Il Papa l'altroieri ha messo sotto accusa i mezzi d'informazione, il Premier lo fa ogni giorno. Ma tra i due c'è una differenza
di Carlo Augusto Viano
Duri moniti alla stampa periodica da fonti autorevoli: il Papa, il vicario di Dio, e Berlusconi, espressione del popolo sovrano. Per il primo la stampa corre il rischio di abituarci al male, che per lui c’è, eccome, tanto che lo si può perfino raffigurare con le corna e la coda del diavolo. Per Berlusconi invece il male proprio non c’è ed è solo inventato dai giornali, quelli chic, dietro i quali si nascondono i poteri forti.
Nei regimi assolutistici si diceva che il re non sbaglia mai e tutte le sue colpe venivano addossate ai suoi consiglieri. Oggi attribuire il male agli ossequiosi consiglieri del principe sarebbe come attribuirlo al principe stesso. Meglio farne un velo effimero che nasconde le opere buone del sovrano, ma che si butta via come il quotidiano del giorno prima.
Oppure si può dire che il male c’è davvero, ma non bisogna mostrarlo, per non abituarsi a esso. Una volta c’era un ministro della cultura, che faceva sparire i suicidi dalle cronache e lasciava parlare soltanto di guerrieri e massaie feconde. Adesso si legge di tutto: gesta di omicidi, affaristi e politici corrotti, fantasiose abitudini sessuali, ministri che predicano e preti che vorrebbero governare. Più che abituarci al male i media ci introducono in un paesaggio molto vario, in cui ciò che per alcuni è un male per altri lo è meno o è addirittura un bene e viceversa. La varietà del male aiuta a graduare i giudizi e a rendersi conto che i giudizi non sempre coincidono: e bisogna vivere così, senza chiedere a nessuno di fare da arbitro tra ciò che è bene e ciò che è male.
Tags: benedetto XVI, Berlusconi, Carlo Augusto Viano, giornali, male, media, papa, ratzinger, televisione,
l'affermazione che "i media abituano al male"
Commenti
Invia nuovo commento