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LIBRI

Il calvario del manoscrittore

In Manualetto pratico a uso dello scrittore ignorante, Filippo Tuena racconta le vicende di un malcapitato aspirante autore


di Giampaolo Simi

 


“Chi manoscrive è perduto”, sentenziava Umberto Eco nella prefazione a 21 modi di non pubblicare un libro, esilarante e sapido libello di Mauro Mauri apparso qualche anno fa. Scherzava, ma, trattandosi di Eco, mica poi tanto. Sul diffondersi endemico della figura del manoscrittaro che sventaglia le case editrici con il proprio romanzo inedito, ritorna oggi Manualetto pratico a uso dello scrittore ignorante di Filippo Tuena, uscito per Mattioli 1885.
In poco più di cento, felici pagine, Tuena coniuga in un futuro che sa di ineluttabile ruzzolare verso l'abisso la storia di un malcapitato tu generico che una mattina di maggio si sveglia con l'idea balzana e meravigliosa di scrivere un libro. 
 
Non capendo se questa idea sia sintomo di vanità, bisogno, genio o follia, lo scrive in segreto, rubando tempo al lavoro, al sonno e alla famiglia. Ma questo è niente, rispetto a quello che lo attende quando, di fronte alla pila di fogli A4 caldi, appena sfornati dalla stampante, avrà l'impressione che il mondo non possa fare a meno di leggere il frutto di tanta carbonara fatica.
Mal gliene incoglie. Solo a quel punto inizia il vero calvario, cioè la ricerca di un editore. Un calvario costellato di attese estenuanti, di asciutte lettere di rifiuto, di incoraggiamenti sempre più tiepidi da parte delle persone care, di goffi tentativi di ammanigliarsi nel piccolo, elitario e scivoloso mondo dell'editoria.
 
Fra scrivere e pubblicare esiste un profondo crepaccio che inghiotte la maggior parte dei manoscritti e le velleità dei relativi manoscrittari. In questo racconto, Tuena ci fa capire in controluce che non si tratta solo di una distanza oggettiva fra chi ha talento e chi non lo ha, fra chi ha gli agganci e chi non li ha. Il crepaccio è in realtà una frattura buia fra due dimensioni completamente diverse. 
Una è l'atto interiore e personale della scrittura, l'altra la macchina articolata, tutta esteriore, del pubblicare. Narrare può essere urgenza, terapia, vezzo o divertimento. E va sempre bene. Pubblicare è produrre, commercializzare, vendere. Molte delle opere che ancora leggiamo non sono state scritte per un mercato editoriale che – del resto – non esisteva; fior di capolavori ne sono stati maltrattati; grandissimi autori sono morti senza vedere i propri scritti diventare un libro. Ed è altrettanto vero che autori baciati dal successo presso i contemporanei sono stati dimenticati dai posteri, in fretta e per sempre.
  
Oggi solo alcuni romanzi passano questo varco fra dimensioni e si materializzano sugli scaffali delle librerie in maniera ubiqua. Con percorsi labirintici, fortuiti, misteriosi, non sempre limpidi, ma sempre diversi. Per tutti gli altri, la maggioranza, non rimane che l'oblio, o quella mercenaria illusione che va sotto l'acronimo di Aps (autori a proprie spese). Trecento copie pagate dall'autore, trenta delle quali distribuite nelle librerie prossime al suo domicilio. Un fenomeno che, purtroppo, viene incoraggiato anche sul sito web di un grande gruppo editoriale. Al grido di “se l'hai scritto, va stampato” (ossia: ti garantiamo noi che quel varco dimensionale non esiste), ci si è inventati lo scrittore on demand: mandi il file, scegli il formato e la copertina, ordini la quantità di copie, paghi e aspetti i cartoni a casa. Senza avere a che fare con un solo essere umano che possa, non diciamo indurti ad apporre alcune migliorie al tuo testo, ma neppure farti presente la differenza fra un apostrofo e un accento. 
 
A questa metamorfosi dell'autorialità in autismo, il protagonista del libriccino di Tuena non arriverà. Non pagherà profumatamente il piacere di sentirsi definire scrittore, per il breve volgere di un pomeriggio fra parenti, in una libreria di amici. L'amor proprio (che può risorgere, ironia della sorte, dal disprezzo per quello che ha scritto) lo riporteranno indietro fino all'inizio, fino a quella mattina di maggio in cui l'idea balenga e meravigliosa di avere qualcosa di bello e importante da raccontare al mondo lo ha fatto sentire migliore, più giovane, più forte. In una parola sola, vivo.
Una meraviglia unica. Un incanto che purtroppo si è incrinato proprio nel momento in cui si è seduto per scrivere la prima parola.



Tags: aspirante scrittore, autori a proprie spese, autorialità, editoria, filippo tuena, Giampaolo Simi, inedito, manoscritto, manualetto pratico a uso dello scrittore ignorante, mattioli 1885, pubblicazione,
28 Giugno 2010

Oggetto recensito:

Filippo Tuena, Manualetto pratico a uso dello scrittore ignorante, Mattioli 1885 2010, P. 109, EURO 12

Il libro: rispetto ai 21 modi per non pubblicare un libro che nella sua irresistibile ferocia conservava un distacco professorale, questo Manualetto arriva a seminare un sano punto interrogativo sulle ragioni della scrittura. Che, attenzione, riguardano sia il manoscrittaro velleitario e insoddisfatto, sia l'autore affermato ebbro di gratificazioni
 
L'autore: Filippo Tuena, classe 1953, storico dell'arte e gallerista, approdato alla narrativa dopo, e anche in parallelo a, una discreta produzione saggistica. Con Ultimo parallelo ha vinto il Premio Viareggio 2007 
 
L'editore: Mattioli 1885, quello dei libri con gli angoli stondati, le copertine in cartoncino goffrato, la grafica sobria ed elegante come un'occhiata di Cary Grant. Una goccia di stile, in libreria, in mezzo a un oceano di schizzi di sangue, primi piani da soap opera, lingue protruse e gambe accavallate

giudizio:



7.900002
Media: 7.9 (9 voti)

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