Di fronte alla camera di Laurent Bouzerau, specialista del dietro le quinte, il maestro del cinema europeo e americano ripercorre una vita che sembra un film. E Un film-memoir è il titolo del documentario presentato al Festival di Cannes, in uscita venerdì
di Sandra Petrignani
"Esiste il libero arbitrio o è già tutto scritto?" si chiede Roman Polanski alla fine del film-biografia che gli ha dedicato l’amico di una vita Laurent Bouzereau. La risposta non c’è, ma la domanda è ampiamente giustificata dopo un’ora e mezza di racconto, rievocazioni e riflessioni su un destino eccezionalmente tartassato dalla tragedia e illuminato da colpi di scena fortunati e da veri e propri interventi salvifici della sorte. L’uomo Polanski esce da questa affettuosa, conversevole intervista, ripresa nella sua casa di Gs
Il gioco a quattro inscenato da Roman Polanski nel suo ultimo film, appena presentato alla Mostra di Venezia, ricorda da vicino il film di Mike Nichols del '66, con cui condivide anche una matrice teatrale. Ma se la pellicola di allora fece scandalo, lo schema della lite domestica riproposto oggi risulta più debole
di Marinella Doriguzzi Bozzo
Nel 1966 usciva sugli schermi Chi ha paura di Virginia Woolf, spaccato sulle liti apocalittiche di una coppia irrorata dall’alcool, in presenza di un’altra coppia di ospiti occasionali. Allora il testo teatrale che lo ispirava era una commedia di Edward Albee, adattata per lo schermo dal regista esordiente Mike Nichols. Cinque Oscar, e il vero merito di aver liberato cinematograficamente la crudezza violenta delle parole, in un’epoca in cui non si usava dire pubblicamente quel che si diceva in privato. Quarantacinque anni dopo, Polanski riadotta e riadatta lo stesso sc