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TEATRO

Wilde, così non è se vi pare

Una pellicola immaginaria riavvolge una fra le più note commedie dell'autore britannico, Il marito ideale. La regia di Roberto Valerio porta alle estreme conseguenze la satira feroce contro le ipocrisie della società 


di Igor Vazzaz


"È soltanto negli specchi che bisogna guardare. Perché gli specchi ci mostrano solo le maschere". Così sentenzia il disperato e tragicomico Erode della Salomè wildiana, fantasmagorica pièce assurta a emblema del teatro simbolista e di svariati alfieri d’avanguardie vecchie e nuove. E a queste parole sembra ispirarsi la godibile e maliziosa declinazione cui Roberto Valerio sottopone An Ideal Husband, sardonico testo che il dandy irlandese, inserendosi in un felice filone non distante dal miglior Feydeau, ambientava all’interno della upper class britannica di fine Ottocento.
 
Commedia farsesca, giocata sul feroce slittamento dei piani di verità, in cui niente è mai come sembra: a farla da padrone è il plesso di simulazioni e dissimulazioni cui si trovano costretti a precipitare i personaggi, nell’irrealizzabile velleità d’esser ciò che, puntualmente, non sono. Il piano utopico dell’uomo provetto, consorte ideale, politico idealista e probo, si rovescia nella sarcastica distopia della menzogna, necessaria per non perdere tutto quel che ha accumulato in una vita intera, macchiata da un solo, ma imperdonabile, peccato originale. L’ironia di Wilde, che tutto condisce attraverso una scherma testuale di fulminanti aforismi passati poi alla storia, è però assai più profonda, spietata, corrode dall’interno l’involucro, la forma stessa della commedia, mediante quella che, in apparenza, è una struttura comica perfetta, di precisione e brillantezza apollinee.
 
S’apre il sipario su un sontuoso interno d’epoca: arredi eleganti (due tavoli di legno lavorato, un ampio canapè, alcune sedie) e un fondale di pannelli mobili che, ruotando, definiranno l’unico cambio d’ambientazione del testo. I sei attori in scena, rigorosamente in abiti acconci, pronunciano alcune battute per poi, sul vorticoso effetto fonico di riavvolgimento d’un nastro audio, muoversi a ritroso: lacerti di commedia, frantumi drammaturgici, come se il susseguirsi degli eventi fosse risucchiato all’indietro da un’irresistibile forza centripeta. Effetto reiterato, che diverte, ma spiazza anche il pubblico domenicale del Manzoni di Pistoia. 
 marito ideale.jpg
L’andamento à rebours trova conclusione, come prevedibile, con l’incipit della recita, in quell’incastro di dialoghi fiorettistici tra sir Robert Chiltern, il marito del titolo, la coniuge Gertrude, il faceto Arthur Goring e la cinica calcolatrice Miss Cheveley. Intreccio tra affari, sentimenti, ricatti e ideali, che vede sotto scacco Robert, nell’interpretazione – riflessiva e dalla battuta rotonda - di Roberto Valerio, spalleggiato, rinfrancato, e infine salvato dalla puntuta lepidezza di Arthur, un Pietro Bontempo in forma smagliante. È lui, in tutto e per tutto, il perno: non foss’altro perché l’equilibrio compromesso dall’avida Cheveley di Valentina Sperlì viene ristabilito, non senza batticuore, dal suo arguto personaggio. Frivolo e profondo, leggero e feroce: Arthur è un perfetto compendio di wildismo, portatore esemplare della Weltaanschaung dell’autore dublinese. Che sia lui, giovane ricco sfaccendato, emblema del disimpegno vacuo, disistimato dal padre (un vigoroso e felice Alarico Salaroli), adorato dalla velleitaria Gertrude (Chiara Degani), insidiato da Miss Chevely, la chiave di volta dell’intera situazione è il perfido paradosso al vetriolo riservato da Wilde al pubblico vittoriano, da un lato, e al teatro borghese, dall’altro.
 
È in questo senso che si deve leggere l’asciugatura altamente teatrale che Valerio (responsabile di traduzione, adattamento e regia) applica al testo originale, distillandone una geometrica azione scenica da giocarsi con effetti filmici e straniamenti recitativi: "niente è come sembra", e non si tratta del sin troppo semplice, per quanto innegabile, senso politico del testo, a porre in crisi l’irrealizzabile sogno di una correttezza assoluta. "Niente è come sembra" è, a livello strutturale, profondo, il vero segreto di questo gioiello di scrittura, in cui la misera dimensione umana, sovralimentata d’apparenze, d’insoffribile retorica, di slogan tanto ripetuti quanto insensati, viene messa a nudo per quello che è: un’incalcolabile e arbitraria costruzione priva di fondamenta. Un sorriso pieno, e amaro, per uno spettacolo ben fatto e che, col tempo, non potrà che migliorare



Tags: commedia, dandy, Igor Vazzaz, inghilterra, Oscar Wilde, Piero Bontempo, recensione, Roberto Valerio, teatro Manzoni di Pistoia, un marito ideale, Valentina Sperli,
28 Marzo 2011

Oggetto recensito:

Un marito ideale, di Oscar Wilde, regia di Roberto Valerio

Il resto della locandina: Carlo Sala, scene e costumi; Nando Frigerio, luci; con Roberto Baldassarri (Phipps/Mason); produzione Teatridithalia in collaborazione con Padiglione Ludwig
Tournée: 28/3, Olbia, Cineteatro; 30/3-17/4, Milano, Elfo Puccini
Gli aforismi: "La spontaneità è una posa difficilissima da mantenere"; "Le domande non sono mai indiscrete. A volte lo sono le risposte"; "Volgarità è solo la condotta degli altri, e falsità sono le verità degli altri"; "Si dovrebbe giocare sempre lealmente... quando si hanno le carte vincenti"; "Quando gli dèi vogliono punirci accolgono le nostre preghiere"

giudizio:



9
Media: 9 (2 voti)

Commenti

Ottima interpretazione e

9

Ottima interpretazione e messa in scena!

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