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FILM

Checco Zalone non è più lo stesso

Nel suo secondo film è un agente di sicurezza del Duomo di Milano che si innamora di una terrorista araba. Siamo andati a vedere Ma che bella giornata per scoprire come mai piace tanto un cinema che replica la tv. E abbiamo avuto una piacevole sorpresa


di Marinella Doriguzzi Bozzo

 


Confessiamo che eravamo rimasti a Siamo una squadra fortissimi, dunque alla preistoria. E che, forse un po’ snobisticamente, ci saremmo privati anche di quest’ultima tappa della carriera del nostro. Poi, però, qualche cosa ci ha incuriosito: la Parodi con i suoi consigli culinari in cima alla classifica dei libri più venduti (pur con tutte le ricette che girano ormai anche all’ora del rosario); idem la Littizzetto, alla undicesima (11esima) acclamata fatica letteraria. E poi le prossime uscite cinematografiche di Antonio Albanese, o di Luca e Paolo, tanto per citare i primi nomi che ci vengono in mente. 
  
Insomma, la televisione ovunque, al cinema come in libreria. Perché? Perché masse di persone abbandonano la propria tana per trovare in altri luoghi le stesse cose che possono avere già pagate e comodamente a domicilio, senz’impegno, isole comprese? Per continuare a ridere? Non lo crediamo, visto che anche piangere gratifica moltissimo. Forse, semplicemente, perché non si può pensare quello che non si sa. E, quindi, si può amare soltanto ciò che si conosce e ri-conosce. Per la gloria della nostra istruzione scolastica e del nostro servizio televisivo pubblico, un tempo benemerito, e ora, temiamo, prossimo ad entrare in una strategia di commissariamento. Ma questo sarebbe un altro film: durata di parecchie ore, genere politico/indiziario/noir/horror. 
 
zalone1.jpgTorniamo a Checco, dal fisico semipalestrato con pancetta a cipolla, lo sguardo binario tra lo stolido e il furboso, la giovanile calvizie pateticamente mascherata dalla rasatura di tendenza, la fisionomia indistinguibile da quella del vicino di casa. Nonché (e qui riprendiamo l'assunto sulla monocultura televisiva) la parlata gergale di chi conosce la madrelingua ad orecchio, mutuandola a vanvera dalle più improbabili fonti, a esprimere una illimitata fiducia nei propri scarsissimi mezzi. Ed ecco un’altra maschera da Unità d’Italia, che celebra le nozze tra nord e sud, e consente allo spettatore di ridere di sé, mettendo peraltro in atto un salvifico meccanismo di riconoscimento esclusivo dell’altro da sé.
 
Ora, data la marionetta, ci saremmo aspettati di vederla trascorrere da una gag all'altra, diluendo lo specifico televisivo in tempi fintamente filmici. E invece no, il ragazzo ci sa fare. Distingue i mezzi, sceneggia una storia, riesce ad uscire dal burattino del personaggio dato e ci innesta pure un'intonata colonna sonora. Nei panni di un aspirante carabiniere meridionale nordificato, viene dirottato al servizio di sicurezza della Madonnina del Duomo di Milano grazie alle multiple bocciature e allo zampino del prelato di turno. E, inserendosi nella nuova attività con pericoloso zelo, si innamora della terrorista araba, anche lei di turno. Che non aspettava altro. E via di snodi senza parentesi sino al doppiamente salvifico finale: della propria pelle e della propria carriera.

zalone vert.jpgElogio apparente della vitalità bruta, da nuovi barbari, che non conosce sfumature e non si accorge di nulla, e perciò non teme. Ma al tempo stesso, filologia di un paese ignorante che promuove i peggiori per farli complici o per levarseli di torno. Con, tra le righe, quello che sembra ormai appannaggio quasi esclusivo della comicità, cioè accenni di critica vera, immediata, che va dritta al bersaglio, e che trae la sua forza dall'intelligenza e dalla simpatia. 
 
Si trascorre un'ora e mezza senza sganasciarsi ma anche senza il minimo accenno di noia. Eppure i difetti sono molti: la storia è allo stato grezzo, la macchina da presa non ha che l'ambizione di riprendere le scene, la fotografia è quella dello zio Giacomo, i personaggi di contorno sono quasi tutti a disagio nella loro pelle (tranne il bravo Michele Alhaique nei panni di don Ivano) e recitano più o meno da filodrammatica. Probabilmente i tempi di allestimento, dopo Cado dalle nubi, il suo primo film, sono stati veloci per sfruttare il botteghino. Però si è di fronte a un animale da palcoscenico, che fa il mattatore grazie alla sua dirompente, presunta pochezza feroce e che riesce a compensare la relativa inesperienza con un talento autentico. Da cui vorremmo aspettarci ancora molto. 
 
Come dire,a corollario della premessa: di sola televisione e di solo Zalone non si va da nessuna parte. Sembra di restare dove si è e invece progressivamente si arretra. Ma di non sola televisione si vive meglio, permettendosi anche il piacere di questa sorpresa di inusitata freschezza. Sì, freschezza, anche se è ormai un aggettivo da deodorante o da stracchino. E, per concludere, rimandiamo allo strombazzamento internazionale del recente Tamara Drewe, commediucola all'italiana ripatinata all'inglese. Ecco, per noi stravince Zalone, di prepotenza.



Tags: Checco Zalone, Gennaro Nunziante, ma che bella giornata, Marinella Doriguzzi Bozzo, Nabiha Akkari, Rocco Papaleo, Tullio Solenghi,
13 Gennaio 2011

Oggetto recensito:

MA CHE BELLA GIORNATA, di Gennaro Nunziante, Italia, 97 m.

 

giudizio:



7.47
Media: 7.5 (11 voti)

Commenti

come si fa a parlare bene di

come si fa a parlare bene di un film simile?stiamo scherzando?Checco Zalone ha anche un nome orribile per poveri idioti che dovrebbero piangere invece che ridere...

Grande bel film...fa passare

8.01

Grande bel film...fa passare 2 ore davvero belle..grande Checco..:))

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