Pirandello secondo Placido. L'attore e regista cinematografico porta a teatro uno dei testi più famosi dell'autore suo conterraneo, puntando sulla forza della scenografia, l'efficacia del recitato e l'attualità della pièce in sé. Un esordio non negativo ma troppo scolastico, riuscito soltanto a metà
di Igor Vazzaz
Sono i frantumi aguzzi d’un gigantesco specchio soverchiante la scena l’emblema più nitido, forse persino didascalico, della rilettura di Così è (se vi pare) offerta dalla regia di Michele Placido. Frantumi d’una verità inconoscibile e beffarda, d’una società sgretolata dalla maldicenza, dilaniata dalla curiosità pelosa d’un coro gracchiante di petulanti all’indirizzo di un ambiguo e malcapitato trio giunto da poco in città.
La scenografia dell’ottimo Carmelo Giammello concretizza appieno la teoria d’una realtà spezzata, polverizzata nel relativismo d’infiniti punti di vista, aggiungendo note di tensione espressionistica: la cornice dello specchio è inclinata dall’alto verso il basso del fondale, in puntuale pendant col pavimento a quadri simmetricamente inclinato; l’effetto è d’una prospettiva allucinata, sinistra, doppiata dalle inquietanti dissonanze musicali a rimarcar la dimensione oppressiva del costrutto. Non siamo certo dinanzi a un Pirandello rivoluzionato sotto il profilo del senso, a un allestimento rivelatore o inedito: si tratta, piuttosto, di un’interpretazione scolastica del dettato cui si somma comunque un lavoro linguistico di sostanziale svecchiamento, in favore d’una maggiore fruibilità, in chiave ritmica, del dramma.
La vicenda, tratta da una nota novella traslata in questa "parabola in tre atti" (definizione dell’autore a commento della prima versione, nel 1917, cui seguirà la riscrittura di otto anni più tardi), è ben nota: una suocera, un genero e la misteriosa sposa di quest’ultimo, catalizzano l’attenzione linguacciuta della comunità in cui si sono da poco trasferiti. L’indagine popolare ottiene risultati insoddisfacenti e mina la credibilità e della signora Frola e del signor Ponza, impantanandosi nello scacco del celebre finale, con l’ingresso in scena della moglie che non scioglie, tutt’altro, l’enigma.
Michele Placido, attore teatrale prima di affermarsi su schermi piccoli e grandi come interprete e regista, imprime alla sua prima regia scenica un andamento a tratti brioso, da commedia sofisticata con punte di noir: complice una riscrittura aperta alla varietà dialettale (la smaccata sicilianità di alcuni personaggi si confronta con gli esibiti accenti settentrionali e centrali degli altri), il dramma si presenta diluito, linguisticamente fluido nella loquace scherma del Lamberto Laudisi di Luciano Virgilio a contrastare lo starnazzante ficcanasare dei curiosi vicini. Risate, persino applausi per lo spiritoso raisonneur che rappresenta il punto di vista, cauto e conscio della complessità, dell’autore. D’altra marca la Frola di Giuliana Lojodice: intensa, voce indugiante su tonalità baritonali, plumbee, l’attrice conferisce un’umanità rotta, sfibrata eppure indomita, a un personaggio spesso presentato succubo allo spietato pettegolio della comunità. Le fa eco il Ponza di un Pino Micol dalla recitazione aguzza, volutamente paratattica, ben sostenuta da una fisicità importante.
L’allestimento, specie nella prima parte, ha una sua centratura, pure comica: nella coazione a ripetere di alcuni sintagmi ("Seduti! Seduti!" raccomanda a più riprese l’esasperato consigliere Agazzi di Alessio Di Clemente), nell’insistito smarcamento dei punti di vista, col continuo cambio d’ingresso dei personaggi o il caleidoscopio delle liste di vetro che moltiplicano, per lacerazione, i brandelli di realtà offerti all’occhio del pubblico. Strategie che rendono uno spettacolo concreto, fruibile e al contempo non rinunciatario.
Per contro, la seconda parte sembra rivolta verso un pirandellismo già visto, paludato in sequenze dilatate che, pur nell’espunzione dal testo di alcuni filosofemi poco utili al disegno di Placido, rischiano di far slittare l’insieme in una contraddizione inefficace. L’ingresso dalla platea della signora Ponza di Maria Angela Robustelli poco aggiunge a una messinscena non indimenticabile, tenuta ben in piedi dalla qualità del cast principale e da una scenografia ottimamente pensata.
Esordio teatrale comunque non negativo per Placido: per contro, allestire Pirandello oggi, dopo i grandi lavori di Castri (più volte misuratosi proprio con questo testo), Cecchi e altri ancora, richiede un quid in più di rischio, d’invenzione, quando non d’immersione e corpo a corpo con un autore che, piaccia o meno, non ha ancora finito di parlarci.
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Così è (se vi pare), di Luigi Pirandello, regia di Michele Placido
Il resto della locandina: Sabrina Chiocchio, costumi; Davide Cavuti e Luca D’Alberto, musiche; Andrea Ricciardi, aiuto regia; Stefano Pirandello, light designer; Fabrizio Iorio, line producer; e con Emanuela Muni, Erika D’Ambrosio, Vittorio Ciorcalo, Marta Nuti, Franco Mirabella, Paola Sambo, Marco Trebian, Fabio Angeloni, Adriana Tuzzeo.
Produzione: L’Isola Trovata – Francesco e Nino Bellomo
Visto a: Pisa, Teatro Verdi, domenica 9 dicembre 2012
Prossimamente: A Pistoia, Teatro Manzoni, dal 14 al 16 dicembre; a Locarno, dal 9 al 10 gennaio; a Pavia, Teatro Fraschini, dall'11 al 13 gennaio; A Rovereto, 15 e 16 gennaio; a Castelfiorentino, Teatro del Popolo, il 17 e il 18 gennaio; a Siena, Teatro dei Rinnovati, dal 22 al 24 gennaio; a Cortona, Teatro Signorelli, il 25 gennaio
Michele Placido: attore e regista legato principalmente a televisione e cinema, pochi ricordano il suo debutto teatrale nel “mitico” Orlando Furioso diretto da Luca Ronconi su testo riscritto da Edoardo Sanguineti, presentato al Festival dei Due Mondi di Spoleto nel 1969 e tradotto in forma televisiva nel 1974
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