Un professore (Russell Crowe) cerca di far uscire di prigione la moglie, arrestata con l'accusa di omicidio. Il regista premio oscar per Crash torna con The Next three days, remake del francese Pour Elle e variante sentimentale sul tema dell'escape movie. Una corsa che inizia in sordina per poi decollare verso il finale
di Marco D'Egidio
Inizia come uno di quei legal thriller che hanno affastellato il panorama cinematografico a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta. Una donna finisce in prigione con l’accusa di omicidio e il marito, un pacioso insegnante di lettere che non può arrendersi anche per suo figlio, sembra destinato a inventarsi detective per dimostrarne l’innocenza.
Gli ingredienti di una trama non troppo originale, ma se ben architettata sempre in grado di appassionare, ci sono tutti. Tuttavia l’apparenza inganna: The next three days, l’ultimo film di Paul Haggis (già autore di Crash e maestro di amare riflessioni sulla violenza), non è un intrigo. Purtroppo, non è un intrigo - verrebbe da dire quando il protagonista John Brennan (un Russell Crowe dai tempi del Gladiatore sempre a suo agio nel ruolo di combattivo rappresentante dell’unità familiare infranta) chiede consulenza al guru degli evasi di prigione su come riportare la moglie in libertà. E’ in questo momento, infatti, che il film, con rammarico dello spettatore, sembra preferire la via agostana dello spettacolo disimpegnato alla suspense della ricerca della verità; delusione corroborata man mano che il protagonista si avventura nei territori della malavita per ottenere passaporti falsi e i soldi con cui fuggire. Non riuscire a identificare l’antagonista genera spaesamento.
Ma anche una fuga, se è una grande fuga, regala emozioni. E quella di John e Lara Brennan è una grande fuga che confonde giustizia e ingiustizia in una zona grigia in cui ogni giudizio è sospeso e il troppo dolore chiama a sporcarsi le mani, senza promettere una compensazione etica finale. Presto il disinteresse alla verità diventa da debolezza un punto di forza. Grazie all’ottima interpretazione di Elizabeth Banks (a lezione di freddezza e ambiguità da Sharon Stone), si è portati a ritenere (e perfino accettare, è questo il dispetto di Haggis) che convivere liberi con la colpevolezza, qualora di colpevolezza si tratti, per una famiglia distrutta sia comunque il prezzo minore. Ma è anche merito di un Russell Crowe davvero sofferente, il cui piano di fuga prende la forma di un rapimento d’amore.
Il film è come un diesel, il ritmo accelera verso una corsa mozzafiato in cui non tutto è sempre sotto controllo. Le lancette dell’orologio si muovono ancor più veloci quando si fugge non solo da qualcuno ma anche verso qualcuno, non per tornare alla vecchia vita ma per cominciarne daccapo una nuova. The next three days, rivisitando in chiave sentimentale il canone della fuga, rapisce in tre giorni personaggi e spettatori, legandoli insieme con un filo più forte del dubbio di stare dalla parte giusta. Lasciarsi trascinare e confidare, Paul Haggis non chiede altro.
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The Next three days di Paul Haggis, USA - Francia 2010, 122 m
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