Claudio Longhi porta in scena La resistibile ascesa di Arturo Ui, il copione satirico brechtiano sulla scalata al potere del Führer: dalla Germania anni '30 l'azione si sposta in una paradossale America di gangster
di Igor Vazzaz
Chissà se al Bertolt Brecht di La resistibile ascesa di Arturo Ui sarebbe piaciuto Il caimano di Nanni Moretti: in entrambi i casi, l’arte al confronto d’una (possibile) rappresentazione del realtà. Da un lato, parodizzandola per elevarla a esempio, dall’altro, descrivendone, grazie alla trasfigurazione satirica, i gangli e i meccanismi, sociali e psicologici, più profondi. Le distanze tra le opere e i rispettivi autori paiono ovvie, sorvolando su differenze d’epoca e d’espressione, col primo legato alla dimensione epica e il cineasta impegnato a piegare i propri fantasmi in una riuscita rappresentazione apocalittica del potere, ben oltre l’immediato riferimento cronistico.
Chi ricupera al palcoscenico il testo brechtiano è adesso Claudio Longhi, regista abbeveratosi alla fonte ronconiana e studioso con pedigree d’assoluto valore, interessante esempio d’intellettuale e artista eclettico; alla guida, per l’occasione, d’una nutrita e agguerritissima compagnia di talenti, cui s’aggiunge la gran conferma d’un istrionico Umberto Orsini nel ruolo di navigata chioccia.
La Germania dei primi anni Trenta si riversa in una risibile Chicago coeva, preda di gangster nell’ambito del traffico d’ortaggi: cassette di plastica sovrapposte in gran copia costituiscono la bella trovata scenografica d’una gigantesca skyline che gli attori modificano a vista e, assieme allo schermo a livello del cielo sovrastante l’arco scenico a marcare le analogie tra dettato teatrale e realtà storica, contribuiscono a rammentar costantemente che siamo a teatro, secondo i dettami della poetica brechtiana. Nessun fondale: si scorgono mura e cordami, in efficace contrasto cui contribuiscono coi costumi storici (un’alternanza di completi scuri e divise naziste).
La partitura originale è rispettata: sia per quell’urgenza didascalica che rappresenta uno dei suoi tratti salienti, e che l’autore marca in modo tanto esagerato da risultar funzionale pure in chiave iperbolica; sia nella dimensione d’autentico kabarett germanico, trionfo di gusto grottesco ed espressionismo circense, infarcito di beffarde canzoni (le musiche sono quelle di Hans-Dieter Hosalla) nell’ottima e storica traduzione di Mario Carpitella.
Occasione ideale per mettere in luce i bravi interpreti poliedrici, tutti attori, cantanti, musicisti, non senza mancar d’improvvisarsi imbonitori sino al contatto diretto con lo spettatore. Segnaliamo Luca Micheletti, voce tenorile, ghignante bellezza, efficace anche quando imbocca un sax soprano: la locandina lo indica dramaturg, figura importante nel teatro europeo, meno dalle nostre parti, per quanto sia in atto una (auspicabile) inversione di tendenza. Oltre a lui (figlio d’arte e fresco premio Ubu come miglior attore non protagonista) un guappesco e ficcante Lino Guanciale, perfetto per movenze e ritmo.
V’è da chiedersi il motivo per cui un simile allestimento, ambizioso e ricco di qualità, stenti proprio nella qualità che dovrebbe essere imprescindibile, la brillantezza. Nonostante gli attori, le musiche, le trovate, l’insieme è gravoso, non decolla, non crea la situazione e non a causa della durata (oltre due ore e mezza). Perché una parodia funzioni è necessario che il modello sia noto, chiaro e condiviso: cosa probabile all’epoca della stesura (Brecht scrive nel 1941, ma la prima rappresentazione sarà del ’58), assai meno al giorno d’oggi, non tanto per il revisionismo strisciante o dichiarato, quanto perché il testo satireggia su episodi dell’ascesa di Hitler che non fanno parte del patrimonio comune, almeno italiano.
E qui si apre il vero dilemma: Molière funziona al di là della fitta trama di rimandi alla politica di corte coeva, Shakespeare idem, Aristofane pure. È possibile che, d’altro canto, il Brecht di Arturo Ui sia eccessivamente intrappolato nella sua concretizzazione storica, cosa, per esempio, del tutto estranea a Il grande dittatore di Chaplin, realizzato nello stesso periodo della stesura della pièce e che con essa condivide il tema. O, in ultima analisi, è la realizzazione scenica a mancare, pur a fronte d’indubbie qualità, della giusta misura per far girare bene una macchina teatrale tanto complessa.
Propendiamo per la prima ipotesi: alcuni testi invecchiano presto, altri, più o meno casualmente, serbano stille d’eternità, cosa che forse non vale per La resistibile ascesa. Il che, portandolo in scena, implicherebbe un radicale intervento drammaturgico a ricuperarne lo spirito in profondo, per farlo risuonare nello spettatore, nella sua coscienza, così come Brecht avrebbe desiderato. Il vecchio, ed eterno, paradosso: se si vuol essere fedeli a un testo teatrale (o a un’opera d’arte in genere) non si può fare a meno di tradirlo.
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La resistibile ascesa di Arturo Ui, di Bertolt Brecht, regia di Claudio Longhi
Il resto della locandina: Antal Csaba, scene; Gianluca Sbicca, costumi; Paolo Pollo Rodighiero, luci; Olimpia Greco, fisarmonica e arrangiamenti; Robert John Resteghini, direttore tecnico; Giacomo Pedini, Lorenzo Galletti (in stage), assistenti alla regia; Mario Falchi, direttore di scena; Siro Chiucchiu, capo macchinista; Vincenzo Lazzaro, capo elettricista; Tiziano Terzoni, fonico; Silvia Martin, attrezzista; Giada Fornaciari, sarta; e con Nicola Bortolotti, Simone Francia, Olimpia Greco, Lino Guanciale, Diana Manea, Luca Micheletti, Michele Nani, Ivan Olivieri, Giorgio Sangati, Antonio Tintis
Produzione: Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro di Roma
Visto a: Pontedera, Teatro Era, 8 gennaio 2012
Tournée: Colle Val d'Elsa (Si), T. del Popolo, 24-25/1; Civitavecchia, Traiano, 27-29/1; Pietrasanta (Lu), Comunale, 31/12; Ravenna, Alighieri, 2-5/2; Trieste, Rossetti, 8-12/2; Genova, T.della Corte; 14-19/2; Brescia, Grande, 22-26/2; Napoli, Bellini, 28/4-4/3; Milano, T.dell'Elfo, 6-18/3; Bolzano, Nuovo Teatro Comunale, 22-25/3; Cittadella, T.Sociale, 27/3; Trento, Auditorium Santa Chiara, 29/3-1/4; Pordenone, Giuseppe Verdi, 3-4/4
Testi sul dramaturg: Claudio Meldolesi e Renata M. Molinari, Il lavoro del dramaturg, Milano, Ubulibri, 2007
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