Con il fotomontaggio digitale l'artista romana (ora a Parigi sulle orme di Georges Perec) sovrappone sullo stesso luogo immagini di epoche diverse: l'effetto è destabilizzante
di Anita T. Giuga
Gea Casolaro è nata nel 1965 a Roma, dove vive e lavora, quando non si sposta in giro per il mondo fra progetti e residenze. Casolaro ha, infatti, vissuto in Nuova Zelanda per due mesi alla fine del 2008 e oggi è di stanza a Parigi, dove si trova da più di un anno. Dopo una permanenza di 9 mesi alla Cité International des Artes, ospite nell'atelier di Incontri Internazionali d'Arte di Graziella Lonardi, ha deciso di restare. L'artista sta perlustrando la città aristocratica per eccellenza sulle tracce dei “simulacri” del cinema, camminando tra l’agitazione dei Grand Boulevard, per i caffè, le panchine dei giardini, i lungosenna, i musei e i monumenti; turista e cittadina a un tempo.
Gea Casolaro ha deciso di restare anche per proseguire il suo nuovo progetto che si chiama Still Here e poggia sulle istruzioni di George Perec (Specie di spazi, La vita istruzioni per l'uso ecc.). La Parigi di cui parliamo è proprio quella delle ambientazioni del film Un homme qui dort (Un uomo che dorme) dello stesso Perec (co-diretto da Bernard Queysanne e vincitore del Prix Jean Vigo nel 1974): uno studente abdica a bisogni e desideri dopo aver mancato un esame, per ritirarsi dentro una sorta di nirvana metropolitano, senza aspettative, né smanie; nel piacere dell’indifferenza.
Lo specifico tecnico di questo lavoro è il fotomontaggio digitale, alla scoperta dei luoghi immortalati da una mitologia moderna, incantatrice, surreale e da quell’archivio di immagini invisibili di cui si nutre la memoria collettiva; amalgama di cristallizzazione e fluidità. Lo spazio-tempo diviene un musée immaginaire alla maniera delle notazioni estetiche di André Malraux. Un’operazione mirata di virtualizzazione dell’oggetto, della scena, dell’ambientazione, senza che per questo si perda nulla della realtà (in alto Permanente presenza_ Caserma Folgaria, stampa fotografica digitale su alluminio, 2007, cm 70x105).
La fotografia mantiene un rapporto stretto con la designazione, la catalogazione, la comparazione e la verità (documentaria). Essa rispecchia il suo oggetto, lo stilizza a seconda dell’angolazione, lo fissa stravolgendone grandezze e partiture temporali, ma la stessa immagine montata è un multiplo: un qui, ora, prima e dopo. La fotografia così manipolata produce un senso prismatico del visibile, raddoppiato come segno; un gigantesco brandello in tensione. I fantasmi stessi, materia del perturbante freudiano, sono dei doppi. Un procedimento stilistico che sembrerebbe il contrario esatto del lipogramma di Perec (parliamo del libro La disparition del 1969, nel quale Perec toglieva la lettera “e” all’intero romanzo).
Ho conosciuto Gea a Parigi, ma, come spesso capita ai curatori contemporanei, non ho visitato la sua ultima mostra romana South, conclusasi ad aprile 2010 negli spazi della galleria The Gallery Apart. Ho dovuto, al contrario, cogliere in un battibaleno quel che non mi è stato possibile contemplare setacciando in dettaglio: una serie di immagini-finestra e un video (Visible/Invisible); il tutto interamente riprodotto sui diciassette pollici del mio pc.
Queste foto bucano lo schermo, come si dice in gergo televisivo. I paesaggi sono costruiti a partire dal posizionamento, rovesciato rispetto alla mappa, di tropi che alterano le convenzioni paesaggistiche (il Sud diviene molto simile all’idea che abbiamo di Nord eccetera), metafore dell’osservazione della realtà e del quesito permanente che quest’osservazione scatena (qui sopra South_17, 2008-2010, stampa fotografica da digitale su Perpex, cm 66,5x100, tiratura unica Courtesy The Gallery Apart, Roma).
Gea è alta, ha mani d’artista e quella “luccicanza” di chi vive con un piede fuori dalla cornice e uno dentro. Discute in modo preciso e cortese, così puntuale che poi nell’ambiguità dei suoi lavori non ci si perde, anzi si può ritrovare l’esattezza progettuale di chi orchestra piani sfalsati, ma perfettamente congrui. Armonia e idea. Il punto sta non in un'eccezionalità tecnica, ma nella trasmissione di una modalità di pensiero, dice l’artista.
Il fuoco è nell’aprire lo sguardo dell'altro sul tempo delle cose, come nella camera chiara di Roland Barthes: siamo qui e registriamo la scrittura di luce di stelle che si sono spente già da milioni di anni. Non è un’affermazione poetica, gli scatti di Casolaro rimaneggiano e intrappolano più tempi del luogo e del passaggio umano su di esso. Eppure la preoccupazione dell’artista è specifica: l’appello agli occhi che lo spettatore posa sulle cose; ora con acutezza sentimentale, ora con discontinuità, all’interno di una curva ellittica.
Quest’ultimo lavoro, Still Here, è in via di realizzazione con il fotomontaggio digitale. Esso permetterà, attraverso una continua oscillazione tra presente storico e fossile, finestra visiva ricalcata e incollata sulla stessa porzione di paesaggio, di ricostruire i meccanismi poetici che di quell’immagine hanno prodotto la scelta. Casolaro ci suggerisce di osservare la realtà in momenti distinti e convergenti, all’interno di un patchwork di co-esistenze: unità di luogo, ma non sempre di tempo (a fianco Piazza Sauli qui, ora, prima e dopo, 2010, ink Jet print montata su forex).
L’artista documenta, di fatto, un punto di possibile attraversamento dell'immagine, che passa così da mera rappresentazione a vero e proprio luogo fisico di stratificazione d’esperienze; mappa reale e quindi plausibile, annichilimento di gerarchie rappresentative. I gradienti del conosciuto slittano in tal modo in direzione di un altrove verosimile e instabile, provocando una sorta di smottamento percettivo, instillando un piccolo dubbio nelle nostre certezze, aprendo varchi non onirici, purtuttavia condensati e polivalenti, tangibili e perciò profondamente destabilizzanti.
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Gea Casolaro, fotografa
Commenti
spero di poter ammirare
spero di poter ammirare presto una mostra di Gea Casolaro, intanto complimenti per l'articolo, scritto con grande chiarezza e preparazione. Coinvolgente :)
Trovo molto interessante la
Trovo molto interessante la recensione di Anita Tania Giuga, il suo interesse al fotomontagigo digitale e la sua capacità di svelarne il significato, spiegarne il linguaggio
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