E' Lu Colombo, ex voce della nostra musica dance, a recuperare l'arte smarrita di importare canzonieri di autori a noi poco noti. Joaquin Sabina è una vera pop star del cantautorato spagnolo e Molto più di un buon motivo riprende alcuni dei suoi brani con la rilettura più o meno libera ma sempre abile di Sergio Sacchi
di Marco Buttafuoco
Avrei voluto, confesso la presunzione, dedicare parte di questa recensione all’arte nobile del tradurre. Ma il bel pezzo di Giuseppe Grattacaso, 'Diario di un traduttore', sul lavoro di Roberto Deidier, mi ha tolto un po’ di terreno sotto i piedi. In effetti conviene limitare il raggio d’azione e constatare che la pratica del tradurre canzoni sembra un po’ in crisi in Italia. Per tutti gli anni ’60 e per gran parte dei 70 le cosiddette "cover" erano molto di moda fra i nostri autori. Anche grandi artisti vi si erano cimentati. De Andr&egrav
Gli incontri e gli amori con gli scrittori che si sceglie di trasporre in altra lingua, lungo un percorso coerente ma mai scontato. Perchè “sono i testi a scegliere noi, e non il contrario”. Il poeta Roberto Deidier racconta così la sua professione, bella e difficile, tra le confessioni di un libro intitolato Gabbie per Nuvole.
di Giuseppe Grattacaso
Che l'atto del tradurre finisca inevitabilmente per tradire un testo e, di conseguenza, le intenzioni dell'autore, è cosa ormai nota. C'è da aggiungere che il traduttore, nella scelta dell'opera che vuole trasferire in altra lingua e nelle preferenze linguistiche e stilistiche per le quali opta, non può che a sua volta tradirsi, mettere a nudo cioè i suoi amori letterari, i percorsi interiori che ad essi conducono, le proprie predilezioni, molto spesso anche passioni e angosce personali. Mi ha fatto pensare a questo - e a come ogni traduzione operata da uno s
L'uscita della traduzione di Lo Sciamano ci parla, con Stefano Dallari, è un buon pretesto per introdurre la figura di Riccardo Bertani, conoscitore di religioni e culture lontane e studioso dei flussi migratori di popoli e lingue. Tutto senza mai muoversi dai campi della pianura reggiana.
di Marco Buttafuoco
A Campegine, nella pianura reggiana, vive uno dei più singolari intellettuali che sia dato di incontrare. Si chiama Riccardo Bertani, ha ottantuno anni ed è, come dice la sua carta d’identità, un contadino. In realtà da decenni, nella sua densa solitudine di autodidatta visionario, si dedica ad intensi studi di glottologia e di culture popolari. I suoi occhi chiari guardano lontano, fino alle grandi tundre siberiane. Bertan capace di leggere un centinaio di lingue (il longobardo e l’etrusco fra le altre) è uno dei maggiori esperti, riconosciuto an
Nel suo ultimo romanzo l'autore di Espiazione racconta di uno scienziato mediocre ma potente che per inerzia arriva a delinquere: una grande abilità a dipingere la banalità del male, ma ormai è sempre la stessa storia
di Alessandra Montrucchio
Michael Beard è uno di quegli uomini che ci meravigliamo di vedere accanto a donne belle e giovani: tracagnotto, pelaticcio, quasi vecchio. Oltretutto è poco simpatico, anaffettivo, infedele. Ma ha il potere: ha vinto il Premio Nobel per la fisica, e questo gli ha valso un centro di ricerca sulle energie rinnovabili che lui dirige senza entusiasmo e senza idee. Non distingue i collaboratori l’uno dall’altro, non ha un’intuizione da lustri e l’unica domanda che si pone è come gli sia capitato di trasformarsi da scienziato in burocrate. E così