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LIBRI

La libraia di Orvieto, un esordio incolore

Avrebbe voluto essere romanzo rosa per i lettori ingenui e un giallo per i più esigenti, il debutto narrativo di Valentina Pattavina, editor di Fanucci. Ma la storia non mantiene le promesse


di Lorenza Trai


Un romanzo che contenga, già solo nella prima pagina e a poche righe di distanza l’una dall’altra, le espressioni: “il fruscio delle foglie agitate dal vento”, “la luce che filtra dalle fronde degli alberi” e “il tronco ampio e nodoso” ha scelto forse in partenza di rivolgersi ad un lettore poco smaliziato. Cerca poi di catturare la curiosità anche di quello più accorto grazie al trucco di un cadavere che compare quasi immediatamente come misterioso antefatto e consente di dare l’etichetta di giallo ad una storia altrimenti debolissima, che sbilancia fortemente l'Io narrante dalla parte dell'Io autoriale.
  
Si chiama Matilde la protagonista: è una donna molto sola, è in fuga da qualcosa, da una famiglia cattiva, da un evento oscuro. Sarà la libreria di Orvieto, presso la quale troverà un lavoro da commessa, il luogo che le consentirà di scacciare i fantasmi del passato?
Nel frattempo Matilde si trova invischiata nel tentativo di spiegare un intrigo di tipo classico (il delitto irrisolto, la catena di indizi, un aitante giovanotto come socio nelle indagini) e il nodo interiore che sembrava oscuro e indicibile, invece di svelarsi a mano a mano, viene prima piattamente esposto a metà del racconto, poi superato, senza che si capisca attraverso quale processo psicologico.
 
Il personaggio di Matilde è così superficiale, mal ritagliato e anche un po’ infantile nella caratterizzazione emotiva da lasciare l’impressione di una figurina trasparente, funzionale alla esposizione delle passioni letterarie dell’autrice - di una certa supponenza colta – del suo interesse per l’oracolo I-King, dell’amore per i libri celebrato con un'enfasi lievemente autoreferenziale.
Perché una libraia per esempio? Non certo per lo sviluppo dell’intreccio giallo, per il quale Matilde avrebbe potuto fare la commessa anche di una merceria; non sono divertenti le scenette in cui Matilde si infuria senza affettuosa ironia per i poveri clienti ignorantelli che sbagliano i titoli di libri famosi, strafalcioni già letti e riletti nei tanti stupidari in circolazione.
 
Perché poi Orvieto? Le intenzioni annunciate lascerebbero pensare ad un omaggio alla città, ma è una promessa che si perde per strada, tra qualche tragitto in bici e una visita turistico-sentimentale al Pozzo di San Patrizio, in una topografia traboccante di aggettivi inefficaci nella loro vaghezza, come scelti sul dizionario più per il loro bel suono che per la capacità di trasmettere una novità di impressioni. Inoltre, se c’era l’idea di comunicarci lo spirito del luogo mediante la comunità anziana e svampitella che accoglie Matilde a braccia aperte e le riserva qualche bizzarra sorpresa, Orvieto rischia in realtà di fare una brutta figura.
 
Molta parte della narrazione si articola attraverso i dialoghi che vogliono essere brillanti e caratterizzanti, ma finiscono per costituire un ulteriore elemento di debolezza perché banali, spesso solo riempitivi, a volte puerili.
Su tutto aleggia una sensazione di già visto, già letto, già digerito; una scrittura cioè che, invece di essere frutto di una incalzante e originale necessità, sia compilazione, compitino, amorosa diligenza, educata letteratura per ragazzi.



Tags: editor, esordio, fanucci, giallo, La libraia di Orvieto, Lorenza Trai, Matilde, orvieto, Valentina Pattavina,
24 Maggio 2010

Oggetto recensito:

La libraia di Orvieto di Valentina Pattavina, Fanucci 2010, p 256, Euro 17

Tutti scrittori: fa un po' arrabbiare anche una frase buttata là nel romanzo, la solita lamentela che siamo un popolo di scrittori e di scarsissimi lettori. Proprio gli editor dovrebbero farsi un esame di coscienza: se le pubblicazioni sono mediocri a chiunque è lecito sentirsi scrittore

giudizio:



7.939287
Media: 7.9 (56 voti)

Commenti

Cominciando con il dire

3.06

Cominciando con il dire che: LA LIBRAIA DI ORVIETO, è una scemata di libro e niente più, ke ha un solo pregio e cioè si legge in poche ore, tipo un fumetto, ma che costa molto più di un fumetto... mi sono comprato LA NOSTALGIA LANGUIDA... ma dico ma che libri consigliate su sto sito... se il primo libro era scemotto, questo è squallido, libidinoso e oltretutto neanche erotico... quel lumacone del prof di latino... ma che senso... ma avete letto mai qualcosa di Zafron, di Camilleri, della Maraini e potrei continuare... sta roba che consigliate è pura spazzatura... io se potrei chiederei il risarcimento agli autori non solo del prezzo del libro, ma sopratutto del tempo perso... UN LIBRO E' UNA COSA SERIA, e quando lo compro mi aspetto che sia un libro e non carta igienica (a volte anche usata) rilegata...

"Io SE POTREI chiederei il

"Io SE POTREI chiederei il risarcimento agli autori..." Uno dei due autori sono io, e sono pronto a rimborsartelo, perché decisamente non mi rivolgo a persone che sbagliano i congiuntivi e non sono capaci di esprimere frasi di senso compiuto (la PUNTEGGIATURA, ci vuole non i PUNTINI DI SOSPENSIONE!!!). Ecco a cosa porta leggere Camilleri e Zafron (la Maraini lasciamola da parte): che non si è più nemmeno in grado di apprezzare l'ironia e il bello stile - e lo dico senza immodestia. Se mi fa avere in codice Iban, le restituisco il denaro a stretto giro di posta: non ci tengo davvero ad avere lettori così ignoranti. Ma non credo che lo farà. Un consiglio: non legga libri. Torni a scuola!

Dire "esordio incolore" è

2.07

Dire "esordio incolore" è poco. Il libro avrebbe dovuto essere pubblicato - se proprio si doveva farlo (e non se ne vede il motivo...) - nella collezione Harmony. La scrittrice dimostra anche di conoscere poco la "bellissima cittadina umbra": ve lo immaginate a girare per Orvieto in bicicletta, con tutti i suoi saliscendi? Nessun orvietano lo fa! Se proprio su Orvieto si deve leggere, meglio, molto meglio il poco conosciuto "La nostalgia languida dell'ombra", di Fabio Cerretani, pubblicato da Ilisso: altro linguaggio, altro spessore.

Dire "esordio incolore" è

Dire "esordio incolore" è poco. Il libro avrebbe dovuto essere pubblicato - se proprio si doveva farlo (e non se ne vede il motivo...) - nella collezione Harmony. La scrittrice dimostra anche di conoscere poco la "bellissima cittadina umbra": ve lo immaginate a girare per Orvieto in bicicletta, con tutti i suoi saliscendi? Nessun orvietano lo fa! Se proprio su Orvieto si deve leggere, meglio, molto meglio il poco conosciuto "La nostalgia languida dell'ombra", di Fabio Cerretani, pubblicato da Ilisso: altro linguaggio, altro spessore.

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