Africa, America Latina e Europa Centro-orientale la fanno da padrone alla undicesima Biennale della città francese: da questi luoghi, lontani per cultura e sensibilità dai modelli standard occidentali, arriva buona parte degli artisti in mostra, chiamati a dialogare con gli spazi urbani
di Riccardo Bonini
Eva Kotatkova, Stanza
Undici edizioni, poco più di vent’anni di esistenza: la Biennale di Lione si conferma un focus di grandissimo rilievo su alcune tra le tematiche più stimolanti della ricerca contemporanea. Al di là del grande richiamo dell’evento (ai piani alti del panorama europeo), ciò che maggiormente attrae è l’alto livello qualitativo impiegato nell’indagine, firmata questa edizione da Victoria Noorthoorn, curatrice indipendente di Buenos Aires. Une terrible beauté est née (tratta da Yeats, dal poema Easter-1916, in cui l’autore guardava perplesso ai primi moti d’emancipazione irlandesi) più che un tema stringente attorno al quale raccogliere riflessioni rappresenta la linea di metodo seguita nel tentativo di impostare una geografia possibile.
Nell’impostare la curatela si gioca sulle residue possibilità che abbiamo di "credere in una qualche utopia smascherando le terrificanti azioni compiute in suo nome". Cercando quindi di avvicinare estremi delicati in una moderna nozione di enciclopedia, appare quantomai affascinante il ripetuto tentativo di approfondire le prospettive del decaduto legame tra il lavoro dell’artista e la struttura - fisica o sociale - di riferimento. Che potere di trasformazione ha l’arte oggi? Come interpretare il concetto di ‘trasmissione’ attraverso l’esperienza effimera delle tecnologie?
Africa, Europa centro-orientale e America Latina: tre piattaforme che godono di una prospettiva particolarmente interessante da cui osservare l’evoluzione di un’arte contemporanea non standardizzata che non sia prodotto quasi esclusivo di una moda di mercato. Allo stesso tempo, tre piattaforme dagli stretti legami con la vecchia Europa, qui rielaborati in maniera sorprendente. Massiccia la presenza di artisti sudamericani, indice guida della coordinazione di stampo latino.
La paura di dimenticare qualche frammento fondamentale della propria storia personale diventa guida per tracciare la linea di una Storia condivisa (il peruviano Fernando Bryce, a sinistra con Disegno, o la ceca Eva Kotàtkova). Tutto si traduce in una meticolosa catalogazione di avvenimenti, forme, suggestioni.
Alla Fondation Bullukian, una delle sedi designate, è praticamente teatro: un dialogo ideale tra progetti e intuizioni di Richard Buckminster-Fuller (intellettuale e straordinario protagonista del XX secolo Usa, studiato più dai critici e dagli storici dell’arte che da quelli dell’architettura) un intervento di Yona Friedman (considerato uno dei fondamentali teorici della progettazione contemporanea) e una wunderkammer ideata dall’artista colombiano Nicolàs Paris (sotto a destra), ispirata alle geometrie razionali e determinanti dello stesso Fuller; l’insieme invita ad una considerazione sull’imprevedibilità dei comportamenti all’interno di uno schema architettonico, urbano ecomunitario, sottolineando in questo caso la forza dell’utopia (che ispirava tutti i progetti dell’americano) come motore della progettualità.
Il Musée d’art Contemporain e la Sucrière: i due siti principali sorgono entrambi in un contesto radicalmente connotato dal punto di vista architettonico, che contribuisce a tracciarne un’identità proiettata nello spazio, creando così una quinta ideale. Il Museo si trova alla Cité Internationale, complesso agglomerato residenzial-funzionale progettato da Renzo Piano, mentre la Sucrière (come deducibile dal nome, un gigantesco residuo di archeologia industriale anni ’30) è un enorme edificio alla ‘confluence’ dei due fiumi che attraversano Lione, il Rodano e la Saona, formando
Vale la pena di spendere ancora qualche parola su uno dei meccanismi alla base dell’esposizione, e cioè la volontà di interrogarsi sul confine tra desiderio e potere effettivo delle immagini, piuttosto che su ciò che esse rappresentano. Una rivendicazione dell’importanza dell’artificio dell’arte e del ruolo dell’artista la cui funzione, come viene sottolineato dalla Noorthoorn a partire da una citazione di Oscar Wilde, è quella di "inventare, non registrare la realtà".
Tags: arte, Biennale, città, francia, Lione, Musée d’art Contemporain, Riccardo Bonini, Sucrière,
Biennale di Lione, 11esima edizione
Fino a: 31 dicembre 2011
Info su: www.biennaledelyon.com sito dettagliatissimo sia sui contenuti dell’esposizione (per il lavoro di ogni artista è consultabile una scheda particolareggiata) che sulle info pratiche.
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