E' entrato in studio con qualche appunto appena buttato giù e dei manuali sulla pittura contemporanea. Ne è uscito con un disco, A dawn will come, che al di là delle sue ispirazioni, non suona nè "astratto" nè eccessivamente avanguardista, ma anzi richiama lo spirito del blues e quello di Thelonius Monk
di Marco Buttafuoco
Per incidere questo suo ultimo lavoro in solitaria, Umberto Petrin ha seguito una strada molto suggestiva, entrando in sala d’incisione con alcune idee appuntate sommariamente. Nello studio c’erano libri d’arte contemporanea (il pianista di Broni ne è un grande appassionato e conoscitore) che dovevano servirgli a catturare idee ed ispirazione per il suo lavoro musicale. Improvvisazione quasi pura, quindi, basata sulle suggestioni delle immagini di alcuni fra i pittori ed i performers più radicali come Joseph Beuys, Bill Viola, Marina Abramovic, Brice Marden.
Questo tocco “di cronaca” rende ancora più affascinante il risultato del lavoro di Petrin, non certo per una corrispondenza meccanica fra il materiale dell’ispirazione ed il risultato musicale, che sarebbe inutile cercare. Quello che incanta - e non è certo la prima volta che accade nei lavori di questo pianista - è la capacità di creare e distillare emozioni autentiche, la sua capacità di creare atmosfere dissonanti e notturne, la sua contabilità aspra, lunare.
Certo, artisti come lui non hanno la grazia di essere "visitati" dalla dea della musica, come qualche collega ingiustamente più famoso: artisti come lui e come tanti altri la devono cercare, con fatica e passione, farla uscire dal loro silenzio interiore, nell’atmosfera rarefatta di uno studio di registrazione o in quella vibrante di un palcoscenico.
C’è molto Thelonius Monk in questo disco. Il percorso emotivo e sonoro di A dawn will come inizia proprio da un Ostinatamente che molto deve all’autore di Round Midnight e termina con un brano dello stesso Monk. Potremmo dire anche che Petrin deve molto alla musica del 900 europeo, come lui stesso dichiara, ma la ricerca delle influenze, pur doverosa ed interessante rischia di diventare stucchevole.
Qui siamo di fronte ad un disco di pura emozione, d’intensa poesia che riesce a far vivere insieme una poetica tardo romantica e l’acre e polverosa malinconia del blues. Si riesce a mantenere un acuminato lirismo anche nei numerosi passaggi più turbolenti ed impervi.
Petrin, che è stato a lungo pianista dell’Italian Instabile Orchestra e che ha anche suonato in duo con un nume della musica più radicale come Cecil Taylor, dimostra come essere “all’avanguardia” non voglia affatto significare la rinuncia alla comunicazione con l’ascoltatore.
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Umberto Petrin, A dawn will come, Leo records 2011
Lettere in jazz: A sua volta poeta, il pianista si esibisce spesso assieme a Stefano Benni, con il quale ha appena pubblicato un DVD su Waste Land di T.S Eliot . Non perdeteli, se capiteranno dalle vostre parti.
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