Esiste, al di là di antiquati pregiudizi, uno specifico femminile in letteratura? L'indagine di una scrittrice
di Sandra Petrignani
(Illustrazione di Elide Gramegna)
L’argomento si ripropone regolarmente: esiste una letteratura femminile? Ha senso dividere la letteratura, al di là di un elemento brutalmente sociologico legato al sesso degli autori, in maschile e femminile? Non sarà che continuando a distinguere le due categorie si finisce per ghettizzare i libri scritti da donne?
Capita che mi trovi a cena con un amico autore di saggi ammirevoli, Massimo Onofri, critico militante capace di severità inaudita, docente universitario, firma fissa dell’Avvenire, e poi collaboratore della Stampa, L’Indice, Nuovi Argomenti, e giro a lui la domanda. E’ drastico, sicuro di sé: “Ha senso solo per i piccoli romanzi, quelli insignificanti. I grandi libri non sono né maschili né femminili. Sono grandi e basta. Chi se ne importa se l’autore è un maschio o una femmina”. Per un momento mi si alleggerisce il cuore. Sono d’accordo vorrei gridare. Vorrei fare il giro del tavolo e andare ad abbracciarlo. Com’è tutto semplice e chiaro. E poi cambiamo discorso, quasi che il mio quesito non meriti altra attenzione.
Ma poi mi rendo conto che non sono convinta. Troppo semplice e liquidatorio. Certo che un bel libro è soprattutto un bel libro, ma come “chi se ne importa del sesso dell’autore”? A me importa moltissimo, per me una differenza la fa eccome. Non mi piacerebbe ignorare completamente la biografia dello scrittore, la sua provenienza geografica, figuriamoci il suo sesso. A parte il fatto che deve esserci una ragione profonda se nei romanzi scritti dalle donne mi trovo a mio agio come in una cuccia calda (beninteso quelli che mi piacciono). Io adoro Philip Roth, devo moltissimo a Kafka (non meno che a Virginia Woolf), vado pazza per Vladimir Nabokov (almeno quanto per Katherine Mansfield), reputo un genio Samuel Beckett, sono divorata dall’ammirazione per Tolstoj, mi pento con tutta me stessa di aver dato buca inavvertitamente a Milan Kundera tanti anni fa (questo però lo racconto un’altra volta), perché conoscerlo sarebbe stato fantastico, ma. Ma quando li leggo so sempre perfettamente che sto leggendo il libro di un maschio. Non che mi dia fastidio. Anzi, mi affascina, mi diverte, m’incuriosisce. Però lo so.
Cosa so esattamente? Che il mio alfabeto è un altro, l’aria di casa è un’altra. Quella che respiro se apro una pagina qualsiasi, per esempio, di Marguerite Duras. E non è che Duras sia più ossessionata dall’amore (tema che si vorrebbe spiccatamente femminile) di quanto lo sia Roth. L’amore come desiderio, la passione erotica, sono centrali per entrambi. Solo che una esprime l’ossessione femminile, l’altro quella maschile per lo stesso oggetto. Ecco il punto: la differenza è semplicemente, dolorosamente, sessuale. Sì, signori miei, checché ne dica Onofri, ora mi sono convinta: la letteratura è sessuata e non ha senso negarlo. Anzi, è uno dei suoi elementi più potenti, e sospetto che sia un elemento di irresistibile fascino di certi autori che ci fanno cadere perdutamente innamorati. E questo non esclude affatto amori omosessuali.
E non mi si dica che sostenendo il sesso della letteratura torno dritta dritta nel campo sociologico. Eh, no. Qui siamo nel territorio del profondo, psiche e inconscio, altro che. E un grande libro è semplicemente un libro più sessuato di altri, altro che “né maschile, né femminile” come dice Massimo. Un grande romanzo sprigiona probabilmente un potenziale erotico incalcolabile. E sfido chiunque a sostenere che la sessualità femminile è uguale a quella maschile.
Ecco, forse ho scoperto l’acqua calda, eppure ora tutta la complicata e sempre insoddisfacente questione se esista o no uno specifico letterario femminile mi sembra che abbia trovato una sistemazione. Quel che non mi suona però è un’altra cosa: la presunzione che gli uomini hanno di mettere le cose in un certo modo. Ovvero ti chiedono: “esiste secondo te una letteratura femminile?” come se la normalità fosse la Letteratura (tacitamente maschile) e poi ci fosse un luogo strano, altro, stravagante quando va bene, melensuccio quando va male, dove le donne si scatenano e ne scrivono di tutte, magari anche in modo affascinante, magari degne della loro (dei maschi) preziosa attenzione, ma insomma sempre da femmine, che poi cosa sono le femmine? Quelle cui manca qualcosa, no?, anzi la Cosa (o meglio sarebbe dire il Coso), l’unica Cosa/Coso che davvero conta per la mente di un uomo.
Ecco, l’ho detto. Mi stava sullo stomaco. Sì, sì, sì, la letteratura è femmina e la letteratura è maschio, e omosessuale, e transessuale probabilmente, e bianca e nera, e ha un odore e un sapore quando è grande letteratura, e gronda umori a volte molto scomodi. Ma gli umori che escono da un corpo di donna sono parecchio diversi da quelli che stilla un corpo maschile, e lasciateceli godere entrambi. Ma alla pari, sul serio, finalmente.
Tags: avvenire, beckett, donna, duras, eros, femminile, genere, indice, kafka, katherine mansfield, kundera, letteratura, libri, nabokov, nuovi argomenti, philip roth, Sandra Petrignani, sesso, stampa, tolstoj, virginia woolf, weekend,
LO SPECIFICO FEMMINILE IN LETTERATURA
Commenti
La scrittura è seduzione, e
La scrittura è seduzione, e la seduzione è decisamente sessuata. Una donna non seduce come un uomo, perciò non scrive come un uomo. Poi esistono le personalità, e lì la seduzione si raffina, ma l'ormone fa da cornice e ammicca. Pensiamo ad una donna che dà voce ad un uomo (e lo fa bene). Dov'è lo specifico? Nella profondità di penetrazione nel personaggio? Bah. Nell'attenzione al privato? Superato. No, è la tecnica di seduzione del lettore, che ricalca quella usata nella vita. La femmina tesse ragnatele, il maschio dichiara le intenzioni. La scrittura di entrambi si muove al ritmo del corpo, quando comunica senza parole. E, come il maschile e il femminile sono parte della stessa persona, solo intesi come gamma, da più a meno infinito, così la scrittura si colloca, ambiguamente, nelle sabbie mobili dell'identità. Ma il corpo vincola e connota. Spesso al di là delle scelte sessuali.
La scrittura è seduzione, e
La scrittura è seduzione, e la seduzione è decisamente sessuata. Una donna non seduce come un uomo, perciò non scrive come un uomo. Poi esistono le personalità, e lì la seduzione si raffina, ma l'ormone fa da cornice e ammicca. Pensiamo ad una donna che dà voce ad un uomo (e lo fa bene). Dov'è lo specifico? Nella profondità di penetrazione nel personaggio? Bah. Nell'attenzione al privato? Superato. No, è la tecnica di seduzione del lettore, che ricalca quella usata nella vita. La femmina tesse ragnatele, il maschio dichiara le intenzioni. La scrittura di entrambi si muove al ritmo del corpo, quando comunica senza parole. E, come il maschile e il femminile sono parte della stessa persona, solo intesi come gamma, da più a meno infinito, così la scrittura si colloca, ambiguamente, nelle sabbie mobili dell'identità. Ma il corpo vincola e connota. Spesso al di là delle scelte sessuali.
interessante argomento... due
interessante argomento... due libri che amo moltissimo , "l'isola di Arturo " e " memorie di Adriano" sono biografie di uomini scritte da donne ! E la prosa di entrambi è così ricca ma asciutta ; sono due libri che ho divorato e che periodicamente rileggo . Naturalmente mi ha preso la curiosità di conoscere la storia delle scrittrici , storia che peratro non potrebbe essere più diversa . Considero Elsa Morante e Margherite Yourcenar due grandi della letteratura per la potenza espressiva e l'urgenza comunicativa , memorie di Adriano è stato scritto di getto quando Margherite aveva 24 anni ed è stato rimaneggiato 20 anni dopo il suo ritrovamento . Mi colpisce l'ineluttabilità , quasi la necessità dello scrivere , così almeno lo percepisco , cosa che non si rileva in tanta prolissa produzione letteraria contemporanea. Il sesso di chi scrive non è una garanzia ma certo è un elemento importante : l'eros come energia propulsiva è necessario per scrivere , per comunicare , per far passare qualcosa di sè agli altri. La letteratura è sessuata ? certo , come tutto ciò che esprimiamo , ma la qualità di ciò che ci colpisce e ci cattura è discende da complesse alchimie...
D'accordissimo, questo
D'accordissimo, questo "problema" angustia da tempo anche me. Ora sto leggendo Richard Yates; lo leggo e penso ogni volta a quanto il suo modo di scrivere sia maschile, eppure a quanto sia capace di parlare pure di me, anche se in una maniera completamente diversa rispetto a come potrebbe farlo una Ann Beattie.
Quando mi infilo nelle
Quando mi infilo nelle pagine di un libro e provo un trasporto che diventa sempre più profondo non mi interessa se chi lo ha scritto sia un uomo, una donna, un o una omosessuale..tuttavia è certo che l'essere che lo ha partorito ci ha messo la propria identità e la propria vita e...la sua specificità comunica con la mia, riecheggia nell'animo... Che m'importa il suo sesso? Nulla, nondimeno ESISTE, come esiste il suo punto di vista, la sua morale, il vissuto, etc, e non posso fare a meno di considerarlo perchè sprigiona dalle sue parole...se come diceva Tolstoj, chi scrive saccheggia la propria vita...e solo affondandoci le mani dentro si raggiunge una scrittura che arriva.. . quando lo fa, porta con sé la vita di chi scrive...nazionalità, colore della pelle, sofferenze, etnia, credenze religiose e naturalmente il sesso. Perciò a meno che non si dividano i libri per cento categorie di appartenenza, per me esistono solo buoni o cattivi libri, ognuno connotato indelebilmente dall'identità, ovviamente anche quella sessuale, dell'autore. ps. condivido l'insofferenza sulla dicitura di scrittura femminile e maschile...è che la storia del mondo ha portato a considerare con sorrisi tiepidi (tolte poche eccezioni)...le opere delle pittrici, scultrici, scrittrici e così via purtroppo!
sarà pur vero che ciò che
sarà pur vero che ciò che scriviamo è generato da ciò che siamo, ma a me dispiace moltissimo se da ciò che scrivo si può dedurre che sono una donna. non mi piace il termine "scrittrice" e mi piace pensare che esistono grandi libri o piccoli libri, non autori. chi scrive è al servizio di cosa scrive e per me il suo sesso, esattamente come il colore dei suoi capelli, è del tutto insignificante. ciò fa di me un'antifemminista? evviva. esistono solo esseri umani.
Non potrebbe accadere che una
Non potrebbe accadere che una donna scriva un libro "maschile" e un uomo uno "femminile"? Dipende dalla sensibilità delle persone, dal loro sentire derivante dall'esperienza, oppure semplicemente dalla loro natura. Non credo si possa associare automaticamente un libro dai connotati femminili ad una donnna e vicerversa. Mi sembra che questa volontà di dare un sesso - quindi una definizione di genere - alle pagine scritte risenta della forzatura di inquadrare tutto o quasi. E se il libro stesso vorrebbe essere libero di scegliersi una forma e un genere? Lasciamo che sia così, senza spigolature.
Il vero problema, a parer
Il vero problema, a parer mio, dello scarsissimo interesse che la "letteratura femminile" riceve rispetto al suo corrispettivo maschile (nella difficoltà di essere considerata universale, e non a beneficio di una "minoranza") è che risulta molto spesso pervasa di "femminilità". Così come la femminilità delle donne è prodotto quasi esclusivo dell'occhio maschile (che si è consolidato nei secoli in un'azione diretta sul corpo), lo stesso può valere per la femminilità dei libri: così come la donna è "oggetto", bambola da maltrattare (in modo più o meno metaforico), lo stesso finisce per valere per i prodotti che la donna crea, ai quali si è autorizzati a riservare lo stesso trattamento. Per quanto riguarda il sesso della letteratura, mi sento d'accordo con quello che dici, ma lo riterrei valido -e meritevole di essere "sponsorizzato"- solo se le questioni tra i sessi fossero appianate: un libro-maschio, è quello di un uomo che è se stesso, quindi maschio; un libro-femmina, è un libro di una donna, quindi femmina (tristemente, allo stato attuale, nella maggior parte dei casi). Non a caso le grandi scrittrici universalmente riconosciute sono state quasi tutte femministe (mentre tantissimi sono stati gli scrittori che non hanno mai riflettuto sui significati del loro essere maschi), e hanno fatto dell'androginia del pensiero uno dei cavalli di battaglia. Così che (purtroppo, probabilmente) allo stato attuale i sessi dei libri sono: maschio per gli uomini, femminista per le femmine. E la situazione è tutt'altro che appianata, basti pensare che in quasi tutti gli eventi letterari la stragrande maggior parte degli autori è di sesso maschile, e solo qualche ""illuminato"" si ricorda all'ultimo di invitare le quote rosa.
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