustrato nel film é un fatto storico -che la storiografia ebraica ricorda e che Luisa Muraro poteva forse ricordare. Che il cristianesimo si sia imposto nella violenza e non nella pace e con i martiri é storia-per troppo tempo negata.
per chi volesse approfondire
per chi volesse approfondire l'argomento o conoscere altri aspetti della vita di Ipazia può trovare in libreria una recente pubblicazione edita dalla casa editrice La Lepre
Pette Adriano,Colavito Antonino
IPAZIA.VITA E SOGNI DI UNA SICENZIATA DEL IV SECOLO
Molto intrigante e
Molto intrigante e illuminante questa presentazione di Ipazia. Ma perché, tra i libri pubblicati, non compare minimamente quello di Adriano Petta, uscito presso l'editrice LA LEPRE? Ci saranno dei motivi seri se luisa muraro decide di non citarlo. Mi piacerebbe molto conoscerli. Pasquale Iannamorelli
Molto intrigante e
Molto intrigante e illuminante questa presentazione di Ipazia. Ma perché, tra i libri pubblicati, non compare minimamente quello di Adriano Petta, uscito presso l'editrice LA LEPRE? Ci saranno dei motivi seri se luisa muraro decide di non citarlo. Mi piacerebbe molto conoscerli. Pasquale Iannamorelli
C'era da aspettarselo.
C'era da aspettarselo. Giordano Bruno, Galileo Galilei, ed ora anche Ipazia. In fin dei conti la colpa è stata loro se non si sono piegati alle idee progressive e innovatrici del cristianesimo. Comunque l'articolo diventa addirittura comico alla fine quando afferma "Voglio dire che gli stereotipi anticlericali con cui si accosta la figura e la vicenda di Ipazia (Chiesa nemica della scienza, della ragione, delle donne) sono fatti per coprire una certa coda di paglia", e si dimentica ciò che ha scritto poche righe prima:"la nascente religione cristiana, a differenza di quella grecoromana e di quella egizia, non rendeva pensabile e accettabile una donna con le prerogative di Ipazia, libera di sé, non subordinata a partiti o fazioni, presente e parlante in luoghi pubblici, sapiente, maestra dotata di una parola autorevole per donne e uomini."
Solo una
Solo una riflessione, utilizzare il genere per interpretare le vicende storiche , anche quelle nelle quali il sopruso è evidente ,mi sembra spesso un alibi ... Mi spiego : la legge in realtà è ancora e sempre quella del più forte , del più furbo , di chi insomma ricerca il proprio tornaconto , di volta in volta politico ,economico , in tutti i modi in cui si esprime il potere. La volontà di potenza di Adleriana memoria in perenne conflitto con la necessità di socializzare e cooperare... Ipazia suscita interesse per ciò che rappresenta , la martire all'incontrario , una donna sapiente , il passato che soccombe al futuro? Non so la storia mi sembra a volte un immenso "colino" che lascia passare solo stereotipi ...
L'autrice sostiene che il
L'autrice sostiene che il pregiudizio patriarcale vigente allora sia lo stesso vigente oggi. Come non essere d'accordo? A quell'epoca, come oggi in Occidente, la religione dominante era - ed e' - il cristianesimo! Ed e' stato proprio il cristianesimo ad introdurre l'nsofferenza misogina verso le donne che non sanno stare ''al loro posto'', che e' quello loro assegnato dalla Chiesa. La sua tesi e' intrinsecamente contraddittoria. La mancanza di imparzialita' dei difensori d'ufficio della Chiesa e' sconcertante, ma rientra perfettamente in una tradizione della quale i gesuiti sono stati i principali esponenti...
L'autrice dell'articolo -
L'autrice dell'articolo - filosofa - fornisce un'ulteriore dimostrazione che il nobile esercizio della filosofia mal si concilia con l'adesione ad una qualsiasi religione (nel suo caso quella cristiano/cattolica).
L'autrice dell'articolo -
L'autrice dell'articolo - filosofa - fornisce un'ulteriore dimostrazione che il nobile esercizio della filosofia mal si concilia con l'adesione ad una qualsiasi religione (nel suo caso quella cristiano/cattolica).
Ipazia era una donna e come
Ipazia era una donna e come tale doveva essere negata,la sua unica colpa è stata quella di avere cuore e cervello perfettamente sincronizzati, di essere diversa e quindi pericolosa, a quanto pare, leggendo l' articolo, il maschilismo è ancora dominante, siamo nel terzo millennio e l' ESSERE DONNA fa ancora paura, disturba, non è questione di religione, che siano atei, che siano religiosi, che siano quel che siano, gli uomini adottano lo stesso atteggiamento, fa comodo, il patriarcato è unanime e non conosce bandiera. Il fallo è duro a morire.
Ipazia era una donna e come
Ipazia era una donna e come tale doveva essere negata,la sua unica colpa è stata quella di avere cuore e cervello perfettamente sincronizzati, di essere diversa e quindi pericolosa, a quanto pare, leggendo l' articolo, il maschilismo è ancora dominante, siamo nel terzo millennio e l' ESSERE DONNA fa ancora paura, disturba, non è questione di religione, che siano atei, che siano religiosi, che siano quel che siano, gli uomini adottano lo stesso atteggiamento, fa comodo, il patriarcato è unanime e non conosce bandiera. Il fallo è duro a morire.
L'autrice dell'articolo -
L'autrice dell'articolo - filosofa - fornisce un'ulteriore dimostrazione che il nobile esercizio della filosofia mal si concilia con l'adesione ad una qualsiasi religione (nel suo caso quella cristiano/cattolica).
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