Il mancato duetto Hendrix-Davis resta fra i più grandi sogni infranti nella storia della popular music. Il trombettista Giovanni Falzone e il complesso delle Mosche Elettriche hanno osato domandarsi come sarebbe andata
di Dario De Marco
Una delle più sdrucite leggende della musica moderna riguarda il mancato incontro tra Miles Davis e Jimi Hendrix. O meglio il mancato disco, perché l’incontro ci fu, alla fine degli anni ‘60, in un periodo in cui entrambi scalpitavano alla ricerca di nuove sonorità. E ci fu anche una sorta di amicizia, varie occasioni in cui i due si scambiarono chiacchiere, opinioni e qualche noterella. Ma all’incisione non si arrivò, per motivi prima futili e poi terribili - la prematura morte di Hendrix, giusto 40 anni fa. Da quel momento c'è stato il via libera alle fantasticazioni, ai what if, ai classici rimpianti “per quel che avrebbe potuto essere, e non è stato”.
Finché un tizio, con una bella dose di fegato e senza false modestie, salta su e dice: lo faccio io! Il tizio è Giovanni Falzone, trombettista siciliano versato nelle contaminazioni (soprattutto tra jazz e musica classica) e abituato a mettere il virtuosismo al servizio della fantasia: una specie di Roy Paci senza pagliacciaggine. Il disco, a nome suo e del suo quartetto Mosche Elettriche, si chiama Around Jimi.
Sono otto tracce belle corpose, di cui tre brani originali, tre pezzi di Hendrix (Purple haze, Fire e Manic depression), Solar di Miles Davis e un medley finale dei due greatest hits Foxy lady e So what (naturalmente di quest’ultimo non il tema originario, ma il mitico solo di Miles che per primo Gil Evans trasformò in tema).
Falzone come trombettista ha il merito intrinseco di non inseguire l’inarrivabile suono tardo-davisiano: per cui evita di usare la sordina, e anche se a volte questo può far sembrare lo strumento poco aggressivo e soffocato dalla massiccia sezione ritmica, il leader ha i polmoni per uscire alla grande dalle manovre più spericolate. In certi punti sembra lo Ian Carr dei Nucleus, se qualcuno ricorda ancora quel gruppo, uno dei migliori tra quelli che seguirono (o in questo caso addirittura affiancarono) le orme di Miles Davis nella rivoluzione del jazz-rock.
Ed è proprio questo il punto, nonché il merito, estrinseco e direi teorico, di Around Jimi: la dimostrazione che non c’è bisogno di fantasticare. Al di là del capolavoro che avrebbe potuto essere quel disco (e si sa che spesso i capolavori annunciati sulla carta rimangono tali), l’incontro rimase nella testa e nelle mani di Miles, e di lì si diffuse e crebbe sulle due sponde dell’oceano, dando vita alla incredibile fusione tra le due espressioni più alte che la musica popolare aveva saputo creare nel ‘900. Tutto quello che avrebbe potuto accadere, è accaduto. E le Mosche elettriche sono qui a farcelo sentire. Nessun rimpianto.
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Giovanni Falzone e le Mosche Elettriche, Around Jimi, CamJazz 2010
Le altre Mosche: Valerio Scrignoli alla chitarra elettrica (sugli scudi: era obbligatorio, ma non automatico), Michele Tacchi al basso e Riccardo Tosi alla batteria
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