Già ai tempi di Goldoni andare in scena non era cosa da niente. Il commediografo ne ha dato saggio ne L'impresario delle Smirne, testo ficcante su un allestimento incompiuto declinato all'attualità dalla regia di Roberto Valerio, che ricompone i cinque atti originali in simultanea. E nel farlo, perde per strada un po' di umorismo
di Igor Vazzaz
Il Settecento veneziano non conosceva certo i tagli al Fondo Unico dello Spettacolo né le bizantine politiche culturali della futura Repubblica Italiana: ciononostante, allestir spettacoli, già all'epoca di Carlo Goldoni, rappresentava autentica impresa, dai rischi non limitati al mercato, quanto alle ubbie degli artisti, le cialtronate dei vari addetti ai lavori, gli sprechi assortiti d'un sistema pletorico malavvezzo al buonsenso. È tra 1758 e 1759 che il commediografo veneto compone un testo ficcante, disincantata rappresentazione del coevo mondo dello spettacol
Una pellicola immaginaria riavvolge una fra le più note commedie dell'autore britannico, Il marito ideale. La regia di Roberto Valerio porta alle estreme conseguenze la satira feroce contro le ipocrisie della società
di Igor Vazzaz
"È soltanto negli specchi che bisogna guardare. Perché gli specchi ci mostrano solo le maschere". Così sentenzia il disperato e tragicomico Erode della Salomè wildiana, fantasmagorica pièce assurta a emblema del teatro simbolista e di svariati alfieri d’avanguardie vecchie e nuove. E a queste parole sembra ispirarsi la godibile e maliziosa declinazione cui Roberto Valerio sottopone An Ideal Husband, sardonico testo che il dandy irlandese, inserendosi in un felice filone non distante dal miglior Feydeau, ambientava all’interno della upper