Il 2011 sarà l'anno della cultura russa in Italia: a Torino la fondazione Sandretto Re Rebaudengo si prepara a celebrarlo esponendo le opere di venti artisti contemporanei della scena moscovita. Lavori che rivelano una nazione ancora in lotta con un ingombrante passato
di Riccardo Bonini
Un'immagine dal video Egalité (Equality) di Elena Kovylina, 2008
C'è un sorprendente vantaggio nel dedicare la propria attenzione all'arte di un contesto mutevole e delicato come quello est-europeo: la possibilità di rimanere meravigliati dalla sua malinconia. Gran parte della produzione artistica e intellettuale russa è impregnata di un'evidente nostalgia, che ripercorre i vertiginosi traumi ideologici di un'area culturale ricchissima. Lì si sono sedimentate senza soluzione di continuità avanguardie assolutamente peculiari, una popolarissima tradizione iconica e una radicale propaganda ideologica.
Nell'anticipata celebrazione di quello che sarà un periodo ricco di reciproci scambi tra Italia e Russia (il 2011 sarà l'Anno della lingua italiana in Russia e della lingua russa in Italia), la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo in collaborazione con Victoria. The art of being contemporary - fondazione moscovita già attiva sul proscenio della Moscow International Biennale for Young Art 2010 e qui alla sua prima uscita internazionale - offre i suoi spazi torinesi a Modernikon, una vasta riflessione sulla contemporaneità della cultura artistica russa.
Venti personalità tra i 20 e i 50 anni attive a Mosca vengono così raccolte in una generazione ideale, e invitate al contributo lungo un percorso che è capace di svilupparsi
senza alcuna ansia di rapporto coi modelli occidentali. Gli artisti rimangono liberi di interrogarsi su una politica civile eternamente inattuale e, proprio per questo, estremamente moderna: la complessa emancipazione dell'individualità è protagonista del balletto muto di Victor Alimpiev (classe 1973) che in Weak Rot Front (video, 2010, un'immagine sotto a destra) pone al centro dell'attenzione una ritualità gestuale sconcertante e dolcissima, fatta di pugni e carezze appena accennati. Il film accompagna il contatto casuale tra corpi, completamente svuotati da qualunque carica vitale, in un'incerta ricerca di unità.
Ma il gioco è di fatto anche la rottura col passato: nel video Ordinary Grand Stil di Yakov Kazdhan un’improbabile coppia di capisaldi appartenenti a due differenti momenti topici della cinematografia russa (Lullaby di Dziga Vertov del 1937 e The story of Asya Klyachina di Konchalovskii del 1967), dialogano in un montaggio alternato, andando a demolire il mito rurale costruito in decenni di propaganda di regime - e ben esemplificato nella pellicola di Vertov dalla figura del vecchio contadino, rappresentato come un eroe. Protagonista del film di Konchalovskii (la cui uscita venne prima fortemente osteggiata e, solo dopo radicali manomissioni, concessa nel 1971) è invece una giovane ragazza di campagna che rifiuta di sposarsi e che rappresenta di fatto l'avvento di una nuova figura femminile, dai connotati estremamente rivoluzionari.
Senza il bisogno di alzare troppo la voce ma rimarcando costantemente il forte carattere identitario che la contraddistingue, l'intera rassegna segue un passo variegato e meticolosamente costruito, che si sforza di accompagnare lo spettatore attraverso modelli per lo più lontani dai suoi canoni di riferimento. L'autenticità dell'esposizione, che gioca bene con questo tipo di rischio, risiede proprio nell'evidente difficoltà di compararne i contenuti con qualunque ordine di realtà emotiva personale.
L'unico passaggio veramente universale è anche quello decisivo: l'assioma definitivo diventa la negazione del fallimento, meravigliosamente stigmatizzato dalla performance égalité (video, 2008) di Elena Kovylina - ripresa dal vivo durante un rigidissimo inverno a Mosca -, dove al roboante suono dell'Internazionale undici persone vengono invitate a salire su piedistalli differenti per finire rimanere livellati alla medesima altezza. Una rivendicazione fuori tempo massimo, degna per questo di essere difesa da qualunque istanza massificatrice che provenga da un nuovo, alienante benessere: chiunque ha il diritto di guardare con rimpianto ai propri errori, orgoglioso che gli appartengano ancora.
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Modernikon. Arte contemporanea dalla Russia, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, via Modane 16, Torino
Fino al : 27 febbraio
Curatori: Francesco Bonami e Irene Calderoni in collaborazione con l'associazione Victoria. The art of being contemporary
Orari: dal martedì alla domenica dalle 14 alle 20. il giovedì dalle 14 alle 23. Chiuso lunedì.
Ingresso: 5 euro, ridotto 3 euro. Il giovedì, dalle 20 alle 23, è gratuito
Info: www.fsrr.org
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