L'eredità musicale degli zingari, dal flamenco a Franz Liszt 

In questi giorni di massacro, intanto culturale, domani speriamo non fisico, varrebbe la pena che qualche dirigente scolastico o qualche assessore che abbia voglia di opporsi all’orrore della campagna scatenata contro i Rom da Sarkozy in Francia e subito ripresa in Italia da Berlusconi, Bossi e Maroni, facesse qualcosa per raccontare ai giovani nelle scuole e ovunque quale peso la cultura rom ha avuto e ha tuttora nella musica dell’occidente.
 
Senza gli zingari, Goran Bregovic, i Taraf de Haidouks, la Kocani Orkestar e il flamenco, i Bratsch e quasi tutto quello che viene dai Balcani, compresi i ritmi in 7/8 tanto cari anche a Frank Zappa (che adorava il clarinettista Ivo Papasov e Le mystères des voix bulgares), sarebbero ancora da inventare. Ma fin qui si potrebbe dire che tutti costoro o questo ambiente non sono che feccia e sottocultura popolare, galeotta e truffaldina.
 
E allora provo a fare i nomi di Brahms, Liszt, Bartok. Senza i Rom la loro musica non sarebbe così come la conosciamo. Andate a leggere quello che Franz Liszt (ungherese di nascita e per mezzo secolo anima musicale dell’Europa) diceva della musica degli zingari a metà dell’Ottocento e forse riuscirete a provare un briciolo di riconoscenza per questo meraviglioso popolo che nel corso di secoli ha portato la musica dall’India fino alla Spagna, regalando al mondo un patrimonio inesauribile di gioia, amore, passione e nostalgia.

Un film fra tutti: Latcho Drom di Tony Gatlif. Un sito da consultare subito: www.cestim.it/03zingari.htm. Buon viaggio, e niente paura.
 

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