Orfana, donna e nera: la protagonista di Ourika, di Madame de Duras, è condannata ad essere emarginata. Come l'autrice di questo romanzo, troppo intelligente e non abbastanza bella
di Alessandra Montrucchio
A guardare le classifiche, si direbbe che un libro abbia poche speranze di vendere se non è un giallo, una saga vampiresca o l’ispirazione per un film. Da questo punto di vista, Ourika di Madame de Duras non sembra avere garanzie di successo: un’autrice vissuta fra Sette e Ottocento, una trovatella africana come protagonista, una trama incentrata su sentimenti, riflessioni e moti interiori. Nessun mistero da risolvere. Nessuna scena d’azione. Neanche un vampiro. E, soprattutto, una vicenda che a prima vista può parere antiquata, anni luce dall’evoluto, illuminato mondo contemporaneo. A seconda vista, però, le impressioni cambiano.
Ourika è una bimba di colore che, separata dai genitori imbarcati su un bastimento negriero, viene acquistata dal governatore del Senegal e portata in Francia. Qui, affidata a Madame de B. (la generosa zia del governatore), riceve le cure e l’educazione di una qualsiasi futura mademoiselle della buona società. Per anni Ourika cresce protetta, coccolata e amata, quasi ignara del colore della sua pelle, ubriaca di felicità e devozione per la sua benefattrice. Fino al giorno in cui non ode per caso le parole di una marchesa amica di famiglia: "La filosofia ci pone al disopra dei mali della sorte, ma non può nulla contro quelli che provengono dall’aver infranto l’ordine della natura. Ourika non ha adempiuto al suo destino: si è inserita nella società senza il suo permesso; la società si vendicherà". Essere orfana, donna e nera: in una parola, essere emarginata, come si rende conto Ourika in questo momento. E d’ora in poi la sua storia sarà la presa di coscienza del suo isolamento, della sua diversità; il dolore per una condizione che sente ingiusta ma inevitabile.
Al lettore scoprire se Ourika troverà o meno una via d’uscita; ma forse poco importa il finale, perché ciò che questo piccolo libro ci offre è innanzitutto un ritratto della solitudine. La solitudine non come scelta ma come destino e ingiustizia. Ourika è intelligente, istruita, affettuosa: avrebbe tutte le carte in regola per amare ed essere riamata, se la società in cui si trova a vivere non la condannasse senza appello a non avere nulla, mentre altre meno meritevoli avranno tutto grazie al colore della loro pelle.
Possono esserci diverse chiavi di lettura per questa storia, sociologica, storica, psicanalitica o perfino biografica: come spiega il bel saggio (anche se un po’ troppo lungo, rispetto al testo che accompagna) di Benedetta Craveri che segue il racconto, Claire de Duras, sposata a un uomo che non la amava, nobile ai tempi della Rivoluzione francese e del Terrore, donna troppo intelligente e non abbastanza bella, di solitudine e dolore se ne intendeva. E in questo – nella solitudine e nel dolore cui ancora oggi è spesso condannato chi è diverso, o debole, o in minoranza – c’è tutta l’attualità di Ourika, qualche che ne sia la chiave di lettura.
Tags: adelphi, Alessandra Montrucchio, benedetta craveri, donne, francia, madame de duras, maschilismo, ottocento, ourika, razzismo, rivoluzione francese, settecento, solitudine,
Madame de Duras, Ourika, Adelphi 2009, p. 169, euro 13
Traduzione di: Graziella Cillario. Molto buona
A cura di: Benedetta Craveri
Il saggio finale: La duchessa di Duras o l’armonia infranta, appunto della Craveri. Bello, ben scritto e documentatissimo. Solo che va da p.63 a p. 169 (il racconto vero e proprio da p. 9 a p. 62), e c’è da chiedersi se sia questo il rapporto giusto tra letteratura e critica della letteratura
Il duca di Duras: Amédée Bretagne-Malo de Durfort, duca di Duras, "primo gentiluomo della Camera di Luigi XVIII", monarchico convinto. Morta Claire, si sarebbe presto risposato con una portoghese, confidando a un amico "quanto fosse grande la felicità di sentirsi più intelligente della propria moglie". Cosa che con la prima sposa, evidentemente, non gli riusciva
Dissero di Madame de Duras: "Senza amarezza nei confronti della società, ella ha mostrato come le sue leggi e le sue discriminazioni potessero conculcare in modo crudele le più naturali e più pure emozioni dell’anima" (Prosper Brugière de Barante); "So che conoscete la duchessa di Duras. Siete un uomo fortunato! Eppure, ella mi ha fatto tanto male: alla mia età, non bisognerebbe lasciarsi commuovere a tal punto" (Goethe a von Humboldt)
Il giudizio: due soli e mezzo
Commenti
Invia nuovo commento