Per le celebrazioni dell'Unità d'Italia il Teatro Stabile di Torino ripropone Questa sera si recita a soggetto, ottant'anni dopo il suo debutto in scena. Ma la pièce, che riflette sul ruolo cruciale del regista, trova il suo punto debole proprio nella direzione poco coraggiosa di Virginio Liberti
di Giulia Stok
Foto di Giorgio Sottile
Il teatro di Pirandello è superato? La domanda sembra blasfema, ma ci ronza fastidiosamente in testa all’uscita dal Questa sera si recita a soggetto di Virginio Liberti, in prima nazionale allo Stabile di Torino.
La nota pièce conclude la trilogia del “teatro nel teatro” dopo Sei personaggi in cerca d’autore e Ciascuno a suo modo. Come nei due testi precedenti, Pirandello smonta il meccanismo dello spettacolo teatrale per mostrarcelo nella sua imbarazzante nudità: qui in particolare indaga il rapporto tra regista e attori. Non sono più gli attori macchietta dei Sei personaggi, ma professionisti consapevoli del proprio ruolo e insofferenti nei confronti di Hinkfuss, regista borioso che pretende che recitino “a soggetto”, cioè senza seguire le battute ma improvvisando su un tema, e per di più li chiama col loro vero nome di fronte al pubblico.
La storia è semplice. In una Sicilia bigotta e arretrata, una famiglia dà scandalo: un padre ingenuo, innamorato del cabaret e della sua cantante, una madre acida e aggressiva, che odia il luogo ostile dove è costretta a vivere, quattro figlie civettuole che flirtano con un gruppo di militari in casa propria. Dopo la morte del padre, la maggiore sposa l’ufficiale Rico Verri, ma entrambi finiscono per condurre una vita infelice, avvelenata dai rimpianti di lei per la più mondana vita passata e dalla violenta gelosia retroattiva di lui. Nel mezzo, continue citazioni dal Trovatore di Verdi, che accompagna e chiosa gli eventi, da uno schermo in bianco e nero e nelle parole degli attori. Sullo sfondo, scene piacevolmente figurative che sono però del tutto incongruenti con la riflessione metateatrale.
Pirandello ci ha rivelato la struttura ambigua del rapporto tra attore e personaggio, tra testo e improvvisazione, tra realtà e finzione: all’epoca intuizioni geniali e visionarie, ma talmente assimilate nella storia del teatro successivo (e nel cinema, nell’arte contemporanea, nella letteratura) che oggi per mantenere la loro forza originaria avrebbero bisogno di un intervento registico che Liberti non ha osato. E così le parti in cui il regista Hinkfuss gioca sulla moltiplicazione di piani (tra l’attore in carne e ossa a Torino nel 2011, l’attore impersonato negli anni ’30, il personaggio recitato dall’attore degli anni ’30) risultano spesso lungaggini dai risvolti prevedibili. Sono però certamente occasioni per prove di bravura dei singoli: su tutti, Michele di Mauro nei panni di Verri, seguito a ruota da Tatiana Lepore-Mommina, che danno una lezione di tecnica attoriale nelle entrate e uscite dalle loro parti, con subitanee trasformazioni di volto, tono e portamento. Notevole anche la voce di Francesca Rota-Nenè che canta Verdi.
Lo spettacolo è prezioso per la personale riflessione degli attori, come del resto dichiara apertamente Michele Di Mauro, e come è evidente dalla commozione di molti di loro alla chiusura del sipario. Però, se alla chiusura del sipario gli spettatori sono meno emozionati degli attori, vuol dire che qualcosa non ha funzionato. Ed è un risultato ancor più paradossale, se si pensa che proprio con questo testo Pirandello lanciava una nuova idea di regista, non più semplice “capocomico”, cioè attore un po’ più bravo degli altri che traduce il testo dell’autore in spettacolo, ma come vero autore a sua volta. Nel bene e nel male.
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Questa sera si recita a soggetto, di Luigi Pirandello, regia di Virginio Liberti
Prossimamente in scena: fino al 6 febbraio, Torino, Cavallerizza Reale; dal 6 al 17 aprile, Napoli, Teatro Mercadante
Produzione: Fondazione del Teatro Stabile di Torino, nell’ambito del Laboratorio Italia, dedicato al 150° anniversario dell’Unità
I tedeschi lavorano di più: Pirandello lo scrisse in Germania nel 1929, fortemente impressionato dalla maggiore professionalità degli attori tedeschi - che dovevano anche saper cantare, da cui l’idea del Trovatore – e dalla maggior cura dedicata alle prove (“in Italia si va in scena dopo una sola settimana di prove, ma in Germania occorrono cinquanta giorni per allestire Questa sera si recita a soggetto, e le prove sono lunghissime e stanchevolissime”)
Primo allestimento dello spettacolo in Italia: Torino, aprile 1930
Info: www.teatrostabiletorino.it
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