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Il patto della crostata 2.0
I dalemiani Velardi e Rondolino lanciano il sito d'informazione politica The Front Page: vorrebbe svelare i retroscena che non si leggono su nessun altro giornale. E invece riesce solo a fare gossip di palazzo
di Leonardo Bianchi
Diceva il grande scrittore americano Hunter S. Thompson: “Non tutti concordano con l’idea che l’assuefazione alla politica sia una colpa. Però lo è. E costoro sono assuefatti, e sono colpevoli. E quando gli verrà la frenesia, sacrificheranno tutto e tutti per alimentare la loro stolta e brutta abitudine – e non esiste alcuna cura”.
Fabrizio Rondolino e Claudio Velardi sono sicuramente due drogati di politica. Una vita di Pci-Pds-Ds, giornalismo di partito, editoria, lobbismo multiforme e, soprattutto, Massimo D'Alema, del quale i “lothar” hanno curato l'immagine e la comunicazione negli anni di permanenza a Palazzo Chigi. Fallita miseramente l'esperienza di governo dalemiana e, più in generale, il piano riformista-ulivista che ha di fatto consegnato il paese al miglior Papi del Consiglio degli ultimi 2000 anni, dei due si erano perse le tracce – fino a qualche mese fa.
Fiutando il cambiamento, specialmente oltreoceano, dei rapporti di forza tra Internet e media tradizionali, V. & R. hanno infatti aperto un sito di approfondimento politico, The Front Page, un progetto “dalla parte della politica (o meglio, dei politici, ndr) e del giornalismo” all'insegna dell'understatement auto-ironico e del web 2.0. Ma, avvertono nel video di presentazione, “noi siamo in grado di fare una cosa seria”.
E in effetti l'intenzione parrebbe essere seria, nonostante la grafica oltremodo spartana e l'orribile header copiato dalla locandina del film Prima Pagina con Velardi nei panni di Jack Lemmon e Rondolino in quelli di Walter Matthau. Organizzato in commenti ai fatti politici del giorno, analisi e rubriche (tra cui “Rumori”, gossip politico che pesca nel fantomatico sottobosco romano e “Pagine Rosa”, rassegna della stampa rosa), l'obiettivo dichiarato del sito è quello di “far uscire quello che solitamente non viene richiesto dai capiservizio”, ovvero raccogliere sul web quello che i giornalisti non riescono a pubblicare sui giornali di appartenenza e che sono altrimenti destinati a rimanere sui taccuini, a peritura memoria.
La coppia, insomma, cerca di offrire una sorta di alternativa più raffinata e ragionata (non che ci voglia molto, del resto) al giornalismo off the records alla Dagospia, il tutto in salsa riformista con inevitabili ammiccamenti allo stile dei fogli d'opinione che sono letti praticamente solo in Transatlantico.
Vittorio Zambardino di Repubblica ha parlato di “Huffington Post a Trastevere”, ma siamo lontani anni luce dal famoso sito della sinistra statunitense e da Washington. Rimaniamo pur sempre tra i bisbiglii dell'Urbe, le mezze frasi intercettate nei corridoi parlamentari, i risotti dalemiani, i patti della crostata ed il trasversalismo furbastro di due “vecchi arnesi della politica” che si chiedono come mai “l'informazione politica sia diventata (quasi solo) pettegolezzo e propaganda” salvo poi sguazzarci dentro con il consueto cinismo – come del resto hanno sempre fatto. Già, non esiste proprio alcuna cura.
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18 Dicembre 2009
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