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MUSICA

Bittova, un violino dal nulla

Fragments come "frammenti": di tradizioni, di storie, di stili e generi differenti. Per lo strumento della musicista e performer morava passano scorci di mondi musicali diversi, aforismi sonori brevi ma suggestivi, come "una poesia senza parole"


di Marco Buttafuoco

 


“E ‘difficile, almeno per ora, definire con precisione il mio stile musicale” dice Iva Bittova. Potremmo aggiungere che non solo è difficile, ma anche sostanzialmente inutile. L’artista morava utilizza materiali musicali disparati, sente le influenze del folklore della sua terra (quello gitano in particolare) come della musica contemporanea, della vocalità spagnola come di quella orientale e via elencando. In altre parole la sua ricerca artistica è simile a quella di tanti musicisti dei nostri giorni. Essere artisti di frontiera non è di per sé, di questi tempi globalizzati, una garanzia di originalità.
 
Quello che invece rende assolutamente eccezionale la proposta di questa cantante e violinista è la cifra poetica della sua musica, basata su pochi, pochissimi elementi. Un violino che evoca remote melodie di strada, un canto che, come dice la stessa Bittova nasce direttamente dal silenzio.
 
ivabittova.jpgPessoa scrisse versi bellissimi su un vagheggiato violinista pazzo la cui musica “Non era una melodia, e neppure una non melodia” ed evocava "l’ombra che viene a benedire dalle inespresse profondità lambite la luminosa inquietudine migliore del riposo.” Questi versi sono probabilmente la migliore recensione che si possa immaginare per l’opera della Bittova in generale e per questo Fragments in particolare. Dodici pezzi spesso brevi, quasi tutti senza parole (la terza traccia è basata su versi di Gertrude Stein e la settima su liriche di Chris Cuttler). Frammenti, appunto, quasi aforismi in musica. Libere associazioni di tanti echi che per citare ancora il poeta portoghese non fluiscono né “dalla strada del nord, né dalla via del sud” anche se di quelle strade portano un netto ricordo. Squarci di malinconia onirica, sequenze melismatiche, dissonanze. Il tutto lontano da manierismi e minimalismi di qualsiasi genere. Poesia senza parole. Poco importa quindi, come già detto, stabilire in che misura la Bittova usi la musica folk o se nella sua arte la dimensione improvvisativa prevalga su quella scritta. Quello che invece si può dire è che qui la performer morava appare meno teatrale che in altri sui lavori. Cerca meno gli effetti, le deformazioni grottesche della sua splendida voce. Pare più orientata ad ascoltare nella solitudine dell’auditorium di Lugano in cui è stato inciso il disco, echi interiori, e lontananze indicibili.
 
Fragments è semplicemente un disco molto bello, adatto a spiriti sognanti e ad anime malinconiche, intriso com’è di quella sorta di saudade boreale tipica di molta produzione ECM e forse anche cifra distintiva della poetica dell’etichetta tedesca.



Tags: ecm, fragments, Iva Bittova, jazz, Marco Buttafuoco, recensione, violino,
31 Luglio 2013

Oggetto recensito:

Iva Bittova, Fragments, ECM 2013

 

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