A quattordici anni dall'uscita, Assalto a un tempo devastato e vile giunge oggi alla sua terza edizione
di Viola Rispoli
Che questo sia un tempo devastato e vile siamo d’accordo. Sul fatto che questo libro gli sferri un’offensiva, purtroppo no. La sensazione, piuttosto, è di esserne assaliti e venirne fuori a ossa rotte e parole sparse. Belle parole, va detto. Del resto anche lo stesso titolo fa il suo effetto. Ma sta fra le altre belle parole, come in una meravigliosa fuga di paragrafi che non dovrebbero trovarsi lì dove stanno, che non hanno un inizio e una fine e nemmeno un’identità, trasmettendo l’assoluta certezza che dunque sia questo tempo devastato e vile ad avere avuto la meglio, su di loro e su di noi.
Alla fine questo non è un romanzo, non è un libro di racconti, non è un saggio. Non dà un’indicazione, non fa da bussola, non ha un progetto che lo guidi e che ci guidi: come può essere un assalto? È il quaderno "scrivo-quello-che-mi-pare", come quello che hanno tanti scrittori e anche tanta gente che scrive, ammucchia pagine e pagine di descrizioni, impressioni, riflessioni, e anche idee.
Naturalmente c’è differenza fra scrittore e persona-che-scrive, e Genna non rischia certo di finire nel mucchio sbagliato, perché scrittore lo è fino in fondo: mette insieme i suoi pezzi con cura, profondità, coraggio e dedizione, con un lungo ed evidente lavoro di revisione e rielaborazione (del resto questa è la terza versione del libro, e la prima è del 1996); con la sua consueta attitudine a un uso estetico della lingua, a trovare la frase che segna come ultimo frutto di un duro lavoro, degno di rispetto e di nota. Peccato che alle volte, in questa cura linguistica, l'autore smarrisca la narrazione o si perda nei meandri di qualche ragionamento abbandonando il pianeta terra: e, come al solito, va a finire che le parti con le storie di famiglia sono meglio delle elucubrazioni filosofiche e delle riflessioni esistenziali.
O forse lui non si perde affatto, ma chi legge sì. E allora non può fare a meno di chiedersi: c’è organicità in tutto questo? Si possono mettere insieme le mele con le pere, i racconti con i saggi e con altri generi privi di definizione, senza che il lettore si possa difendere e scegliere a monte che cosa vuole leggere? E se la risposta è sì, tutto sommato si può anche fare, dov’è qui l’idea del progetto, titolo a parte? Per fare un libro non basta pubblicare insieme una messe di pezzi, narrazioni, analisi e deliri, alcuni belli, alcuni curiosi altri irrimediabilmente noiosi, tenuti uniti dal niente, solo dall’io dello scrittore e ogni tanto dal labile ricorrere di un nome o di un luogo, come un’eco che ci fa capire che da qualche parte vorrebbe esserci un nesso ma che quel nesso, nel totale, si è smarrito. C’è davvero un assalto in tutto questo o è soltanto un pretesto?
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Giuseppe Genna, Assalto a un tempo devastato e vile, Minimum Fax 2010, P. 323, Euro 15
Commenti
Si...anche il pezzo è un po'
Si...anche il pezzo è un po' scrivoquellochemipare e nonmettoneppurelevirgole!
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