La storiografia della musica afroamericana conta ormai un numero infinito di pubblicazioni, tra manuali e biografie. Per questo è interessante la "terza via" proposta da Franco Bergoglio (giornalista per Il Manifesto) nel suo Magazzino Jazz, una raccolta di articoli che raccontano la sua storia intrecciata a quelle delle altre arti
di Marco Buttafuoco
Dice Vittorio Giacopini, nella prefazione del suo bel romanzo Il ladro di suoni (da noi recensito qui) che la storia del jazz, almeno a livello biografico, non ha più molto da dare. "Sappiamo tutte le storie ed i fatti, le circostanze narrate e rinarrate diecimila volte …Le vite dei jazzisti sono come le vite dei santi: agiografia. Puoi trovare errori, buchi, imprecisioni: difficile imbattersi una vera sorpresa o nel brivido di un imprevisto sconcertante".
In altre parole pare davvero molto difficile avere qualcosa di nuovo da raccontare. Anche la storia del jazz come arte è stata scavata a fondo; esistono molte opere al riguardo (per tutte citerei quella, monumentale, di Gunter Shuller), sono anche disponibili ponderosi dizionari ed enciclopedie documentate. Oltre, ovviamente ad una serie infinita di riviste e di siti web.
Qualcuno tuttavia, come Franco Bergoglio, è convinto che “come un po’ per le vene aurifere, gli sparuti cercatori di jazz-oro non si rassegnano a lasciare il campo e trovano nuovi filoni di speculazione”. Bergoglio non è un critico musicale né tanto meno un musicologo o uno storico. Lo potremmo definire un giornalista con una accentuata vena narrativa. O un narratore saggista. Il suo primo libro, uscito qualche anno fa, si intitolava Jazz. Appunti e note del secolo breve. Nelle parole “appunti e note” sta la chiave della scrittura del giovane autore torinese.
Una scrittura appassionata e leggera, che racconta per suggestioni non tanto la storia del jazz in sé stessa, ma come questa musica meravigliosa abbia attraversato il mondo del XX secolo. Come sia stata amata da chi in essa vedeva una luce di libertà, di quanto sia stata avversata dai conservatori di ogni risma e da tutti i regimi totalitari (ma anche da marxisti come Antonio Gramsci). Come si sia incontrata con il cinema, la letteratura, la pittura. Come sia entrata nella vita di milioni di persone, ma anche come oggi stia in qualche maniera tornando alla marginalità.
Bergoglio torna ora in libreria con una raccolta di articoli già pubblicati su varie testate (Musica jazz, Il Manifesto, Jazz Magazine). Il più bello instaura uno strano rapporto fra il ritmo swingante del jazz e quello altrettanto serrato ed “impreciso” della boxe. Non è una mera esercitazione letteraria. E’ uno sguardo divertito e curioso su due mondi che hanno avuto un’importanza decisiva nella storia del riscatto afro americano.
Un altro parla della storia di un trombettista sovietico, Valery Ponomarev e delle sue lunghe peripezie per raggiungere gli Usa e farsi ascoltare da Art Blakey, suo idolo.
Alcuni capitoli raccontano in maniera affettuosa e (auto)ironica la strana congrega degli appassionati di jazz, specie a rischio d’estinzione forse, e ferreamente chiusa nella sua auto-referenzialità un po’ maniacale. Un articolo viene dedicato a Jackson Pollock, pittore carissimo alle avanguardie jazz per la forte componente improvvisativa delle sue tele, che però dipingeva ascoltando Armstrong ed il jazz degli anni '20 e '30. Ma c’è anche una bella disamina, più poetica che critica di quel capolavoro coltraniano che è My favorite things.
Solo alla ultime Bergoglio cede al fascino, mai del tutto desueto, della leggenda dei musicisti maledetti e dedica un racconto alla tenebrosa vicenda di Charlie Parker. Vi si sente forse troppo l’omaggio al breve romanzo che Julio Cortazar dedicò a Bird (Il persecutore), ma non per questo è meno appassionante.
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Franco Bergoglio, Magazzino Jazz - articoli musicali d'occasione, Moby Dick 2011, p 92, 10 Euro
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