Il gioco a quattro inscenato da Roman Polanski nel suo ultimo film, appena presentato alla Mostra di Venezia, ricorda da vicino il film di Mike Nichols del '66, con cui condivide anche una matrice teatrale. Ma se la pellicola di allora fece scandalo, lo schema della lite domestica riproposto oggi risulta più debole
di Marinella Doriguzzi Bozzo
Nel 1966 usciva sugli schermi Chi ha paura di Virginia Woolf, spaccato sulle liti apocalittiche di una coppia irrorata dall’alcool, in presenza di un’altra coppia di ospiti occasionali. Allora il testo teatrale che lo ispirava era una commedia di Edward Albee, adattata per lo schermo dal regista esordiente Mike Nichols. Cinque Oscar, e il vero merito di aver liberato cinematograficamente la crudezza violenta delle parole, in un’epoca in cui non si usava dire pubblicamente quel che si diceva in privato. Quarantacinque anni dopo, Polanski riadotta e riadatta lo stesso sc
Mel Gibson interpreta l'amministratore di un'azienda produttrice di giocattoli che, nel tentativo di guarire dalla depressione, delega le responsabilità a un castoro di peluche. Un soggetto originale per la Jodie Foster regista, che però non dirige con la solita partecipazione
di Marinella Doriguzzi Bozzo
Jodie Foster è una brava attrice, di una bellezza affilata, intelligente e non convenzionale, e forse una ancor migliore regista, attenta indagatrice delle dinamiche affettive, nello specifico di quelle famigliari come ne Il mio piccolo genio (1991) e A casa per le vacanze (1995). In questo suo quarto film, presentato fuori concorso al festival di Cannes, ribadisce il nucleo di interessi portati avanti da sempre, con un doppio atto di coraggio: quello di mettere in scena il connubio fra un uomo ed un pupazzo, facendoli parlare ed agire in contemporanea, e quello di