Ultime anteprime dalla mostra di Venezia. Il premiato esordio alla regia "solista" di colui che, insieme a Franco Maresco, fu uno dei papà di Cinico Tv gioca su una cifra stilistica tutta spostata sul farsesco. E' stato il figlio è una storia di umanità piccola e meschina, che si avvale di un'ottima prova d'attore corale
di Giovanni Desideri
Quando un libro o un film mostra un’umanità degradata, ci si può sempre chiedere se siamo di fronte a un ritratto fedele, o almeno verosimile, o se non si tratti di un esercizio un po’ fine a se stesso. E ci si chiede, naturalmente, se il risultato sia comunque un’opera avvincente, che "funziona".
Tra le proiezioni italiane in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia È stato il figlio di Daniele Ciprì (senza la partecipazione dell'abituale collega Franco Maresco), film tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Alajmo (2005), e nuova buona prova di Toni Servillo, protagonista assoluto, controbilanciato da uno sfondo abitato da diversi altri personaggi, tra la famiglia, i compagni di lavoro, gli amici, una coppia di usurai e un avvocato.
Umanità e città degradate, farsesche, caricaturali, certe periferie del sud Italia come sono davvero o vengono immaginate. Il racconto è affidato, nel film, al personaggio di Tancredi Ciraulo (Fabrizio Falco), appunto il figlio del protagonista, Nicola. Un figlio invecchiato, che, sguardo alla macchina da presa racconta di come è andata che la sua famiglia lo abbia accusato, anni prima, di aver ucciso il padre, freddato invece dal cugino di fronte agli occhi tutti i parenti. Ma il ragazzo è più sveglio e potrà lavorare e mantenere un gruppo privato del capofamiglia; era intervenuto mentre Nicola Ciraulo picchiava Tancredi, reo di aver graffiato la costosa macchina, acquistata dal pover’uomo grazie ai soldi del fondo per le vittime di mafia, dopo l’assassinio della seconda figlia, per errore durante un agguato. Meglio mandare in galera Tancredi, quindi, e "tenere" il cugino. Omicidio a bruciapelo e dolore dei familiari? In realtà la decisione viene presa dalla madre dell’ucciso, mentre ancora lo tiene tra le braccia: è stato il figlio.
Forse nessun’opera d’arte è un lavoro sociologico; in ogni caso preferiamo parlare dello stile di questo film, non distante dal grottesco Cinico Tv. Qui c’è la novità di una violenza che increspa le acque del comico e farsesco: una dimensione in più rispetto al clima bonario instaurato da quei corpi deformi, sporchi, brutti più che cattivi, la cui essenza stessa sta forse nel dialetto. La recitazione, qui, è tutto tranne che trasandata. Invece è rigorosa, vitale e umanissima; e questa umanità, da parte sua, è scaltra, ma vittima di un lavoro che non riesce a dare da mangiare a un’intera famiglia. Mentre il giovane Tancredi sembra un sognatore, incapace di crescere e lavorare, e portare soldi a casa.
Non sappiamo se si tratti di un ritratto più o meno fedele di certe periferie. Il risultato è comunque un’opera piuttosto avvincente, a tratti persino soffocante per il meccanismo dell’immedesimazione che riesce a scatenare e il disagio che getta addosso allo spettatore. Un ritratto corale dal risultato assicurato, oltre che dalla prestazione di Servillo, da Giselda Volodi nel ruolo della moglie, Aurora Quattrocchi madre di Nicola, Benedetto Ranelli (il padre). Molti applausi a Venezia: facile prevedere anche il successo di pubblico, alla prossima uscita nelle sale.
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E' stato il figlio, di Daniele Ciprì, Italia 2012, 90 m
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