Un Ballo in maschera riapre le danze al Teatro Regio di Parma, per una stagione "in forma ridotta" per via dei tagli economici. Districandosi tra le ristrettezze, l'allestimento riesce comunque a restituire la vitalità della vena "contadina" del compositore, quando la musica d'opera italiana era più affare del popolo che non di pochi intenditori
di Sergio Buttiglieri
“….E che baccano sul caso strano / E che commenti per la città…" continuano a cantarci, nutriti della sapida ironia verdiana, i rembrandtiani sicari Samuel e Tom alla fine del secondo atto di questo, inconsapevolmente profetico, Ballo in Maschera che ha avuto l’onore e l’onere di inaugurare la stagione teatrale più breve (causa i ben noti dissesti finanziari) che Parma ricordi da diversi anni a questa parte.
La stessa città emiliana che è un po’ il punto focale “di quell’enorme zanzariera che è la pianura padana solcata dal Po” (come amava definirla Bruno Barilli in un suo indimenticato libricino sul melodramma verdiano), dove Giuseppe Verdi visse e creò i capolavori che ora il mondo ci invidia. “Il più grande uomo di Teatro che l’Italia moderna possa vantare”. Così ne parlava Riccardo Muti, quando era direttore del tempio lirico milanese: lo ricorderà bene Carlo Fontana, in quegli anni sovrintendente alla Scala e ora nuovo amministratore del Teatro Regio di Parma. Forse i suoi testi avrebbero meritato un trattamento migliore in questo 2013 che sarebbe anche l'anno del Bicentenario Verdiano. E invece la Stagione della città di Maria Luigia proseguirà a marzo con il Nabucco (nostra recensione), poi nient‘altro se non un Parsifal - ma in forma di concerto. (Si spera nel Festival Verdiano, ancora peraltro da definire e in attesa di ulteriori fondi).
Verdi e quella "veemenza primitiva", per la quale fu a suo tempo tenuto in quarantena dai musicologi con la puzza sotto il naso (per molti di loro Il Ballo in Maschera aveva il più scadente dei libretti musicali), ricompaiono ora in scena e tornano a mostrarsi in una delle loro incarnazioni più riuscite. Per ragioni di budget, le scene e i costumi di Pier Luigi Samaritani sono stagionate ma ancora fascinosissimi: ideati alla fine degli anni ‘80 per reinterpretare la vicenda, la immergono in un aulico palazzo dagli ampi scaloni e dalle immense vetrate, attraversato da luci simboliche, radenti e dense di rimandi pittorici. Così anche quelle tenebrose del secondo atto, sempre squarciate da potenti lumeggiature di sapore ultraterreno. Fino all’apoteosi del ballo finale immerso nel pieno fulgore dello “splendidissimo” salone del potere che diventa scena del delitto, non l’ennesimo “femminicidio” ma quello del boss stesso.
Un’opera totalmente diversa rispetto alla più famosa trilogia e all’appena precedente I vespri siciliani, dove il linguaggio, la musica e i personaggi abbandonano il romanticismo radicale d’inizio Ottocento per approdare all'intreccio tra due “anime belle” lontane dalle atmosfere e dalle piccolezze borghesi. Il tenore-cupido, nel ruolo di Riccardo - il Governatore di Boston, interpretato dall’applauditissimo Francesco Meli - è un raffinato uomo di mondo, che passa giustamente dai toni eroici ed appassionati a quelli scherzosi e frivoli, come indicava Verdi stesso.
Il suo canto, con ampio uso di “staccati” meyerberiani, tratteggia tutta la sua passione e le sue imperiose declamazioni, ricche di passione e paternalismo, si inquadrano in una complessa eloquenza belcantistica. Nel Ballo in Maschera non si ricorre più alla canonica struttura tripartita del recitativo-aria e cabaletta ma adotta un recitativo seguito da una romanza. Il canto di Riccardo, anche se intenso e passionale è costantemente intriso di mezzevoci, di piani e pianissimi come nel passo concertato del terzetto Amelia-Urlica e Riccardo, Ah! Ardo, e seguirla ho fisso in cui Verdi richiede al tenore un fortissimo “con molta vita”. Un'altra inedita tensione linguistico-musicale la troviamo nel terzetto tra Amelia, Renato e Riccardo sull'aria Traditor, congiurati son essi, in cui le note si ripetono per segmenti, tendendo ad avvicinare la melodia verdiana al parlato ma mantenendo intonazione aulica e l'inimitabile curvatura melodica, esemplificando la sua cosiddetta “parola scenica”.
Compito non facile, quindi, quello di restituire la complessità della sinfonia vocale che compete al personaggio di Riccardo. Arduo anche il lavoro dell'Amelia proposta dalla brava Virginia Tola (almeno nella replica del 27 a cui abbiamo assistito: in altri casi l'attrice altre è stata Anna Pirozzi), personaggio anch’esso molto diverso da quelli femminili entrati nell’immaginario collettivo. Il compositore maturo utilizza con lei la coloratura, il canto espressivo d’agilità, cambiamento mutuato dalle influenze francesi, ma arricchito di ulteriori sperimentalismi che lo fanno, come sempre, oltrepassare il consueto.
Il Verdi, da "eroe contadino” qual egli è, non trova forse il suo luogo più autentico nei grandi templi della lirica, ma piuttosto in quelle dubbie e magari pessime esecuzioni tanto amate da Montale, formatosi con confessato orgoglio sulla “cattiva musica al caffè ristorante del Lido d’Albaro". Ma non è certo il caso di quella ascoltata questa sera, con la direzione del giovane Francesco Ivan Ciampa, dignitosa anche se forse un po’ accelerata (nelle altre repliche era Massimo Zanetti) , la puntuale regia di Massimo Gasparon, e l'impeccabile direzione del Coro del Teatro Regio di Martino Faggiani.
Diceva D'Annunzio che Verdi “pianse e amò per tutti”. Ieri sera, ancora una volta, il maestro ci ha commosso per la sua straordinaria capacità di porre melodie e parole al servizio del dramma; ancora una volta, per citare Bruno Barilli, è “piombato sul pubblico, lo ha messo tutto in un sacco, se lo è caricato sulle spalle e se lo è portato a gran passi entro i rossi, vulcanici domini della sua arte".
Tags: Ballo in maschera, recensioni, Sergio Buttiglieri, teatro Regio di Parma, Verdi,
Ballo in maschera di Giuseppe Verdi, regia di Massimo Gasparon
Il resto della locandina: Coreografie: Roberto Maria Pizzuto, Maestro del Coro: Martino Faggiani Filarmonica e Coro del Teatro Regio di Parma
Visto al: Teatro Regio di Parma, domenica 27 gennaio 2013
Commenti
Invia nuovo commento