E' stato premiato con l'Oscar al protagonista, ma Crazy Heart di Scott Cooper ricorda certi pomeriggi d'infanzia davanti a Rete 4: una miscela di buoni sentimenti e luoghi comuni, però in salsa country. Un cantante alcolizzato in bolletta, una madre single e una nuova carriera
di Andrea B. Previtera
C’erano un tempo dei pomeriggi dai colori diversi; più che sedermi mi arrampicavo su una sedia, mia madre mi portava la merenda e premeva 4 sul telecomando. Seguiva un’ora e mezza di un buonismo tanto universale e stereotipato da raggiungere in tutta la sua ovvietà anche un bambino di dieci anni: madri coraggio, chemioterapie, debiti con strozzini, poi la redenzione e il finale con sospiro di sollievo. Vent’anni dopo: Crazy Heart, e quasi sento sul palato il sapore del pane e marmellata.
Eccola ritrovata, quella miscela non-stra ordinaria di buoni sentimenti, meticolosa ricerca di luoghi comuni e ritmi posati, pause di riflessione e un tocco di quel fluido impersonificante che fa pensare lo spettatore “potrebbe succedere anche a me” (meglio se al vicino di casa, considerati certi inevitabili sviluppi quali intubazioni, sfratti esecutivi, divorzi e quant’altro). Cambia la forza del cast: agli attori misconosciuti dei pomeriggi di Rete 4 (sempre gli stessi! Veri professionisti del disastro esistenziale) si sostituiscono Jeff Bridges, Maggie Gyllenhaal, Colin Farrell. Regia di Scott Cooper.
Ed ora la parola al grassetto per i principi attivi pomeridianizzanti del nostro Crazy Heart: “Bad” Blake è un cantante country alcoolizzato con un passato di grande successo ed un presente di problemi economici. Sulla strada per un’insperata ripresa di carriera incontrerà Jean Craddock, giovane giornalista e madre single – ed il proverbiale “allievo che ha superato il maestro”, il cantante ed ex amico Tommy Sweet, al quale è legato da un rapporto di amore-odio. C’è spazio anche per un figlio dimenticato che ripudia il padre e altri due o tre potenziali grassetti che non riporteremo per rispetto alla trama.
E tuttavia, “Crazy Heart” è un film piacevole, curato, che dividerà gli spettatori soprattutto in funzione dell’apprezzamento o meno della musica country: ce n’è davvero tanta, a sufficienza da rasentare le “quote di cantato” di un musical o di un film d’animazione Disney. Una regia attenta al dettaglio, i panorami ad ampio respiro del Texas e dintorni, il sapore dell’on the road. Il problema che la pellicola eredita dal filone dei film della merenda è quello della prevedibilità del copione. Una prevedibilità senza scampo, in cui ogni scena fornisce inesorabilmente gli indizi per sussurrare al vicino di poltrona “scommetto che adesso...”.
Così, mentre il burbero Bad svela il suo lato umano e regala qualche emozione, mentre il pubblico ed i compagni di grande schermo imparano ad amarlo con tutti i suoi difetti, ci torna alla mente il Clint Eastwood di Gran Torino: un esperimento analogo, di miglior riuscita. Tutto sommato sdoganare il buonismo-alla-buona di quelle vecchie fiabe per adulti non è una cattiva idea tra un kolossal in 3D e un thriller con entità maligne, tra ore di inseguimenti e detonazioni e l’ennesima storiella d’amore con vampirame di contorno. Purchè ci lascino portare in sala una girella, un tegolino... e un bicchierone di latte tiepido.
Tags: Andrea B. Previtera, Colin Farrell, crazy heart, Jeff Bridges, Maggie Gyllenhaal, scott cooper,
cRAZY hEART, DI Scott Cooper, uSA 2010, 112 M.
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