Come i suoi colleghi del movimento YBA (Young British Artists), l'artista inglese gioca a scandalizzare con immagini forti: una donna focomelica incinta, sfondi di carne cruda, un autoritratto di sangue (tutti inni all'esistenza, dice lui). Come provocazioni hanno fatto il loro tempo, ma nella cornice lagunare trovano una collocazione originale, e in certi casi un nuovo senso
di Chiara Di Stefano
Anche i turisti mordi e fuggi si saranno accorti che da qualche mese campeggia, al centro del bacino di San Marco, proprio di fronte alla bellissima Isola di San Giorgio Maggiore, un’enorme installazione. Si tratta di Breath, riedizione gonfiabile della scultura Alison Lapper Pregnant (2005) dell’artista inglese Marc Quinn. L’opera - che ritrae l’artista focomelica Alison Lapper all’ottavo mese di gravidanza - come sempre, da quando ha occupato per la prima volta il quarto plinto di Trafalgar Square, ha suscitato una pletora di polemiche che hanno strumentalmente acceso i riflettori sulla personale dell’artista ospitata nelle sale della Fondazione Cini.
Secondo lo schema caro alla generazione degli Young British Artists, a cui l’artista appartiene, lo scandalo è il linguaggio attraverso il quale Quinn esprime al meglio il suo potenziale. Il traino della mostra è infatti la nuova tela The Way of All Flesh (2013), che vede come protagonista la modella incinta Lara Stone su uno sfondo di carne cruda che rimanda, come spesso accade nei lavori di Quinn, ad un’esaltazione della vita e della sua essenza più terrena. L’ esistenza umana è dunque intesa dall’artista nella sua espressione più cruda, quella del fluidi corporei e della carne che si confermano elementi sempre presenti nella poetica dell’artista. In questo senso l’apice di questa parabola è rappresentato dal celebre autoritratto Self (2011) modellato con alcuni litri di sangue dell’artista e conservato in una teca refrigerata.
La capacità del curatore di far dialogare le enormi installazioni con l’ambiente circostante è il vero pregio di questa mostra. Oltre al ciclo di riproduzioni in acciaio dorato di cinque enormi conchiglie nel camminamento esterno (The Archaeology of Art, 2013), è degna di nota la collocazione trovata da Celant per la serie Evolution (2005-07) che rappresenta sculture di feti di varie dimensioni nelle diverse fasi della gestazione. Le opere, disposte lungo la discesa che conduce al vecchio approdo per le barche, si proiettano verso il mare. L’elemento primigenio dell’acqua della laguna offre quindi una solida spalla concettuale all’installazione che, in altro contesto, probabilmente risulterebbe meno efficace.
Una personale di Marc Quinn è sempre un evento che mira a sconvolgere lo spettatore: in questo caso più che lo scandalo, quello che davvero cattura il pubblico è la location che riesce ad esaltare opere già vecchie e che utilizzano un linguaggio che ha smesso di sconvolgere.
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Marc Quinn, Fondazione Cini, Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia
A cura di: Germano Celant
Fino al: 29 settembre
Ingresso: Libero
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