A Piacenza fino a fine mese, la galleria Placentia arte ospita la prima mostra personale del giovane artista Diego Caglioni. Una riflessione sull'estetica del web e sui ritmi della nostra quotidianità, sempre più scandita dai social media e dall'uso della rete
di Riccardo Bonini
Alla luce delle numerose intuizioni degli ultimi decenni a proposito della dirompente influenza della rete sulla sfera del sentimento individuale e collettivo - un guru su tutti, Derrick de Kerckhove - l’operazione che l’artista bergamasco Diego Caglioni (classe 1983) ha ideato per lo spazio di Placentia Arte assume un’aura nostalgicamente commovente. Un’inversione di tendenza rispetto alla nostra quotidianità svilita, sacrificata ai social network o affidata alla fallace intimità del documento di testo nello scrigno ‘segreto’ del proprio personal computer.
Con la mostra LOADING, Caglioni decide di sfruttare le molteplici sfumature dialettiche della base virtuale come piattaforma comunicativa e di porle a confronto con una realtà dai contorni sempre meno definiti (il discorso si sviluppa "dentro" o “di fronte” allo schermo?); l'artista parte dalla galleria di Piacenza, da vent’anni riconosciuto faro della ricerca contemporanea, e organizza un percorso attraverso le contraddizioni della percezione e del desiderio, costruito o reale. Nell’opera youtube:time, ad esempio, viene richiamata sullo sfondo nero di uno schermo una classica forma di clessidra riprodotta da barre di scorrimento di youtube disposte in prospettiva, con il fruscio in sottofondo a ricordare il vecchio modem a 56k: in un rinnovato contesto sociale che fa del voyeurismo immediato l’identità principale dell’aggiornamento quotidiano, l’uomo è costretto a sottostare ai tempi di caricamento del file, a sua volta schiavo di una durata limitata che ne frammenta il contenuto.
Dopo questa constatazione di sudditanza, lo sguardo dell’autore si sposta, e tenta riconciliare la ‘democraticità’ delle reti sociali con il valore dell’intimità, attraverso l’installazione public messages (sopra, a sinistra): come in una filastrocca - il cui valore semantico universale viene recepito come autonomo e particolare - da una macchina per scrivere Olivetti appesa al muro si srotola una pergamena che raccoglie gli status comparsi accanto all’avatar delle persone con cui l’artista ha avuto contatti negli ultimi due anni, nei vari social network (facebook, skype, eccetera); invettive politiche e piccole banalità personali, tutti strazianti aneliti d’identità: la particolarità è che le scritte sono state impresse sulla carta senza ausilio di inchiostro, e di loro non rimane che una leggerissima traccia: come un’impronta sulla sabbia, col tempo a fare da mare. Per leggerle occorre accostarsi, chinarsi, recuperare una sorta di legame (anche temporale) con la realtà dei loro autori.
Mantenendo un atteggiamento critico nei confronti di una videorealtà pericolosamente conturbante, Diego Caglioni scandaglia possibili territori di confine, omaggi al mito infantile della costruzione di un’identità e riti contemporanei: in Preghiere (a destra), appunto, due mouse ottici, giunti come un paio di mani in atto di fede, oscillano nel buio. Un fascio di luce rossa è un ricordo affascinante di quelle che, una volta, erano le protesi che usavamo per nuotare in qualche mare reale.
Tags: Diego Caglioni, facebook, Loading, mostra, Network, Placentia Arte, recensione, Riccardo Bonini, Social Media, youtube,
LOADING, di Diego Caglioni, Via Giovanni Battista Scalabrini 116, Piacenza
Fino a: 28 febbraio 2011
Orari: tutti i giorni dalle 16 alle 19, tranne i festivi e il lunedì
Ingresso: libero
Info: www.diegocaglioni.net
La galleria: da non perdere il piano interrato, con tra gli altri, chicche di Vanessa Beecroft, Maurizio Cattelan, Alberto Garutti ai loro primi lavori www.placentiaarte.it
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