Che cosa accomuna l'osannato rocker al baroccheggiante "indie" diventato (semi)noto cinque anni fa con Illinoise? Niente, si direbbe. In realtà entrambi hanno patito il successo, e per reazione hanno registrato un album in solitudine, raccontando la depressione. Ma Sufjan lo fa ancora più strano, con questo The Age of Adz
di Simone Dotto
La sindrome della farfalla già cresciuta che vuole ricacciarsi nel bozzolo è un’affezione inaspettatamente comune fra i musicisti rock. Persino un pezzo duro come Bruce Springsteen, dopo aver piazzato il suo primo numero uno in classifica, chiese ai suoi di passare un po’ di tempo per conto proprio: il risultato si chiama Nebraska, storico album per chitarra e armonica del 1982. Certo, però, che questi “indipendenti” di ultima generazione non ci hanno proprio il fisico. Prendete Sufjan Stevens, ad esempio: nel 2005 il suo quinto disco (Come o
Precursore della psichedelia, Roky Erickson ha avuto la vita (e la carriera) segnata da una permanenza in manicomio criminale. Ora riemerge grazie agli Okkervil River, gruppo più nerd che acido, con cui dà una nuova veste al suo repertorio
di Simone Dotto
Mettete insieme tutto ciò che vi fa venire in mente la parola “psichedelia” e poi associatelo al volto, al nome e alla storia di Roky Erickson. Lui che, appena quindicenne, alla testa dei suoi 13th floor Elevators (la band che prometteva “viaggi” fin dal nome) fu il primissimo a stampigliare quella parola magica sulla copertina di un disco: The Psychedelic Sounds of the 13th floor Elevator, ora oggetto di culto per i collezionisti, ai tempi piombato in un’indifferenza quasi generale. Per questi e altri motivi, anche quando si trattò di assagg