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SPECIALE VENEZIA 2012

Wadjda che voleva la bici

Le nostre corrispondenze veneziane continuano con il film della regista Haifaa Al-Mansour: il tema dell'emancipazione della donna araba attraverso la storia di una ragazzina, che il Premio Corano lo vuole vincere solo per avere i soldi con cui comprare una bicicletta, vietata alle bambine. Ovazione dal Lido


di Giovanni Desideri

 


Stile, leggerezza, emozioni, e la speranza rappresentata dalle nuove generazioni: sono i contenuti di Wadjda, bel film della regista Haifaa Al-Mansour, proiettato alla Mostra del Cinema di Venezia per la sezione Orizzonti. Un film che pure come contenuto ha un tema impegnativo: la condizione della donna in Arabia. Ma quel che più emerge è appunto l’agilità della regista nel ritrarre la propria società e il grande coinvolgimento del pubblico di fronte alle immagini.
 
Se nel romanzo Underworld di Don DeLillo il filo conduttore è una palla da baseball, in questo film l’oggetto intorno al quale si sviluppa la storia è una bicicletta, che i maschi possono avere e le femmine no, in virtù di uno dei tanti precetti religiosi, anche se meglio sarebbe dire precetti generati come strumento di repressione sociale. Wadjda si impegna per potersi permettere la bici. Non è brava a scuola, non è devota alla religione e ai suoi divieti, ma il premio in denaro di una 'gara di Corano' gli permetterebbe di comprare la bici e battere finalmente il suo amico Abdullah. Wadjda supera le molte lacune scolastiche, anche con l’aiuto della madre, e vince la gara. Ma durante la premiazione ammette candidamente che intende comprare la bici, e la preside letteralmente confisca il denaro, da devolvere ai fratelli palestinesi.
 
haifaa_al_mansour_wadjda_saudi_arabia_venice_film_festival.jpgIn questo film le donne sono belle e capaci, autonome, moderne, ma tenute in uno stato di segregazione dall’universo maschile e da una morale religiosa che vive di regole asfissianti, salvo poi affidarne la tutela alle donne stesse: alla bella preside della scuola frequentata da Wadjda, come a sua madre stessa, altra bella donna, che però verrà lasciata dal marito, per un secondo matrimonio combinato da sua madre. Gli uomini sono invece seduti, accomodati su professioni e consuetudini arcaici. La stessa modernità, sotto forma di playstation, li addormenta davanti alla tv.
 
Una sera Wadjda e sua madre assisteranno alla festa di nozze, che si svolge nel giardino di fronte, piangendo per la doppia confisca: di un matrimonio, ad opera dell’anziana donna che trova un’altra moglie a suo figlio, e del premio vinto da Wadjda. La moglie ripudiata stava cercando di comprare un abito rosso di foggia occidentale per riconquistare il suo uomo, ma arriva troppo tardi e così non spende il denaro. E la sera delle nozze è in grado di fare un regalo a Wadjda: quella bicicletta che aveva inseguito a lungo, simbolo di libertà dai divieti, di emancipazione, di una nuova vita.
 
Non ce ne vogliate se sveliamo il finale commovente di questo film: la corsa in bicicletta di Wadjda e Abdullah, la bambina che avanza sola in una strada ampia e assolata come assolata è l’Arabia e tutto il film, e arriva sul lungomare. Una corsa salutata dal sorriso di tutte le persone incontrate dai ragazzi, un segno di speranza, il tributo alla simpatia di Wadjda, ragazza sveglia e ben voluta da tutti, ma soprattutto al mondo nuovo e libero, che sembrava attendere solo la nuova generazione per affermarsi.
 
Il pubblico veneziano ha rivolto un’ovazione alla regista e agli interpreti del film, presenti alla proiezione. Durante lo spettacolo in sala grande erano seduti accanto ad una bicicletta.



Tags: arabia saudita, bambine, donne, Giovanni Desideri, Haifaa Al Mansour, Lido, mostra del cinema, Mostra del Cinema Venezia, Wadjida,
05 Settembre 2012

Oggetto recensito:

Wadjda, Haifaa Al-Mansour, Arabia Saudita/Germania 2012, 98 m

 

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