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LIBRI

Tre movimenti sul Tronto

I giorni della Rotonda di Silvia Ballestra racconta la militanza degli anni Settanta, l'eroina degli Ottanta e il successivo riflusso vissuti in provincia


di Matteo Di Gesù


Non so esattamente dopo quante parole il lettore di un articolo che parla di un libro di Silvia Ballestra si aspetti di incorrere nella parola "giovani". Ma immagino presto, molto presto: diciamo nelle prime cinque righe. Dico questo perché ho l’impressione che la pigrizia mentale con la quale, nel senso comune, si trascura meticolosamente di aggiornare le rubriche dello schedario della narrativa italiana contemporanea, oltre a impaniare inesorabilmente gli autori nell’etichetta che in origine venne appiccicata loro, possa indurre a fraintendimenti marchiani. E che, nello specifico, possa capitare di leggere I giorni della rotonda come un libro che parla dei giovani, scritto –evidentemente– da una giovane scrittrice. Ora, tralasciando il fatto che la Nostra è una donna di quarant’anni con all’attivo un cospicuo numero di libri, anche importanti – come suole dirsi –, questo suo ultimo starebbe davvero fuori posto nella sezione giovanilistica del summenzionato catalogo. Per carità, i giovani ci sono nel romanzo di Ballestra, sono addirittura protagonisti (lo si scrive più che altro per rassicurare il lettore che nutriva già le sue brave aspettative al riguardo), ma non tanto da caratterizzarlo nel senso implicato da quanto scritto fin'ora; sempre che non si voglia svilire con categorie di tale sorta l’Educazione sentimentale di Flaubert, per dire, o l'Ortis di Foscolo, dato che pure quelli, vivaddio, di giovanotti alla fin fine trattavano.
 
Ma qui forse si sta colpevolmente sovrapponendo l'intelligenza del lettore (dico del lettore fedele e consapevole e della sua beata strafottenza per talune fisime della critica) con la pigra attitudine schedatoria per l’appunto di certa critica militante. Perché è più probabile che quello, che magari amò ragazzo lo scoppiettante esordio della Ballestra degli Antò – allora sì, ragazza anche lei – nel frattempo pure lui si sia fatto adulto e da adulto legga una scrittrice adulta.
Volendo essere malevoli, poi, si potrebbe insinuare che barricare dentro la claustrofobica cameretta del giovanilismo un romanzo come I giorni della rotonda sia una maniera per disinnescarne il potenziale politico (ma sì, politico: non si abbia ancora timore a usare questa parola a proposito dei libri!) o quantomeno per ingentilire la cupezza dei toni che tingono l'antiepopea "primi anni Ottanta in provincia" che vi viene raccontata. Perché è indubbio che il preciso intento documentale del romanzo mira non solo a recuperare la memoria di una stagione di impegni e rivolte, di identità collettive e slanci utopistici, ma anche a comparare le intensità di quel tempo con la triste flaccidezza dell’oggi, per di più fissandone e notomizzandone l’inizio, di questo così duraturo presente. Bastava, a intuirlo, soffermarsi sull’epigrafe del volume, tratta da Cristi polverizzati di Luigi Di Ruscio: "Vivere così emozionato rende sempre più difficile un normalizzato vivere". E qui si viene finalmente al punto: in tre sezioni ("movimenti" li ha chiamati Ballestra, forse non volendo solamente riferirsi alla musica sinfonica, attribuendo a ciascuno un asettico titolo annalistico: 1981, 1983, 1985), piuttosto autonome l'una dall'altra, si raccontano: gli anni Settanta della militanza politica e della lotta armata; i primi Ottanta della diffusione dell’eroina; i successivi del riflusso; scenario: la cittadina di San Benedetto del Tronto. L'effetto complessivo, come si è detto, è quello corale di certi grandi quadri o affreschi; tuttavia è assolutamente indispensabile completare la lettura del “Terzo movimento”, ascoltare la voce di quella seconda persona velatamente autofinzionale e autobiografica che racconta un tratto di adolescenza sambenedettese di due ragazzi come se fosse postuma, per attingere il sugo della storia. È quella fine, a ben vedere il vero inizio del libro, giacché di una fine il libro racconta (tanto più che gli anni Settanta – che principiano simbolicamente con la rivolta seguita all’affondamento del peschereccio “Rodi” – sono rievocati retrospettivamente, nel 1981 del “Primo movimento”, dalla memoria di tale Aldo Sciamanna dalla cella di un carcere militare, durante i postumi di un viaggio indotto da un acido preso per sfuggire all’obbligo di leva e dopo avere appreso di essere casualmente coinvolto nell’inchiesta per il brutale omicidio del sambenedettese Roberto Peci, fratello di Patrizio, primo "pentito" delle BR). Non, dunque, ciò che c’è dopo la fine, ma piuttosto i lunghi e mesti cascami di quell’epilogo. Ecco che, giunti a questo punto, si apprende definitivamente che non era tanto di giovani di ieri che si andava dicendo, ma piuttosto di donne e uomini di oggi: del com’erano prima o del perché sono diventati come sono adesso. E che la Rotonda, oltre che di San Benedetto, è una piazza d’Italia. 
 
Si spiega così, probabilmente, anche certo pudore nelle scelte linguistiche: pur sapendo scantonare nel comico, specie quando i toni del dramma si fanno incalzanti, pur sbrilluccicando di inserti gergali e dialettali (vatterizzo, rattatù sono i preferiti di chi scrive), lo sperimentalismo ballestriano qui è come rattenuto. Quasi a pretendere dal lettore un sovrappiù di consapevolezza, non volendolo sollazzare troppo con la giostra della letteratura.



Tags: anni ottanta, anni Settanta, eroina, giovani, i giorni della rotonda, letteratura, Matteo Di Gesù, politica, provincia, rizzoli, silvia ballestra,
26 Febbraio 2010

Oggetto recensito:

Silvia Ballestra, I giorni della Rotonda, Rizzoli 2009, p. 380, EURO 18.50

giudizio:



8.422497
Media: 8.4 (12 voti)

Commenti

"[...]Perché è indubbio che

"[...]Perché è indubbio che il preciso intento documentale del romanzo mira non solo a recuperare la memoria di una stagione di impegni e rivolte, di identità collettive e slanci utopistici, ma anche a comparare le intensità di quel tempo con la triste flaccidezza dell’oggi, per di più fissandone e notomizzandone l’inizio, di questo così duraturo presente."

Forse solo per questo il romanzo di Silvia Ballestra potrebbe essere considerato perlomeno utile ai giovani. Forse servirebbe a molti di noi giovani in questione ricordare perchè si è arrivati a quest'italietta da quattro soldi, invece di rassegnarci alla violenza che ogni giorno viene praticata nei confronti della nostra generazione, destinata a farsi ricordare per i grandi fratelli e le puttanopoli, volutamente privata di quella memoria storica che forse, se non liberi, potrebbe quantomeno renderci consapevoli.

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